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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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29/01/2012 23:37
 
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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

La verità non si raccomanda. Chi è nella verità non ha alcun bisogno di raccomandarsi presso gli altri. La verità si raccomanda da sé. Essere nella verità deve avere per tutti un solo significato: vivere ogni Parola del Vangelo, trasformandola in un frutto di amore, in un’opera di carità. Sono le opere evangeliche, sono i frutti di verità e di carità la raccomandazione del cristiano. Sono le opere che attestano la bontà dell’albero. “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Dai loro frutti li riconoscerete”. Chi non produce frutti di carità, di giustizia, di amore, di santità, di vera comunione e di solidarietà, chi non genera frutti di vero apostolato, nella conversione dei cuori e nella santificazione delle menti, costui non è nella verità di Cristo Gesù. Per lui la verità consisterà forse in un concetto, o pensiero della sua mente, ma la sua anima è priva di essa, perché non produce frutti adeguati. Quando non ci sono i frutti nessuna raccomandazione è valevole, nessuna giusta, nessuna credibile. Quando non ci sono i frutti, anche se c’è la raccomandazione, essa è negata e contraddetta dall’assenza in noi delle opere di giustizia e di carità. Il male che è in noi attesta che siamo dell’altro regno, anche se parole di raccomandazioni dicono per noi che siamo nel regno di Cristo Signore.
Lettera di Cristo. Il cristiano è la lettera di Cristo. Cosa vuole dirci Paolo attraverso questa espressione. Nelle parole di Paolo c’è un riferimento esplicito a Mosè sul monte Sinai che riceve da Dio la manifestazione della sua volontà e la scrive su tavole di pietra. Il cristiano è nel mondo la manifestazione della volontà di Cristo, espressione visibile del suo Vangelo. Il mondo non deve leggere il Vangelo scritto su della carta, lo deve leggere scritto attraverso la vita del cristiano. È lui la tavola di Cristo, sulla quale è manifestata ed espressa tutta la sua volontà. Quanti la vedono devono poterla subito decifrare, devono essere sempre in grado di sapere cosa in verità Cristo Gesù ha scritto su di essa. Per questo urge quell’esemplarità di vita, quella testimonianza della loro santità, che altro non è che la visibilità esterna di ciò che Cristo Gesù ha scritto nel loro cuore, il giorno in cui ha effuso in esso il suo Santo Spirito, per imprimere la nuova legge nell’anima e nella mente, nella coscienza e nella volontà. Il cristiano che si considera e si pensa lettera di Cristo dinanzi al mondo deve progredire speditamente verso la trasformazione in carità e in opera di amore di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Cristo e che lo Spirito del Signore ha scritto in lui. È questa l’unica via possibile perché il mondo conosca il Vangelo. Celebrare una giornata biblica, dovrebbe significare per tutti vivere nella comunità cristiana una giornata di santità, di carità, di comunione, di solidarietà, di autentica fruttificazione della Parola di Dio in ogni cuore.
Fiducia per mezzo di Cristo davanti a Dio. Quanto avviene nel cristiano, non avviene perché matura dalla sua natura, dal suo essere, dai suoi talenti, o dalle sue doti più o meno eccellenti. Tutto avviene nel cristiano per opera dello Spirito Santo. È Lui la forza soprannaturale, il principio vitale di ogni nostra opera di bene. Senza di Lui, vivo e operante dentro di noi, siamo come alberi secchi, come otri vuoti, come terreno incolto, arido, infruttuoso. Anche le opere di apostolato sono frutto in noi dello Spirito Santo. È sempre Lui che ci rende capaci di poter essere ministri e amministratori dei beni della Nuova Alleanza. Tuttavia c’è sempre da puntualizzare che lo Spirito del Signore non può agire senza la nostra volontà, senza l’offerta e la consegna della nostra vita a Lui. Noi gli consegniamo la vita e Lui può operare. La vita si consegna in un solo modo: facendo dell’obbedienza alla Parola di Cristo il principio operativo di ogni nostra azione, di ogni nostro pensiero, di ogni nostra aspirazione. Tutto deve essere in noi volontà di ascoltare Gesù, di vivere secondo i suoi comandamenti, di mettere in pratica il suo Vangelo. Lo Spirito Santo e il Vangelo camminano insieme; se in un cristiano è assente il Vangelo è assente anche lo Spirito Santo; se poco è il Vangelo che si vive, poca è anche l’azione dello Spirito dentro di noi. Questa verità deve essere proclamata, annunziata, ricordata ad ogni uomo. Questa verità ci libera dalle illusioni di poter pensare di fare qualcosa di soprannaturalmente valido in assenza in noi della Parola di Cristo che germoglia e porta frutto, perché vivificata dallo Spirito Santo, al quale abbiamo consegnato la nostra volontà e la nostra vita.
Attraverso la Chiesa, nella Chiesa attraverso la santità. Tutto si concretizza e avviene attraverso la Chiesa. Alla Chiesa bisogna appartenere in una duplice forma: nella forma della grazia e in quella della carità e tutte e due le forme devono essere vissute insieme, poiché l’una non può esistere senza l’altra; l’una si rivela inefficace senza l’altra. Chi vuole operare secondo Dio, chi vuole compiere la missione di Cristo nel mondo, non può pensare di poterla compiere sol perché è battezzato, o perché appartiene ad una qualche confessione cristiana. Questa appartenenza non è garanzia di autentico inserimento nel mistero di Cristo Gesù, non è neanche sicurezza di poter svolgere la missione di Cristo. La missione di Cristo è dono di grazia e di verità, ma è anche dono da farsi, dimorando noi per primi e sviluppando noi stessi tutto il mistero della grazia e della verità che Cristo ci ha lasciato in dono. Tutto questo non può essere vissuto alla perfezione se non nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, nella Chiesa il cui principio e fondamento visibile della sua unità e della sua carità è il Sommo Pontefice, il Successore di Pietro, il Papa di Roma. Una Chiesa senza Pietro è una Chiesa senza garanzia di infallibilità nella confessione della verità; una Chiesa non apostolica è senza la grazia dei sacramenti. L’una è senza luce, l’altra è senza forza. Insieme luce e forza si trovano in pienezza, nella loro perfezione originaria, nello sviluppo autentico e garantito dallo Spirito Santo, solo nella Chiesa cattolica. La vera Chiesa di Cristo sussiste solo nella Chiesa cattolica, perché solo in essa abbiamo la certezza della verità e la straordinaria ricchezza di tutta la grazia di Cristo Signore. Su questa verità dovremmo essere tutti fondati, piantati, radicati.
Ministro adatto dello Spirito. Non è sufficiente essere ministri della Nuova Alleanza per operare la missione che Cristo ci ha affidato. Per poter compiere la missione ricevuta bisogna essere ministri adatti. Si è adatti a svolgere il ministero a due condizioni: che si svolga il ministero per il quale siamo stati chiamati ed inviati e non un altro; che giorno per giorno ci si serva dei mezzi a disposizione secondo verità, giustizia, santità. La prima condizione vuole che si realizzi solo la vocazione che il Signore ci ha affidato. Ogni momento deve essere dedicato ad essa. Togliere un solo momento, vuol dire omissione, trascuratezza, impoverimento, fallimento. Vuole anche che si ponga ogni attenzione a che la missione si rispetti nella sua finalità. Cambiare fini alla missione è cambiare la stessa missione. In questo caso il fallimento è totale. Non si è più ministri della Nuova Alleanza. La seconda condizione esige che si adoperino tutti quei mezzi perché il fine possa essere raggiunto con la più grande fruttificazione. Sui mezzi c’è un lungo discorso da fare. Quando si tralascia il mezzo, il fine viene rallentato, o addirittura non raggiunto. Più si affinano i mezzi, più si è nella possibilità di realizzare il fine. Anche su questo c’è tanto da dire. Oggi è l’era in cui si pretende di realizzare un fine, ma senza adoperare i mezzi necessari, indispensabili. Addirittura trascurando, ignorando, tralasciando i mezzi, o semplicemente minimizzandoli. La nostra moderna società soffre molto a causa di questa trascuratezza dei mezzi. Si vuole subito e immediatamente il fine; non si vuole con costanza, perseveranza, continuità il mezzo. Il mezzo costa il sacrificio della nostra vita, la rinunzia a tante cose inutili, vane, frivole, dannose, che tolgono spazio e tempo al mezzo. La missione dell’apostolo è strettamente legata alla preghiera e alla conoscenza della volontà di Dio. Se l’apostolo non prega, se non si forma nella conoscenza di Dio, se non mette in atto nessun programma strategico al fine di migliorarsi nei mezzi dello studio e della scienza, la sua missione non potrà produrre frutti adeguati. Sarà ministro della nuova alleanza, ma non adatto, perché ha tralasciato i mezzi necessari, anzi indispensabili, perché il fine possa essere raggiunto.
La sovraeminente gloria della nuova alleanza. Paolo è un perfetto conoscitore dell’Antico Testamento. Egli sa che Mosè, a contatto con Dio sul monte Sinai, divenne luminoso nel viso. Dal suo volto si sprigionavano dei raggi di luce che abbagliavano coloro che lo guardavano. Tant’è che si metteva un velo sul viso, al fine di poter essere guardato dagli altri. Partendo da questo episodio, egli vede l’Antico Testamento raggiante di luce. È proprio la luce di Dio che si riverbera sul viso di Mosè, luce che illumina il popolo e in certo qual mondo lo mette in comunione con la luce eterna che è Dio nella sua essenza e natura divina. Mosè riceveva la luce da Dio, egli non era la luce. Cristo Gesù è invece la luce che viene per illuminare ogni uomo. Per natura ed essenza divina egli è luce eterna, luce di verità, di carità, di amore, di speranza, di benedizione, di Parola. La luce splendeva sul volto di Cristo attraverso le sue opere, il suo amore, la sua verità, la sua stessa vita. Tutto in lui sprigionava la luce eterna che è Dio, che è lui stesso. Sul monte egli mostrò ai discepoli questa sua essenza, la mostrò perché si convincessero che i loro pensieri sul Messia di Dio non erano quelli giusti, santi, veri. Erano idee della terra, non certo del Cielo. Ora se Cristo è luce, nella sua natura, nella sua persona, nella sua essenza eterna, se lui stesso è Dio, nella natura e nella Persona divina, ciò per Paolo ha un solo significato: i doni che egli è venuto a portarci sulla terra sono infinitamente più grandi, più sublimi, più immensi che quelli che ha portato Mosè. Mosé agiva in nome di Dio, Cristo Gesù agiva in nome proprio. Inoltre Mosè solo fu irradiato dalla luce eterna di Dio, nel Nuovo Testamento ogni cristiano viene reso partecipe della luce eterna che è Gesù Signore. Il cristiano è in Cristo luce del mondo, è sale della terra, anche lui deve far risplendere la luce di Cristo Gesù con la quale è stato irradiato. Il mondo vedendola, si lascerà conquistare da Gesù Signore, si aprirà alla fede, conoscerà la verità, sarà salvato. È questo l’unico modo di rendere testimonianza a Cristo, Luce del mondo, divenendo il cristiano luce in Cristo Gesù e sale della terra, facendosi irradiare dalla luce eterna e riversandola sul mondo alla stessa maniera di Mosè. Finché questo non avverrà il mondo non vedrà la luce di Cristo che brilla sul volto del cristiano e non si aprirà alla fede, non incontrerà la verità, non inizierà il cammino della speranza.
L’interpretazione cristologica in Paolo dell’A.T. Paolo ha un modo del tutto singolare di leggere l’Antico Testamento. Il suo principio è semplice: Cristo Gesù è il compimento di ogni Parola di Dio pronunciata prima della sua venuta. Se è compimento di ogni Parola di Dio, si deve trovare in ogni Parola. Ogni Parola, quindi, ha una sua particolare manifestazione di Cristo Signore, un suo singolare significato. Basta scoprirlo, è sufficiente conoscerlo per evidenziarlo. Tuttavia per scoprire il significato cristologico dell’intero Antico Testamento, non si può partire dall’Antico Testamento, bisogna partire dal Nuovo. La conoscenza perfetta di Cristo, poiché Egli è il sì di Dio ad ogni sua Parola, ad ogni sua promessa; è il sì di Dio ad ogni avvenimento, profezia, rivelazione o altro, deve essere necessariamente contenuto, altrimenti non potrebbe in alcun caso essere il sì per ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio per mezzo dei Profeti, o nella Legge, o nei Salmi. È chiaro che questo processo di interpretazione cristologica dell’Antico Testamento si può solo fare partendo dal Nuovo. Chi rifiuta il Nuovo, chi non lo conosce, chi lo ignora, chi si nasconde il volto dinanzi ad esso, chi addirittura lo nega nella sua verità storica, costui mai potrà leggere l’Antico Testamento in chiave cristologica. Il Nuovo Testamento è l’unica chiave possibile per la comprensione secondo verità dell’Antico Testamento. Chi non accoglie, o non conosce il Nuovo Testamento, possiede dell’Antico una conoscenza fuori luogo, una conoscenza solo materiale, non spirituale, non sapienziale, non di salvezza, non di redenzione, non di santificazione. Possiede una conoscenza che non lo apre al mistero di Dio. Il mistero di Dio è Cristo Gesù. Se Cristo è rifiutato, ignorato, negato come si fa a conoscere il mistero del Padre? È veramente impossibile pensare di leggere con frutto l’Antico Testamento, se si esclude, volutamente, non volutamente, per partito preso, per scienza errata, per altra categoria mentale che esiste solo nel cuore dell’uomo, Cristo Gesù e il mistero della sua gloria. Quanti non hanno la vera scienza di Gesù Signore hanno dell’Antico Testamento solo una conoscenza letterale che non li apre al mistero vero della salvezza.
Il velo di Mosè, il velo della Scrittura. È questa un’altra relazione che Paolo stabilisce tra l’Antico Testamento e il Nuovo. Mosè è figura dell’Antico Testamento. La luce è figura, oltre che essenza, di Cristo Gesù. Come Mosè, figura dell’Antico Testamento, si velava il volto, nascondeva la luce, così avviene oggi per tutti quelli che si sono fermati all’Antico Testamento e non sono passati nel Nuovo. Essi fanno come Mosè, velano il volto radioso di Cristo Gesù, impediscono che esso possa illuminare il mondo intero con lo splendore della sua verità, con la potenza della sua grazia, con la forza della sua speranza. Per vedere Cristo Gesù, che brilla nell’Antico Testamento, verso cui esso cammina, cioè verso la venuta di Cristo Gesù su questa terra, discendendo dal cielo, bisogna che si tolga il velo all’Antico Testamento. Questo velo solo il Signore lo può togliere, lo toglie attraverso la conversione del cuore di ogni discendente di Abramo, di ogni figlio della promessa. La Scrittura, cioè l’Antico Testamento, senza l’accoglienza di Cristo, rimane velata. Essa fa intravedere qualcosa del mistero, ma il mistero non potrà essere compreso se non accogliendo Gesù Signore, luce del mondo, sale della terra, sapienza e scienza di Dio in mezzo a noi. Chi conosce Cristo, conosce in verità l’Antico Testamento, chi non conosce Cristo, non vede con chiarezza la verità in esso contenuta, non vede il fine di esso, non vede semplicemente l’Antico Testamento. L’Antico Testamento senza apertura a Cristo Gesù è inutile, infruttuoso, dannoso. È come un frutto non giunto a maturazione; è come una promessa non compiuta e come il sole che fa vedere un raggio della sua luce, ma non spunta mai dall’orizzonte e non irradia la terra.
Cristo: principio ermeneutico. Cristo Gesù è il principio ermeneutico di tutto l’Antico Testamento. Cristo Gesù è nel Nuovo Testamento, è il Nuovo Testamento. Si conosce il Nuovo, si interpreta l’Antico, si vede Cristo nel Nuovo, lo si riscontra nell’Antico, attraverso la luce di saggezza che viene dallo Spirito Santo. Il Nuovo Testamento deve essere dato, e per darlo bisogna predicarlo, annunziarlo, proclamarlo; bisogna gridarlo al mondo attraverso la predicazione della buona novella, la proclamazione del Vangelo della luce e della vita. Quando la mente non si apre alla parola del Nuovo Testamento, il cuore resta come velato; Cristo non penetra in esso; la salvezza non si raggiunge. Toglie il velo che grava sugli occhi di quanti sono ancorati all’Antico Testamento solo la parola della predicazione, la proclamazione del glorioso Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Dove non c’è proclamazione della Parola di Cristo, il velo non si toglie, rimane; se rimane non c’è salvezza, perché manca la visione della vera luce.
La predicazione accende Cristo Luce. La potenza della predicazione nessuno ancora la conosce, o meglio, nessuno la vuole prendere in seria considerazione. La Parola di Dio è più tagliente di ogni spada a doppio taglio, essa penetra fin nelle giunture delle ossa, fino al punto di separazione dell’anima dal corpo. Questa è la straordinaria potenza della predicazione della Parola del Vangelo. La predicazione del Vangelo accende Cristo nei cuori, nelle menti; essa riscalda l’anima di verità, dona il principio vitale della propria esistenza e sussistenza. Tutto questo fa la parola della predicazione. Con essa si salva il mondo. La Chiesa non ha altro compito da svolgere sulla terra, se non quello di far risuonare integra, pura e santa, tutta la parola di Gesù Signore. Con la Parola predicata essa salva, redime, giustifica, crea comunione, fonda la verità, stabilisce la speranza, aiuta gli uomini a ritrovarsi, a convertirsi, a ritornare al Signore. Tutto questo naturalmente non è la Parola da sola che lo opera, ma è lo Spirito del Signore che è nella Parola di Cristo Gesù. Se la Chiesa, ed ogni uomo o donna, che in qualche modo hanno una relazione con la parola, si convincessero di questa verità, il mondo cristiano avrebbe un sussulto di novità, di verità, di giustizia, di santità. Convincersi della straordinaria potenza della Parola di Cristo Gesù, è la condizione unica, indispensabile per la conversione e la salvezza del mondo.
Cristo Gesù è lo Spirito: Quando San Paolo dice che Gesù è lo Spirito, non intende operare una confusione o una identificazione tra la sua Persona e lo Spirito Santo di Dio, anche Lui Persona, in seno alla Santissima Trinità. Cristo Gesù è la verità, la luce, la sapienza, di tutta la Scrittura. La fede di Paolo in tal senso è perfetta. La Trinità in Lui è il principio di verità, di grazia, di salvezza sul quale poggia tutto il mistero di Dio che egli annunzia. Dicendo che Gesù è lo Spirito vuol dire semplicemente che Gesù è la purezza della verità, della carità, della speranza, della salvezza, della redenzione. Vuol dire che Gesù è la manifestazione ultima e definitiva di Dio Padre e del suo essere, della sua volontà, del suo cuore, della sua sapienza e saggezza infinita. Allo stesso modo dobbiamo dire che il cristiano è spirito della Scrittura, nel senso che il cristiano, attraverso la sua vita, rende comprensibile, vera, santa, giusta tutta la Scrittura. Il mondo vede lo spirito della Scrittura che vive interamente nel cristiano, vede la verità di Dio in Lui, la santità del Signore e la sua giustizia e si apre alla fede, per divenire anche lui spirito della Scrittura. Tutto questo però avviene e si consuma nella santità del cristiano. Possiamo definire la santità come il libro della verità di Cristo e di Dio, nello Spirito Santo. Il libro è lo strumento attraverso cui si manifesta il pensiero dell’autore, in cui viene descritta la sua opera e altre cose ancora. Così è del cristiano che diviene libro di Dio nel mondo. Esso manifesta tutta la santità, la verità, la fede, la speranza, la gioia, la pace, l’amore che brillano sul volto di Dio e che Cristo Gesù ha manifestato in tutta la sua entità spirituale, in tutta la sua ricchezza di grazia e di Spirito Santo. Quando ogni cristiano diventerà il libro della verità di Cristo e di Dio, libro vivente, presente in mezzo al mondo, l’uomo non avrà più alcuna scusa se non crede in Cristo Signore. Ha visto lo spirito di Cristo operare nel cristiano, ha visto la sua verità e la sua carità presenti nel mondo; ogni aiuto di grazia e di verità gli è stato offerto perché anche lui si apra alla fede, nella conversione, per fare un ritorno nella casa del Padre. Non lo ha fatto, ne è colpevole. Se invece è il cristiano a non essere spirito di Cristo nel mondo, la responsabilità della non conversione e della non fede ricade tutta sul cristiano. Questa è grande responsabilità. È giusto che ognuno se l’assuma e la viva secondo tutta la verità che è insita in questa vocazione e missione del cristiano.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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