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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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29/01/2012 23:35
 
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MINISTERO CRISTIANO

[7]Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto,
San Paolo fa un piccolo raffronto tra l’Antica e la Nuova Alleanza.
Per Paolo quell’Alleanza non dava la vita, perché l’uomo non era capace di osservare i comandamenti, di mettere in pratica la Parola di Dio.
Chi serviva l’Alleanza Antica compiva un ministero di morte. Il suo ministero non riusciva a conferire la vita. Questo significa: ministero di morte, applicato a tutti i sacerdoti, i re e i profeti dell’Antico Testamento.
Inoltre quell’Alleanza non fu incisa nei cuori, fu scritta su tavole di pietra. Nonostante che il ministero fosse di morte e non di vita, nonostante che la Parola, la volontà di Dio fosse stata scritta su tavole di pietra, Mosè invece fu tutto circonfuso di gloria, di splendore.
Dopo essere disceso per la seconda volta dal monte, il contatto con Dio lo aveva reso radioso. Dal suo viso si sprigionavano fiamme di fuoco, di luce. Questa luce era così forte e intensa che i figli di Israele non potevano fissare lo sguardo su Mosè senza essere accecati dalla sua luce.
Era uno splendore effimero, cioè passeggero, non duraturo come quello della nuova Alleanza, e tuttavia fu arricchito di un simile bagliore.
Questo bagliore era però necessario a Mosè. Attraverso di esso gli Israeliti sapevano che c’era tra Dio e Mosè una comunione di luce, una comunione operativa, di trasmissione. Dio parlava a Mosè, ne era il segno la luce che si sprigionava dal suo volto, gli Israeliti erano invitati ad obbedire a Mosè, perché voce viva, voce umana di Dio.
Essi ascoltavano Mosè perché sapevano, vedevano, che Dio era con Mosè. Lo attestava la luce che si sprigionava dal suo volto.
Il volto illuminato era il segno manifesto della presenza di Dio in lui. La luce sul volto attestava che Dio era nel suo cuore e soprattutto nella sua bocca, per riferire sempre la volontà del Signore.
Questo splendore di luce avvolgeva un ministero che non dava la vita, non rigenerava alla vita nuova di figli di Dio in Cristo Gesù. E tuttavia la luce splendeva veramente sul viso di Mosè.
[8]quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?
Se un ministero effimero, perché di poca durata e per di più non capace di dare la vita, per cui era un ministero pur sempre di morte, aveva un così grande splendore, quale sarà lo splendore del ministero dello Spirito?
La gloria sarà infinitamente più grande e sarà la stessa gloria che ha avvolto Cristo durante il suo ministero in terra di Palestina, quando era nella sua carne mortale.
La gloria del nostro ministero non potrà essere però una manifestazione di luce soprannaturale che avvolge la nostra persona.
Non è sicuramente questo il volere del Signore. Cristo Gesù ha nascosto questa luce, la luce che egli possedeva per natura, essendo luce eterna, nella sua umanità. La fece vedere solo una volta sul Santo Monte ai suoi discepoli e non a tutti, solo a tre di essi.
San Paolo dice che Gesù non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio e la sua era una uguaglianza di luce eterna, di splendore divino, ma si annientò, nascondendo la sua natura divina nella natura umana.
Ora se Cristo ha nascosto, ha velato questa sua gloria, questa sua luce e tuttavia dice ai discepoli che essi devono essere luce del mondo e sale della terra, significa che la loro luce deve essere luce di verità, di santità, di giustizia perfetta, di compimento della volontà di Dio, di obbedienza fino alla morte e alla morte di croce.
La luce è la nostra trasformazione di esseri carnali in esseri spirituali, che fanno della loro vita un sacrificio gradito al Signore, un’offerta e un’oblazione per la santificazione e la redenzione del mondo.
[9]Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia.
Paolo definisce l’Antica Alleanza “ministero di condanna”, perché attraverso di essa l’uomo rimaneva nella sua vecchia natura.
Questo non deve significare però che essa fosse senza importanza. Essa è propedeutica alla nuova ed è grazie ad essa che la nuova è stata sigillata nel sangue di Cristo Gesù.
Paolo però ha un modo tutto suo, che è poi il modo secondo lo Spirito del Signore, di leggere l’Antico Testamento.
Egli non lo legge in chiave storica, lo legge in chiave attuale. Il suo pensiero, la sua verità è questa: ieri l’Antico Testamento aveva una sua finalità, quella di condurre a Cristo Gesù. In quanto strumento verso Cristo aveva la sua validità e in qualche modo conferiva anche la vita, poiché conduceva alla vita eterna tutti coloro che osservavano l’Alleanza e vivevano nel compimento dei comandamenti del Signore.
Oggi questo non vale più. L’Antico Testamento è un ministero di morte dopo che Cristo è venuto, ha compiuto il suo sacrificio, ha manifestato tutta la volontà del Padre, è risorto ed ha inviato il suo santo Spirito per la nostra rigenerazione a vita nuova mediante la fede.
A che serve l’Antico Testamento se il Nuovo è già sbocciato e la vita promessa è in nostro possesso?
Chi si ferma ad esso, si ferma ad un guscio vuoto. È vuoto perché le sue promesse si sono compiute ed esso stesso ha ceduto il posto al nuovo. Esso in sé stesso può essere oggi paragonato ad un guscio d’uovo dal quale è nata la nuova vita.
Finché la vita era contenuta in germe in esso, l’uomo aveva una sua validità, un suo scopo, un fine ben preciso. Ora che la vita è nata dall’uovo, a che serve il guscio?
Chi si attacca ad esso, chi si ferma ad esso, chi si irrigidisce in esso, si trova con un involucro vuoto. Esso ha partorito la nuova vita, ha dato Cristo Gesù, ha dato l’autore della vita assieme allo Spirito Santo. Non contiene più nessuna vita né una nuova vita può nascere da esso. L’unica vita che doveva far sbocciare, l’ha data interamente al mondo e questa vita è Cristo Gesù.
Il ministero del Nuovo Testamento è invece un ministero di giustizia, è il ministero della giustizia. Per esso si entra nella giustizia di Dio che è creazione in noi della nuova vita, rigenerazione a figli adottivi di Dio in Cristo Gesù, eredi della vita eterna, della terra promessa del Cielo, con lo Spirito Santo di Dio che abita in noi come in un tempio, più che il Dio dei Padri abitava nel tempio di Gerusalemme.
La giustizia è la volontà salvifica di Dio e la reale salvezza che ci viene conferita nel perdono dei nostri peccati e nella creazione in noi di un cuore puro e santo.
[10]Anzi sotto quest'aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria della Nuova Alleanza.
Il pensiero di Paolo ora si fa più esplicito. La gloria dell’Antico Patto è durata fino a Cristo Gesù, fino al giorno in cui lui sul patibolo della croce, sull’altare del mondo sigillò nel suo sangue il Nuovo Patto, la Nuova Alleanza.
Con l’avvento della Nuova Alleanza l’Antica ha perso la sua gloria e il suo splendore; non è più gloriosa l’Antica Alleanza perché il Signore Dio ha stabilito che tutta la gloria dell’Antico Patto passasse nel Nuovo Patto e in una maniera sovraeminente. Non c’è pertanto nessun paragone che può essere stabilito tra la gloria dell’Antico Testamento e la gloria del Nuovo. Questo supera infinitamente di più la gloria dell’Antico Patto. Il Nuovo Testamento è un’Alleanza eterna per la vita eterna, in Cristo Gesù nella gloria del suo corpo risorto.
Se si vuole conoscere la grandezza della gloria del Nuovo Testamento per rapporto all’Antico, bisogna proprio partire dalla gloria di Cristo che risplende nel suo corpo glorioso, dopo la sua risurrezione, quando il corpo di carne fu interamente trasformato in un corpo di spirito, quando fu reso in tutto simile agli Angeli del cielo.
A questa gloria noi siamo chiamati, a divenire luce in Cristo luce e verità in Cristo verità; eternità in Cristo eterno e divini in Cristo Dio.
Ancora un’altra differenza con l’Antica Alleanza e l’antico splendore di Mosè. Nell’Antico Patto solo Mosè fu avvolto dalla gloria di Dio, nel Nuovo invece ogni membro del popolo di Dio deve essere avvolto, deve trasformarsi in uno strumento della gloria di Dio.
Dall’uno alla moltitudine, dal capo del popolo a tutto il popolo: questa è la nostra vocazione e questo il dono con il quale il Signore ci vuole avvolgere, per essere nel mondo testimoni credibili del suo amore e della sua verità.
È quella luce tutta spirituale, opera dello Spirito Santo nel nostro cuore e nella nostra vita, che deve fare la differenza. La nostra luce è luce di grazia, di verità, di santità, di giustizia, di carità, di fede, di speranza. La nostra è luce di santità vera. È luce di configurazione in tutto al Cristo risorto e assiso alla destra del Padre.
[11]Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo.
In questo versetto il confronto è tra ciò che è effimero, e ciò che è duraturo.
Il ministero di Mosè è durato quasi mille anni: dall’uscita della terra d’Egitto fino alla venuta di Cristo Gesù. Il lasso di tempo è di circa 1.200 anni.
Il ministero di Cristo non ha fine, è eterno. Cristo è oggi nella gloria del cielo, nel santuario del cielo non rivestito di luce, ma trasformato in luce eterna attraverso la potenza creatrice del Padre che ha trasformato un corpo di carne in corpo di spirito, un corpo opaco in corpo di luce, un corpo mortale in un corpo immortale e ha dato la sua vittoria a tutti coloro che credono nel suo nome e fanno della sua verità la legge della loro umana esistenza.
Mentre la gloria di Mosè è finita con la sua morte; la gloria di un figlio adottivo di Dio, lavato nel sangue di Cristo il giorno del battesimo, riceve una gloria che non ha tramonto, anzi riceve una gloria che è possibile far crescere in noi fino a farla divenire una gloria eterna, immortale, incorruttibile gloriosa.
Ora la misura di questa gloria è stata posta da Dio interamente nella volontà dell’uomo. Più l’uomo fa ed esegue la volontà di Dio, più egli si riveste e si veste di gloria eterna, gloria immortale, gloria indicibile e spirituale.
È questa la grandezza del ministero della Nuova Alleanza. È il ministero di Cristo luce del mondo, sapienza della terra, splendore del Padre, sua giustizia, sua Parola, suo pensiero di amore e di carità a favore del genere umano. A questa grandezza è necessario che l’uomo non si abitui, non ne faccia una cosa da niente; bisogna invece che in questa luce cresca e si fortifichi, fino a divenire luce nella luce del Signore Gesù, gloria della sua gloria e benedizione della sua benedizione per il mondo intero.
C’è una coscienza che il cristiano deve prendere ed è quella di volere, di desiderare essere parte viva di questo mistero. Questo lo esige la gloria che deve avvolgere il suo corpo al fine di attestare e di manifestare al mondo che Dio è con lui e lui è con Dio.
Rivestirci della luce e della sapienza che vengono da Dio e che sono state poste in Cristo Gesù non lo si deve fare per un motivo privato, per una ricerca di gloria o di benedizione solo per la nostra persona, neanche dobbiamo farlo per la nostra salvezza eterna.
Dobbiamo farlo perché sia nel battesimo che nella cresima siano stati costituiti testimoni della Nuova Alleanza che Dio ha stipulato con noi n Cristo Gesù, mediante il suo sangue.
Di questa alleanza noi siamo testimoni e poiché essa è una alleanza di luce noi non possiamo procedere nel mondo con le nostre tenebre, la nostra insipienza e stoltezza. Dobbiamo procedere con la saggezza e quindi con la luce di Dio che risplende sul nostro volto.
È pertanto un motivo di credibilità, di missione, di evangelizzazione. Come si fa a credere che Cristo ci ha costituiti sale della terra e luce del mondo, se noi non veniamo avvolti dalla stessa luce che ora rifulge sul corpo e nel corpo glorioso di Cristo Gesù.
Rivestire la luce, la gloria, la saggezza, la giustizia, ogni altra virtù è il segno che vogliamo essere di Cristo; è anche il segno visibile che noi siamo della Nuova Alleanza e che vogliamo compiere nella nostra vita e nel mondo intero il mistero di Cristo Gesù, il mistero della sua luce che deve illuminare ogni uomo che viene in questo mondo.
[12]Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza
La speranza di Paolo è nella gloria della Nuova Alleanza, che è molto più splendente dell’Antica. Quella era effimera, eppure era gloriosa. Quanto più gloriosa non sarà la Nuova che è duratura, che è eterna?
Questa speranza genera in Paolo un comportamento nuovo. Egli si sente libero dinanzi al mondo, libero della stessa libertà di Cristo Gesù.
Si sente senza paura degli uomini, non li teme. Egli ha un mandato da svolgere e lo compie in tutta libertà e senza timore. Questo significa che lui si comporta con molta franchezza.
D’altronde come potrebbe uno che è in possesso della verità piena, che verso la verità piena cammina, uno che sa che questa verità è avvolta dalla gloria di Dio, gloria che avvolge tutti coloro che si lasciano convertire ad essa ed iniziano un cammino di verità in verità fino al possesso della verità eterna, che è Dio nel suo regno di luce infinita, nella sua gloria del cielo, avere paura degli uomini, o tenere nascosto questo mistero nel quale è il compimento di ogni uomo?
Gli Apostoli del Signore, coloro che egli manda nel mondo, devono vivere in questa libertà, devono avere coscienza del tesoro che possiedono, ma anche devono avere volontà di comunicarlo al mondo intero, perché ogni uomo entri in possesso della verità e quindi della gloria eterna e della luce ad essa connessa.
[13]e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero.
Viene qui specificato con un esempio in che cosa consiste il comportamento di Paolo, franco, libero, vero, senza timore.
Mosè poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non rimanessero accecati dalla luce che si sprigionava dal suo viso.
Paolo dona anche un altro significato al gesto di Mosè di coprirsi il volto: perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero.
Cosa ci vuole insegnare Paolo con questa sua affermazione? Sicuramente è da interpretare in relazione alla nuova luce che dal volto di Cristo si riverbera sul volto del cristiano e in modo particolare dei missionari del Vangelo. È, questa, una luce perenne, accecante il mondo intero, che non avrà mai fine.
Sembra che Paolo voglia intendere che quella di Mosè fosse una luce destinata a perire, a finire, a non accompagnare dopo di lui i figli di Israele. Poiché prossima a sparire, era più che giusto che gli Israeliti non si abituassero ad essa e facessero il cammino senza di essa.
Tutto ciò che faceva Mosè era effimero, prossimo a sparire, in virtù di una nuova alleanza e di una nuova luce, di una luce eterna che il Signore aveva già stabilito di offrire al suo popolo e al mondo intero.
Questa è interpretazione di Paolo. Sappiamo che Paolo sempre dona un significato cristologico a tutto l’Antico Testamento. Ogni passo egli lo vede realizzato e attuato in Cristo Gesù.
Ce lo ha già detto: Cristo è il sì di Dio ad ogni sua parola. Ogni parola di Dio pronunziata nell’Antico Testamento trova la sua verità piena solo in Cristo Gesù. La luce che brilla sul volto di Mosè è Cristo Gesù, ma Cristo Gesù non è la realtà dell’Antico Testamento, Cristo Gesù è la speranza di quella Alleanza, è la sua promessa.
La luce di Mosè non può essere pertanto vista in se stessa, ma in relazione a Cristo, la luce vera che viene per illuminare ogni uomo. Quella luce che brillava sul volto di Mosè era solo figura della luce che brilla sul volto di Cristo e che da Cristo, per Cristo e in Cristo deve brillare sul volto di ogni uomo. Per questo era ben giusto che Mosè la tenesse nascosta, come nascosta in tutto l’Antico Testamento è la promessa di Cristo ed è lo stesso Cristo Gesù.
Paolo così ci insegna a leggere la Scrittura andando sempre oltre il significato letterale e infinitamente oltre il significato storico che i secoli hanno dato ad un versetto o ad un episodio. Tutto invece deve sapersi leggere in Cristo e nel suo mistero di redenzione, di salvezza, di redenzione. Il mistero di Cristo nell’Antico Testamento è ancora velato e velato è anche il significato di molti episodi che sono lì accaduti.
Se si parte da Cristo per leggere e comprendere tutto l’Antico Testamento, necessariamente bisogna andare oltre tutti i significati storici che sono stati finora attribuiti a questo o a quell’altro passo.
Cristo è la luce che svela il significato vero, autentico, divino e celeste, di ogni Parola della Scrittura, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Cristo è la luce piena alla cui luce ogni altra interpretazione deve essere rivista, riletta, e se necessario, reinterpretata al fine di far emergere il mistero glorioso di Cristo Gesù da ogni Parola che Dio ha detto ai Padri.
[14]Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato.
Il concetto finora espresso in questo versetto si fa più chiaro, anzi chiarissimo. Pur vedendo la luce fisica, gli Ebrei non videro la luce spirituale, Cristo Gesù.
Non riuscirono ad aprirsi a Lui. Le loro menti restarono fisse a ciò che vedevano e loro vedevano solo una luce che dal volto di Mosè si diffondeva e si irradiava così forte da accecare coloro che la guardavano.
Per Paolo la luce di Cristo già brilla nell’Antico Testamento, poiché ogni Parola parla di Lui.
Ma cosa è successo? Come Mosè si metteva un velo sulla faccia perché la sua luce non accecasse coloro che lo guardavano; così un altro velo è stato posto sulla pagine e sulla storia dell’Antico Testamento, velo che impedisce che Cristo venga visto in tutta la sua luce e in tutto il suo splendore eterno di verità e di gloria.
Da un lato c’è una mente accecata; non riesce a vedere la verità che si nasconde dietro le parole e gli avvenimenti; dall’altro lato questo velo che rende invisibile il mistero si toglie solo in Cristo Gesù ed è eliminato da Cristo Gesù e dalla sua verità di morte e di risurrezione gloriosa.
Se il velo è tolto da Cristo, e in Cristo esso viene eliminato, si comprende bene come lontani da Cristo, senza di lui, fuori di lui, il velo rimane e le pagine della Scrittura restano illeggibili, avvolte dal mistero, chiuse nella loro verità impenetrabile.
Tutto l’Antico Testamento contiene Cristo, tutto l’Antico Testamento avanza verso Cristo, tutto l’Antico Testamento attende Cristo come sua unica realizzazione. L’Antico Testamento è simile a un fiore che deve produrre un frutto duraturo ed eterno.
Tutto è in funzione del frutto: la pianta, il fiore, il giardino ed ogni altra realtà connessa al terreno e alla pianta. Così dicasi dell’Antico Testamento: esso è un fiore che deve produrre Cristo Gesù. Una volta che Cristo Gesù è stato prodotto, tutto il significato dell’Antico Testamento bisogna comprenderlo a partire da Cristo Gesù. È Lui il principio ermeneutico, è lui la regola esegetica alla luce dei quali bisogna prendere in mano l’Antico Testamento se si vuole possedere una interpretazione autentica, vera, secondo Dio e il suo mistero di salvezza e di redenzione per il genere umano.
Cristo è la chiave per leggere, interpretare, comprendere, annunziare la verità che è contenuta nell’Antico Testamento. Cristo è l’unica verità che l’Antico Testamento contiene. Diventa pertanto assai evidente che tutti coloro che non possiedono il vero Cristo, il vero Messia di Dio, hanno dell’Antico Testamento una comprensione non vera, non autentica, hanno una comprensione monca, una comprensione che si ferma al fatto storico in sé, ma non riesce a cogliere tutto ciò che va oltre la storia, che la sorpassa e le dona il significato vero, le dona il significato della verità di Cristo e della sua passione, morte e risurrezione gloriosa il terzo giorno.
Quanti si fermano al solo Antico Testamento rimangono con il velo sugli occhi. Essi vedono una facciata storica, ma non possono penetrare nell’intimo del mistero, perché il velo è sul libro e dinanzi ai loro occhi.
[15]Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;
Non solo sugli occhi, il velo secondo Paolo, è soprattutto sul loro cuore.
Il cuore degli Israeliti è un cuore che si è fermato a Mosè e al significato storico di quell’evento; come si è fermato al significato storico di ogni altro evento, tanto da leggerlo secondo le apparenze e non secondo l’intima realtà in esso contenuto.
Il velo qui viene esteso non solo al singolo episodio della luce con la quale il Signore aveva accreditato Mosè quando discese dal monte, ma ad ogni pagina, ad ogni parola, ad ogni episodio, ad ogni avvenimento che è contenuto nella legge.
Tutto ciò che Mosè ha fatto, tutto ciò che ha detto, tutto quanto è stato scritto ed è stato anche riconosciuto come Scrittura Sacra, è avvolto tuttora dall’incomprensione di quanto nella Legge è contenuto; non solo nella Legge, ma anche nei Profeti e nei Salmi, in ogni altra pagina della Scrittura Sacra.
C’è pertanto tra l’Israelita e la Scrittura Sacra l’impossibilità di comprendere ciò che il Signore ha detto, ha fatto scrivere, ha profetizzato, ha annunziato.
L’impossibilità è data dalla mente che è accecata; è data inoltre dal velo che è steso sul loro cuore.
Da un lato c’è una mente che è cieca, incapace di leggere e di decifrare la volontà di Dio manifestata in tutto l’arco dell’Antico Testamento, dall’altro c’è un cuore sul quale è steso un velo, perché la luce radiosa di Cristo Gesù non lo accechi, non lo avvolga distruggendolo.
Non può essere tolto il velo all’Antico Testamento, che di per sé non ne ha; bisogna che il velo sia tolto dal cuore di ogni Israelita e da ogni altro uomo in generale. Come può essere tolto? Ma il velo potrà mai essere tolto?
Dobbiamo affermare con certezza assoluta: è possibile decifrare il mistero e dargli una soluzione vera, autentica, secondo Dio, in Cristo Gesù, per opera dello Spirito Santo che deve sempre illuminare colui che vuole comprendere il pensiero di Dio, come Paolo lo ha compreso e dal profondo del quale egli parla.
Da puntualizzare che il velo sulle pagine dell’Antico Testamento in realtà non c’è. Il velo è sugli occhi degli Israeliti, nella loro mente e nel loro cuore. Quindi è dalla mente, dagli occhi e del cuore che bisogna partire se si vuole risolvere questo problema che è il problema della pastorale, non solo per quanto concerne le relazioni con il popolo di Israele, ma anche per quanto concerne la nostra stessa vita.
È nell’uomo l’ostacolo alla comprensione della verità; è in lui che il velo risiede; è in lui che c’è oscurità e tenebra, non nel libro della Scrittura che può essere letto da tutti alla luce del Signore e dinanzi ad una sterminata assemblea, chiamata per ascoltare la Parola di Dio. Si può dare ad ogni singola frase il senso vero, autentico, quello che lo Spirito intendeva dare e che ha fatto scrivere nelle pagine del Libro Santo.
[16]ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto.
Questo versetto apparentemente sembra facile. L’affermazione di Paolo è lineare: è attraverso la conversione che il velo viene tolto. La conversione è a Cristo Gesù.
Il problema diventa serio per un motivo che si deduce dalle affermazioni di Paolo ma che non è scritto. Per trovarlo basta chiedersi come può avvenire la conversione.
La prima verità che bisogna affermare è questa: un figlio di Abramo non si potrà mai convertire al Signore leggendo la Scrittura dell’Antico Testamento. La ragione la conosciamo. Non può perché la Scrittura è velata, è simile al volto di Mosè. Un velo è su di essa e impedisce che la si possa leggere e comprendere secondo verità, secondo la verità che è tutta racchiusa in Cristo Gesù, secondo la verità che è tutto Cristo Gesù.
I Figli di Abramo possiedono uno strumento attraverso il quale non potranno mai raggiungere Cristo Gesù. Non potendo arrivare al fine della loro speranza con mezzi propri devono arrivare con i mezzi degli altri. Questi mezzi sono tutti posti nelle mani della Chiesa. Il primo ed il più importante è la predicazione di Cristo Gesù, è l’annunzio fatto secondo verità e intelligenza di fede del suo mistero.
È dall’esterno e non dall’interno che il velo potrà essere tolto, levato, abolito. Per questo è necessario che Paolo predichi loro Cristo Gesù, lo annunzi nella sua interezza, lo presenti in tutto il suo splendore di verità, lo proclami in ogni suo significato di salvezza e di redenzione, non solo per rapporto ai pagani, ma anche e soprattutto in relazione agli Ebrei.
Questa predicazione deve essere solo annunzio, non può essere costrizione, imposizione, obbligo, coercizione. Se l’Apostolo facesse questo, sbaglierebbe di certo.
Paolo questo lo sa e quando sente il rifiuto da parte dei suoi consanguinei secondo la carne, scuote la polvere a testimonianza per loro e si rifugia tra i pagani; anche loro devono essere condotti a Cristo Gesù; anche per loro Gesù Signore è morto ed è risorto.
Se l’apostolo avrà la forza, la volontà, la franchezza di annunziare il mistero del glorioso Vangelo di Dio, il velo potrà essere tolto dal loro cuore, le loro menti potranno riacquistare la vista e Cristo Gesù potrà splendere in mezzo a loro in tutta la sua luce di verità, di santità, di giustizia, di perfetto compimento di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio e che in lui è divenuta sì.
Nasce l’importanza della predicazione, dell’annunzio chiaro ed esplicito, dell’invito formale alla conversione a Cristo Gesù. È questa l’unica via perché i figli di Israele ritornino alla verità e accolgano Cristo come unica loro verità, verità da sempre attesa, ma che non possono riconoscere a causa di quel velo che si stende su tutta la Scrittura e che impedisce loro di leggere in profondità e secondo il mistero ciò che in essa è scritto.
Questa regola vale per ogni altro uomo, anche lui accecato e sul cui cuore c’è lo stesso velo di peccato e di chiusura allo Spirito del Signore, che impedisce loro di vedere la luce piena e la verità che brillano sul volto radioso del Signore Gesù.
Ancora noi non abbiamo compreso la forza della predicazione. Per essa si scuotono i cuori, si abbassano le menti, si piegano le volontà, gli spiriti riacquistano l’intelligenza, l’anima si ricolma di luce eterna e di divina verità.
Nasce dalla predicazione l’uomo nuovo. Attraverso i sacramenti renderà vera questa nascita e potrà iniziare quel cammino lungo che dovrà condurlo nella pienezza della verità, in Cristo Gesù, verità eterna e divina di salvezza per ogni uomo.
[17]Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà.
Sono due le verità che vengono affermate in questo versetto: Il Signore è lo Spirito, dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà.
Il Signore è lo Spirito. Secondo la nostra fede Gesù è il Signore, perché tale è stato costituito da Dio. Egli è il Signore non in quanto Dio, ma in quanto uomo, è Signore non solo nella sua divinità, ma anche nella sua umanità.
In quanto Dio da sempre è il Signore; in quanto uomo è stato costituito da Dio al momento della sua Incarnazione, ma la Signoria egli l’ha ereditata nel momento della sua risurrezione gloriosa. In questo momento egli è stato costituito da Dio Signore delle nostre anime.
Le nostre anime gli appartengono per creazione, per incarnazione, per redenzione, per il mistero della sua morte e della sua risurrezione gloriosa.
Paolo dice che il Signore è lo Spirito. Dice che Gesù è lo Spirito. Gesù non è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo e Gesù sono due persone distinte nella Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo sono l’unica natura divina, ma anche sono le tre Persone divine distinte l’una dall’altra.
Cosa allora ci vuole significare Paolo dicendoci che il Signore è lo Spirito. Spirito è da intendere in questo versetto non come la Terza Persona della Santissima Trinità, ma come la verità ultima e definitiva di Dio, ma anche come la verità prima di Dio, verità di cui è tutta pervasa la Scrittura, verità che era prima nascosta, ma che ora è stata rivelata in tutto il suo splendore di gloria.
La Scrittura ha uno Spirito; Dio ha messo in essa la sua verità, l’ha messa nella Scrittura e nella storia, ora questa verità è Cristo Gesù. Per cui chi cerca il senso ultimo della Scrittura, chi desidera conoscere la verità prima e fondamentale nascosta in essa, sappia che questa verità è Cristo Gesù ed è in lui che tutto si compie e tutto si realizza; è in lui che noi ci compiamo e ci realizziamo.
Chi cerca la verità della Scrittura, chi cerca lo Spirito che Dio ha messo nella Scrittura, sappia che questo Spirito è il Signore Gesù. Se è Gesù e in Gesù non lo si vuole cercare, se Gesù non si vuole accogliere, la Scrittura è senza Spirito. Chi dovesse leggerla senza Spirito, ne fa di essa una favola, un mito, un racconto come tanti altri, ne fa semplicemente una parola umana.
Questo spiega perché molti pur leggendo la Scrittura non ne percepiscono lo Spirito. Non hanno accolto Cristo, non cercano Cristo, non partono da Cristo per comprendere la Scrittura; non scelgono Cristo perché sia Lui ad introdurli nel mistero che il Padre ha racchiuso nella Scrittura.
Senza Cristo la Scrittura è senza lo Spirito, quindi senza il suo principio di esegesi e di ermeneutica. Senza Cristo la Scrittura resta un libro muto.
Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà perché c’è la conoscenza della verità. Lo Spirito del Signore ci dona l’intelligenza dello Spirito della Scrittura, che è Cristo nella sua Incarnazione, Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione gloriosa al cielo.
Lo Spirito del Signore è Cristo che lo effonde, che lo dona, che lo soffia sugli Apostoli e attraverso gli Apostoli su ogni altro uomo.
Chi accoglie lo Spirito del Signore accoglie Cristo, accoglie la verità, accoglie lo Spirito della Scrittura, entra in possesso della sua piena libertà.
È la verità che fa l’uomo libero. La libertà senza la verità non può esistere. Come non può esistere la verità senza la libertà. La verità fa liberi e la libertà fa veri. Verità e libertà sono dono dell’unico Spirito del Signore, lo Spirito che è frutto della Passione, morte e risurrezione di Cristo Gesù.
Cristo è lo Spirito della Scrittura; è anche la sorgente umana attraverso la quale lo Spirito Santo viene effuso su ogni carne, anche se attraverso la mediazione sacramentale e di santità della sua Chiesa.
In Cristo troviamo lo Spirito della Scrittura, ma anche lo Spirito Santo che ci fa entrare nel mistero della verità di Cristo e della libertà che egli è venuto a portare sulla terra.
Quanti sono senza Cristo sono pertanto senza la verità, senza la libertà; non conoscono la verità, non godono la loro libertà. Sono nella schiavitù dell’ignoranza della verità e del suo non compimento: la non conoscenza e la non osservanza nello Spirito della sua unica Parola di vita eterna.
La verità di ogni uomo è Cristo; la libertà di ogni uomo è lo Spirito Santo; lo Spirito Santo ci dona la verità di Cristo, ci introduce nel mistero della libertà che egli ha conquistato per noi sull’albero della croce. Portare a Cristo equivale portare ogni uomo alle sorgenti della sua verità e della sua libertà.
[18]E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.
Cosa ancora opera lo Spirito del Signore?
Noi tutti, quanti cioè sono stati battezzati, sono stati fatti in Cristo un solo mistero di gloria con Lui.
Mentre Mosè si era come impresso di gloria divina, noi in Cristo siamo divenuti un solo mistero di gloria.
È necessario però che noi non nascondiamo questa gloria, come faceva Mosè. Noi dobbiamo camminare nel mondo a viso scoperto, dobbiamo essere testimoni che annunziano il mistero di Cristo con franchezza, mostrando di essere partecipi di questo stesso mistero.
Mentre a viso scoperto, manifestiamo la gloria di Cristo della quale siamo divenuti un solo mistero, lo Spirito del Signore ha il mandato da Cristo Gesù di trasformarci in Lui, di renderci in tutto simili a Lui, di farci un solo corpo di gloria e di luce, un solo corpo di verità e di libertà.
Il cammino del cristiano diviene pertanto un percorso nella gloria di Cristo, da una gloria incipiente ad una gloria sempre più perfetta; da una partecipazione iniziale, sacramentale al mistero di Cristo Gesù ad una assimilazione o configurazione a Lui che si ottiene attraverso il compimento e la realizzazione di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio e di Cristo e che lo Spirito Santo, a chi è in Cristo, fa comprendere secondo la potenza di verità e di santità in essa contenuta.
Inoltre, come Cristo è lo Spirito della Scrittura, la verità di essa, quella che Dio aveva posto in essa, così questo stesso Spirito, questa stessa verità, questo stesso significato diviene anche ogni cristiano che si immedesima in Cristo e che raggiunge la perfezione in Lui della gloria.
Chi vede Cristo vede la pienezza della verità contenuta nella Scrittura. Chi vede il cristiano deve poter vedere la verità della Scrittura, la vede attraverso la trasformazione in vita che si compie in lui, in tutto ad immagine di Cristo Gesù.
Chi sono dunque i santi? Sono verità della Scrittura trasformati in carne, in storia, in visibilità. I Santi sono lettori autentici della verità di Cristo e di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo.
Cristo è la pienezza prima ed ultima della Scrittura; il compimento totale e definitivo. I Santi partecipano di questa pienezza, ma non la raggiungono, poiché nessun uomo può vivere tutto il mistero di Cristo, lo vive per quella parte di gloria che il Signore gli ha concesso.
La santità cristiana è pertanto il libro della verità di Cristo e di Dio, scritto ancora una volta sotto la mozione dello Spirito Santo, che guida i cuori a comprendere Cristo nascosto e rivelato nella Scrittura e a tradurlo attraverso il compimento della verità nel mistero della libertà che è la santità cristiana.
I Santi sono gli uomini liberi, perché sono gli uomini veri; sono liberi e veri perché sono santi, perché hanno trasformato la verità in libertà e la libertà in verità e verità e libertà sono la loro santità, che è perfetta partecipazione alla verità e alla libertà che è Dio nella sua essenza e natura divina.
La santità è il vero ideale di ogni uomo; è in essa che l’uomo si compie, perché in essa raggiunge e realizza la verità e la libertà di Cristo nella sua carne.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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