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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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29/01/2012 23:33
 
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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

Il cristiano: un portatore di grazia. Il cristiano è per vocazione un portatore di grazia, è uno che riceve tutta la grazia di Dio e la porta nel mondo, la dona ad ogni uomo. Ogni uomo deve essere arricchito da lui di doni celesti e divini. Può svolgere questa sua vocazione se giorno dopo giorno lui stesso si immerge nella grazia di Cristo, nella grazia cresce fino a farla fruttificare secondo tutta la sua potenzialità, che è sempre immensa, infinita. La grazia che il cristiano può dare e che deve donare non è quella che lui riceve da Dio; è quella che riceve da Dio, ma che in lui diventa un vero frutto di obbedienza, di amore, di carità. Lo afferma Gesù alla Samaritana: “L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna”.
Offesa contro Cristo. Quando si offende un missionario del Vangelo, quando lo si giudica, lo si condanna, ci si scaglia contro a motivo del Vangelo che egli porta, l’offesa non è fatta solo al missionario del Vangelo, l’offesa è fatta al Vangelo, è fatta a Cristo, è fatta al Padre dei cieli e allo Spirito Santo, che hanno chiamato l’operaio del Vangelo, lo hanno arricchito dei doni celesti, lo hanno mandato nel mondo per portare la Parola della pace, della vita, della gioia; la Parola che vince la morte; la Parola che è annunzio di risurrezione. È anche offesa al corpo di Cristo, alla sua Chiesa. Il missionario infatti è membro del corpo di Cristo, è membro della Chiesa. Se poi arreca offesa al missionario un altro membro della Chiesa, un altro membro del corpo di Cristo, il danno lo fa a se stesso, non ad altri. Questa verità dovrebbe insegnarci la più grande prudenza e la più alta saggezza, prima di proferire una sola parola contro un altro cristiano, specie contro uno che è impegnato nella diffusione del regno di Dio. Parlando male contro uno che lavora per il regno di Dio, si arresta il lavoro del regno, non si progredisce. Non progredisce il regno per il quale anche lui sta operando. Parla male del suo lavoro, del suo regno, del suo corpo, della sua Chiesa. Questa è la verità che governa il corpo di Cristo. Chi ama Cristo, chi ama il suo corpo, chi ama la Chiesa, deve sempre difendere Cristo, la Chiesa, il suo corpo, deve volere che il regno si espanda e che il corpo di Cristo cresca nel mondo. Chi ama Cristo e la Chiesa, piange e soffre quando Cristo e la Chiesa vengono giudicati, condannati, offesi dai suoi figli, piange e soffre perché Cristo non è amato, non è ascoltato, non è obbedito, non è servito. Piange e soffre perché molti dei suoi fratelli in Adamo, a causa di questo peccato che avviene nel corpo di Cristo, sono tenuti lontani dalla salvezza.
La forza della Chiesa è la sua unità. L’unità deve essere negli intenti, nei sentimenti, nella verità, nella carità, nella speranza, nella Parola, nella santità. La Chiesa è forte se si costruisce come un solo corpo in Cristo Gesù; è forte se ognuno vede l’altro un redento da Cristo, che deve essere condotto alla santificazione attraverso il dono della sua vita. La Chiesa è forte se regna nel suo seno lo stesso principio che governò l’intera vita di Cristo Gesù. Cristo Gesù diede la vita per i peccatori, per coloro che lo hanno offeso, tradito, rinnegato, per coloro che erano e sono disobbedienti al Padre suo che è nei cieli. Cristo Gesù non è venuto sulla terra per salvare i giusti, ma i peccatori. Quando il cristiano inizia a vivere secondo la regola spirituale di Cristo Gesù, egli sa che la sua vita deve essere tutta consegnata per la salvezza dei suoi fratelli, fratelli in Cristo, perché sono come lui corpo di Cristo, fratelli, perché discendenti come lui dall’unico padre terreno che è Adamo. Per ogni uomo egli deve offrire la sua vita, ma deve offrirla prima di tutto per il corpo di Cristo, perché sia ogni giorno più santo, più splendente di verità e di grazia, più ricolmo delle perfezioni celesti. Chi ama il corpo di Cristo, chi ama Cristo dona la sua vita perché il corpo di Cristo diventi ogni giorno strumento sempre più perfetto per portare nel mondo la verità e la grazia che sono in Cristo Gesù. La forza della Chiesa è la sua unità costruita sull’offerta della vita di ogni suo figlio. Il cristiano animato dalla carità di Cristo, che cerca la santità del corpo di Cristo, perché l’unità di verità e di grazia risplenda in esso dinanzi ad ogni uomo, fa tutto questo donando la vita per i suoi offensori, per i suoi crocifissori, per coloro che ogni giorno lo espongono alla morte, sia fisica che spirituale, perché si convertano, vivano, diventino anche loro corpo di Cristo; se sono già corpo di Cristo, perché abbandonino per sempre il peccato e si lascino interamente avvolgere dalla santità che è in Cristo Gesù. È questo il vero volto del cristiano e della Chiesa, perché è questo il vero volto di Gesù Signore.
Nessuno si deve perdere per colpa nostra. Nel corpo di Cristo bisogna far sì che prevalga una sola legge: la legge della salvezza dell’altro, di ogni uomo. Ognuno deve vivere la stessa carità che governò l’intera vita del Signore Gesù. Gesù alla fine della vita disse al Padre, nella sua preghiera, che nessuno tra quelli che Lui gli aveva dato era andato perduto, tranne il figlio della perdizione. Sappiamo però quanta attenzione mise Gesù perché anche Giuda potesse ravvedersi del suo proposito di tradimento e anche dopo aver consumato il suo peccato, conosciamo le parole di amore che Gesù gli ha rivolto, sempre in vista del pentimento e del ravvedimento. Questo stesso principio deve essere osservato, vissuto, praticato da ogni cristiano, specie da coloro che hanno la responsabilità di pastori all’interno del gregge di Cristo Signore. Ognuno deve mettere nel suo apostolato tutta la verità, tutta la carità, ogni altra virtù, specie quella della prudenza, deve fare ogni cosa perché si raggiunga la salvezza, non perché ci si allontani da essa. Se un solo fratello si dovesse perdere per colpa nostra, noi abbiamo fallito il nostro ministero, la nostra vocazione, abbiamo vissuto male la nostra appartenenza a Cristo Signore. Perché nessuno si perda, il nostro cuore deve essere tutto pervaso della carità di Cristo Gesù, i nostri pensieri ricolmi della sua verità, la nostra volontà deve essere quella del Padre, la nostra prudenza deve divenire la stessa saggezza dello Spirito Santo. La legge della salvezza dell’altro diviene legge di più grande santificazione per noi stessi. Solo chi è nella santità lavora bene nel regno di Dio, lavora per la salvezza dei fratelli; chi convive con il peccato mai potrà divenire causa e strumento di salvezza in Cristo per i suoi fratelli. Molti per causa sua si perderanno, ma di questa perdita dovrà rendere conto a Dio nel giorno del giudizio. Il cristiano è obbligato a farsi santo, a raggiungere la perfezione, non tanto per un fine personale – anche questo è vero – quanto piuttosto per la legge della carità di Cristo che gli comanda di dare la sua vita, e darla per intero, per la salvezza dei suoi fratelli. La vita per gli altri si può dare solo nella santità. È questo il motivo per cui o il cristiano si fa santo, o non può dare la vita per gli altri e quindi il suo lavoro è inutile, vano, infruttuoso; anzi, a causa dei suoi peccati e dello scandalo che il peccato produce e genera nel mondo, molti non solo non si salvano per causa sua, per causa sua si perdono, con grande danno per il regno di Dio. Ma così facendo, non si è più collaboratori di Cristo, suoi strumenti di salvezza, si è satelliti di satana per la rovina dei credenti. È quanto ha fatto Giuda con Cristo. Così è ogni falso cristiano: un traditore di Cristo, un alleato di satana per la rovina del mondo.
La carità: metro dei nostri progressi spirituali. Per chi vuole esaminare la sua coscienza, per chi vuole sapere il grado della sua crescita spirituale, è sufficiente che si esamini sulla carità, intesa però come capacità del cuore, della mente e dell’anima di dare la vita per la salvezza del mondo. Chi vuole conoscere il grado della sua carità deve quotidianamente guardare a Cristo Gesù, osservare ogni suo comportamento, studiare gesti e parole, analizzare ogni rapporto, scoprire in esso il principio soprannaturale che lo muove. Non si può vivere la carità se non alla maniera di Cristo Gesù. La si vive alla maniera di Cristo Gesù se si conosce il principio operativo che è nel suo cuore e nella sua anima. In Cristo c’è un solo principio che lo anima: la libertà dalle cose di questo mondo e dalla sua stessa vita terrena, interamente trasformate in uno strumento per amare i fratelli secondo il volere del Padre. Questa libertà è solo possibile se nel cuore c’è un solo desiderio: amare il Padre celeste con amore indiviso, amare Lui solo e in Lui amare i fratelli, amandoli però secondo la sua volontà e non secondo la nostra. Il cristianesimo è quest’amore di obbedienza, è quest’amore di dono totale al Signore. La carità è la via migliore di tutte per predicare il Vangelo. Chi ama sa sempre come andare agli altri, non lo sa per metodo scientifico, per acquisizione di esperienza, o perché lo ha appreso nello studio della teologia pastorale. Lo studio della teologia pastorale non serve per andare agli altri secondo Dio; serve per insegnare delle tecniche di relazioni umane, oppure di approcci liturgici, sacramentali, formali insomma; mai essenziali, di salvezza. Le tecniche non servono per la salvezza e neanche la teologia serve per la salvezza. Se servisse, farebbe santi i teologi; mentre in verità li lascia nella loro vecchia umanità. Ciò sta a significare che la teologia non crea la santità, è invece la santità che crea la vera teologia e la crea trasformando la parola di Cristo in carità e la carità in dimora in noi dello Spirito Santo. È lo Spirito Santo che abita in noi attraverso la nostra carità che ci dona la comprensione del mistero e ci guida, ci muove per andare incontro all’altro sempre secondo la volontà di Dio, mai secondo la volontà dell’uomo.
Chi presiede: modello di carità. La carità è l’anima del cristiano. Il cristiano lo possiamo definire come si definisce un uomo. Ogni uomo è anima e corpo, è corpo animato, è anima incorporata. Quando l’anima esce dal corpo, questo giace nella morte, va in disfacimento, ritorna alla terra dalla quale, secondo il racconto biblico, è stato tratto. Così deve dirsi di ogni cristiano. La persona umana la possiamo definire come il corpo che deve ricolmarsi dell’anima delle carità per essere sempre vivente, pronto ad ogni istante per rispondere alla attese di Cristo, sollecito nel seguire la mozione dello Spirito Santo, disponibile a compiere la volontà di Dio. Se nel cristiano manca la carità, egli è come un cadavere; va in disfacimento, ritorna alla sua vecchia umanità, dalla quale lo aveva tratto fuori lo Spirito Santo, quando lo aveva rigenerato a vita nuova, versando nel suo seno la carità di Cristo, perché fosse la sua nuova anima, la sua vita, il suo tutto. Ogni cristiano è obbligato a fare della carità la sua anima, è obbligato a far sì che questa virtù teologale si sviluppi secondo tutta la sua potenza di grazia e di verità in essa contenuta, che arrivi allo stesso grado di perfezione che fu in Cristo Gesù, il quale per amore si consumò sul legno della croce, si diede in cibo, diede in cibo il suo corpo e il suo sangue, come alimento di vita eterna, come sostentamento della divina carità effusa nei nostri cuori il giorno in cui divenimmo credenti e ci siamo lasciati battezzare, rinascendo da acqua e da Spirito Santo. Questo obbligo di far risplendere nella loro vita tutta la carità di Cristo Gesù, ha un particolare valore per quelli che presiedono. Loro non solo devono essere gli amministratori della carità di Cristo Gesù attraverso i doni di grazia e di verità che essi conferiscono; devono essere modello di carità; in altri parole, devono essere immagine vivente di Cristo Gesù, carità fatta carne, vita, fattasi dono d’amore per la salvezza di ogni uomo. L’amore che essi devono dare non è quello che l’uomo richiede loro, o pretende che gli venga dato. L’amore chi lo determina, chi lo governa, chi lo decide è Dio. È Dio che decide a chi bisogna portare il suo amore; è Lui che stabilisce la quantità, è Lui che determina i giorni e le ore in cui in un determinato tempo un suo strumento si dovrà fermare per ricolmare i cuori della divina carità, che è il dono di Cristo Gesù e in Lui di ogni ricchezza di grazia e di santità che discende dal cielo. La vera carità non si può vivere se non nell’obbedienza. Più perfetta è l’obbedienza, più grande è la carità. La carità è l’obbedienza vissuta fino al dono totale di sé. Oggi per l’uomo tutto è divenuto carità; l’uomo di oggi identifica la carità con una relazione cosale tra gli uomini; si dona una cosa, si dice di fare carità, di vivere la carità. La carità cristiana, virtù teologale, non è questa. La carità cristiana è il dono di Cristo, la carità del Padre; è il dono di se stesso, che il cristiano fa ai fratelli perché tutto Cristo sia dato loro. Cristo è la salvezza, la redenzione, la giustificazione, la santità, la vita eterna per ogni uomo. Chi dona Cristo libera l’uomo dalla morte e lo introduce nella vita. Così la carità si specifica e si definisce come liberazione dell’uomo prima dalla morte spirituale, poi dalla morte fisica, aiuto concreto perché si liberi dalla morte spirituale, si liberi anche dalla morte fisica, in modo che possa essere uno strumento nella mani di Dio per portare il Vangelo della carità ad ogni altro uomo.
Le macchinazioni di satana. Paolo è missionario di Cristo Gesù. Il missionario del Signore ha un solo compito: distruggere il regno di satana, costruire, edificare, diffondere, far crescere nella verità e nella carità il regno di Dio. Il missionario vuole distruggere satana e il suo regno; satana vuole distruggere Cristo e il suo Vangelo, lo strumento attraverso cui si edifica e si diffonde il regno di Dio sulla terra. Non potendo distruggere Cristo, il quale, ormai risorto più non muore, né può in qualche modo essere raggiunto da satana, che non ha più alcun potere su di lui, egli si avventa contro i missionari del Vangelo per abbatterli, sapendo che distruggendo loro, riducendoli al nulla, infligge al Regno di Cristo un duro colpo di arresto. Se si ferma il missionario del Vangelo, tutto il regno si ferma; il mondo si riprende il cristiano e lo rende infinitamente più malvagio di quando ancora non era credente, non era stato ancora lavato con il sangue di Cristo, non era stato ancora unto con l’Unzione dello Spirito Santo. Satana ha un solo scopo: stancare il missionario perché non continui la sua corsa. Lo stanca attentando alla sua stessa vita fisica, spargendo sul suo cammino una serie infinita di difficoltà, di opposizioni, di calunnie, di percorse, di ogni altro genere di umiliazioni sia fisiche che morali; dove non può più spargere umiliazioni fisiche, si serve di quelle morali. La calunnia, la maldicenza, ogni sorta di menzogna gli servono per rendere non credibile il missionario del Vangelo, per renderlo inviso e odioso al mondo intero e anche a coloro che già credono in Cristo Gesù. Verso quelli che invece hanno creduto, o che devono essere invitati a credere, l’arma è una sola: creare tanta di quella falsità nei cuori sul conto del missionario da far sì che le sue parole non siano ritenute più degne di fede. Così facendo separa il popolo di Dio dall’apostolo del Signore e questo irrimediabilmente si perde. Chi vuole la perdizione del popolo dell’alleanza lo separi dal ministro della Parola, dall’apostolo del Signore, dai suoi strumenti umani, costituiti da Lui strumenti della sua verità, della sua grazia, della carità e di ogni altro genere di virtù. È quanto era successo a Paolo in Corinto. I superapostoli avevano convinto molti cuori a ritenere Paolo un impostore, uno che non portava la verità di Cristo Gesù, uno che diceva una parola ma ne pensava un’altra, uno che non era degno di credibilità. Poiché l’apostolo è il solo che può garantire la permanenza della comunità della verità, reso non credibile l’apostolo, tutta la comunità è destinata al fallimento; satana è ben riuscito nel suo intento. Voleva distruggere Cristo e il suo Vangelo e vi è riuscito nelle menti di un’intera comunità; e vi riesce sempre dove non c’è un apostolo ricolmo della verità di Cristo che con sollecitudine interviene e mette ogni cosa al suo posto. Sulle macchinazioni di satana non si insisterà mai abbastanza; sempre se ne parlerà poco. Ma è proprio di satana camuffarsi, trasformarsi, cambiare la parola di Dio, prendere una sola frase, rendere il cristiano eretico perché così mai potrà far risplendere tutta la grazia di Cristo nella sua vita.
Le evidenze del Vangelo. Ogni uomo che viene a contatto con un predicatore, o missionario della Parola della salvezza, deve percepire l’appartenenza del ministro a Cristo dal profumo del Vangelo che si spande attraverso di lui. Cristo è il profumo di Dio. Cristo è il profumo di vita per coloro che accolgono la sua Parola e si incamminano dietro di Lui rinnegando ogni giorno se stessi, portando la propria croce; è invece profumo di morte per tutti coloro che rifiutano la sua Parola e si ostinano nella loro falsità e nel loro peccato. Il profumo del missionario nasce però dalla trasformazione in vita di tutta la Parola di Cristo Gesù. Se il missionario non trasforma la Parola in vita, egli non è profumo di Cristo e Cristo non potrà mai essere profumo di vita per coloro che credono e di morte per coloro che non credono. Una volta che il missionario è divenuto profumo di Cristo, servo obbediente del Vangelo, una volta che si è trasformato in Cristo Gesù, andando per il mondo a predicare il suo glorioso Vangelo, deve farlo usando tre piccoli accorgimenti: deve predicare il Vangelo con sincerità, come mosso da Dio, sotto il suo sguardo. Questo significa semplicemente che il Vangelo deve essere tutto nel suo cuore, ma anche che il suo cuore deve essere tutto in Dio assieme alla sua volontà. Quando cuore e volontà sono interamente posti in Dio, e questo avviene solo in un cammino di più grande santità, il Vangelo inizia la sua corsa nel mondo e spande il profumo di Cristo. Chi vuole, sente il profumo e si lascia attrarre da Dio per essere salvato.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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