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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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19/01/2012 22:45
 
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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

Chi siamo. Chi vuole relazionarsi con gli altri secondo verità, deve conoscere chi egli è dinanzi a Dio, cosa Dio ha fatto di lui, cosa ne vuole fare. La conoscenza della volontà di Dio su di lui e la missione che ne nasce devono essere perfette, esatte. Questa conoscenza deve essere della persona singola. Indipendentemente da ciò che gli altri sanno, o possono sapere di noi, delle nostre relazioni con Dio, in Cristo Gesù e della mozione dello Spirito Santo su di noi, è giusto, doveroso, anzi indispensabile invece che noi lo sappiamo. Dobbiamo saperlo, perché la missione per essere svolta con precisione deve essere conosciuta. Non può svolgere una missione chi non la conosce, chi non sa cosa deve fare; chi ignora quale è il posto che Dio gli ha assegnato nel suo regno. Non solo bisogna conoscere la missione nelle sue linee generali, bisogna che essa sia conosciuta in ogni suo particolare, in ogni movimento da fare. Chi vuole operare secondo verità nel regno di Dio, secondo verità si deve conoscere, secondo verità deve conoscere ogni istante. Non un gesto, non una parola, non un’azione dovrebbe essere fatta se non nella perfetta conoscenza, che è poi mozione dello Spirito Santo dentro di noi. Quando tra noi e lo Spirito di Dio vi è separazione, scissione, non più mozione, anche se lavoriamo nella vigna del Signore, apparentemente svolgiamo la missione, mentre in verità noi la missione non la svolgiamo, perché non conosciamo cosa il Signore vuole da noi, non siamo in una obbedienza perfetta, costante, perenne. Questo avviene solo nella santità. In essa ogni ostacolo allo Spirito viene tolto e Lui può parlare direttamente al nostro cuore, può indicarci la via, può rivelarci chi vuole che siano salvati attraverso di noi, può dirci le parole da dire che colpiscono il cuore e lo attraggono alla verità della salvezza. Quando invece viviamo nel peccato, il peccato diviene come un muro di bronzo tra noi e lo Spirito del Signore e ogni contatto con lui si perde, si smarrisce, viene vanificato. Non essendo noi mossi dallo Spirito di Dio, ma dalla concupiscenza e dalla superbia della vita, fisicamente possiamo anche trovarci nella vigna del Signore, ma non facciamo l’opera di Dio, facciamo la nostra opera, ma questa non è di salvezza, bensì di perdizione per ogni uomo. Salva solo l’opera di Dio, fatta da Dio dentro di noi, per mozione, saggezza, intelligenza, fortezza dello Spirito del Signore.
La santità: segno della verità della Parola. Se analizziamo per un attimo la santità e ci chiediamo cosa essa è in se stessa, possiamo abbozzare una prima risposta: la santità è il segno della verità della Parola di Gesù Signore. La Parola di Dio è creatrice, salvatrice, redentrice, giustificatrice, liberatrice dell’uomo. Essa è di Dio perché opera tutto questo; è vera Parola di Dio in noi, se opera tutto questo. Poiché la santità altro non è che l’opera della Parola di Dio in noi, la trasformazione della Parola di Dio in nostra carne e in nostro sangue, essa attesta che la parola che noi diciamo è vera; è vera perché realizza ciò che dice, compie ciò che annunzia, dona ciò che promette. Poiché ciò che dice, annunzia e promette è il cambiamento dell’uomo che da essere egoista diviene caritatevole, da concupiscente dominatore di sé, da superbo umile, da violento mite di cuore, da attratto per le cose e le ricchezze di questo mondo si fa povero in spirito, conquistando anche le altre beatitudini, essa è vera, radicalmente vera. Solo la Parola di Dio può operare il bene nel cuore dell’uomo; le altre parole non hanno questa forza; le altre parole lasciano il cuore dell’uomo così come esso è. Le altre parole possono agire fuori dell’uomo, ma non dentro l’uomo, mutandolo e cambiandolo radicalmente, perché lo convertono alla verità, alla giustizia, alla carità, alla speranza. Il santo manifesta dinanzi al mondo intero che la Parola di Dio è vera. La santità è l’unica possibile manifestazione al mondo della verità della Parola di Gesù.
Dio è Padre. È Padre di Cristo Gesù, Padre per generazione. Gesù, nella sua Persona divina, è il Figlio Unigenito del Padre, generato da Lui prima di tutti i secoli. La nostra fede in Cristo è prima di ogni altra cosa la verità della generazione eterna del Verbo della vita. Essa confessa che Cristo è Signore. È Signore perché Dio, perché Figlio di Dio; è Signore perché Verbo del Padre. A questa verità si aggiunge l’altra: Cristo è Signore anche in ragione della sua umanità. È Signore di ogni uomo perché tale è stato costituito dal Padre, in ragione della sua morte e risurrezione, a causa del suo sacrificio, della sua oblazione, della sua morte sofferta ed offerta in espiazione dei peccati del mondo intero. Cristo è la misericordia del Padre, il suo perdono, la sua consolazione, la sua verità. Al Padre che ci consola in Cristo Gesù deve essere data ogni gloria, ogni onore, ogni benedizione. Bisogna vivere per rendere grazie a Dio e a Lui si può rendere grazie in un solo modo: compiere in tutto la sua volontà, obbedire ad ogni sua parola, mettere in pratica ogni suo comando. In Cristo la paternità di Dio si estende ad ogni uomo. È una paternità di adozione, ma è vera paternità. Siamo veri figli di Dio, siamo figli di Dio nel suo Figlio unigenito, perché con Cristo formiamo un solo corpo, una sola vita, una sola obbedienza.
Consolati per consolare. La vita del cristiano spesso è avvolta dalla grande tribolazione, dalla sofferenza, dal dolore. Paolo questo lo sa, lo ha sperimentato. Noi sappiamo che in Asia è stato lapidato e abbandonato sotto il cumulo delle pietre. La mano di Dio fu su di lui e l’alito della vita rimase nel suo corpo. Alcuni discepoli lo raccolsero, lo curarono e lui ben presto si è potuto ristabilire. Egli ora sa che il Signore è con lui, non lo abbandona, non lo lascia solo nel dolore e nella sofferenza. Sempre gli viene incontro per portargli la sua consolazione, il suo aiuto, il suo sollievo. Paolo che ha sperimentato la consolazione di Cristo nella sua vita, diviene un consolatore dei fratelli. Sa che questi hanno bisogno del suo aiuto e lui consuma se stesso nell’andare incontro ai fratelli per portare loro la consolazione di Cristo, il suo sollievo, la sua gioia, la sua speranza. Nella sofferenza Paolo vive il mistero della morte di Gesù, nella consolazione il mistero della risurrezione, della gioia, della speranza. Nella sofferenza diviene simile a Cristo sulla croce; nella consolazione simile a Lui nel mattino di Pasqua. Come Cristo, egli vive per aiutare gli altri a risollevarsi dalla loro tristezza, da ogni affanno, dolore, da tutto ciò che crea sofferenza nel discepolo di Gesù. Il cristiano non cerca il dolore; la sofferenza la subisce, subendola la offre, ne fa un sacrificio al Padre dei cieli per la redenzione dei suoi fratelli, ne fa uno strumento di amore per la conversione dei cuori, né fa un olocausto di salvezza, perché ogni altro uomo ritorni nella casa del Padre. Il Vangelo è questo: via per portare la consolazione di Cristo, di Dio, dello Spirito Santo, dei fratelli nella fede a coloro che sono nella tristezza, nel dolore, nella sofferenza. È vero cristiano chi sa consolare, aiutare, sorreggere, confortare, spronare alla vita.
Porre la fiducia solo nel Signore. Nella sofferenza c’è solo una via che ci consente di non essere schiacciati, annientati, annullati nella nostra speranza e nella nostra fede. Questa via consiste nel riporre la speranza solo nel Signore. Si può sperare in Lui, si può avere fiducia in Lui, si può contare su di Lui, perché Lui lo ha promesso: Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli. Il Signore è presente. Il Signore è con noi. È con noi ed è presente con una presenza creatrice, liberatrice, di sostegno, di verità, di conforto, di aiuto, di intervento reale, concreto, più che efficace. Nei momenti della sofferenza e del dolore il cristiano deve guardare a Cristo Crocifisso, deve essere capace di vedere la risurrezione che lo attende, deve però mettersi in preghiera e invocare l’aiuto del Padre perché venga presto a liberarci. Il Signore è veramente il liberatore dell’uomo. Egli libera tutti coloro che pongono la fiducia in lui, che non cessano di invocarlo, perché credono nella sua onnipotente presenza che crea la storia e le dona un nuovo corso.
Testimonianza della coscienza. Quando si vive in mezzo agli uomini, questi sempre vorrebbero avere il governo sugli altri, sempre giudicano le loro azioni, sempre pretendono che l’altro renda ragione di ciò che dice ed opera. L’apostolo del Signore deve avere un grande principio di fede, se si vuole salvare da ogni tentazione che viene dagli uomini. Questo principio consta di due verità; la prima verità vuole che si ascolti solo il Signore. Il Signore va ascoltato per essere obbedito. Ciò che Lui comanda è legge di verità per noi ed è anche legge di vita. La vita dell’uomo è nel compimento della volontà di Dio. Se l’uomo di Dio ascolta gli altri per compiere la loro volontà, è il fallimento spirituale di tutta la sua vita di ministro di Cristo Gesù. Solo Uno deve parlare all’apostolo del Signore; quest’Uno è Cristo, quest’Uno è Dio, quest’Uno è lo Spirito Santo. Dopo aver ascoltato il Signore l’uomo di Dio deve rientrare in se stesso, esaminare la propria coscienza, vedere se in tutto ha compiuto la Parola ascoltata, oppure se molta Parola resta ancora da realizzare nella nostra vita. L’uomo di Dio deve sempre avere e possedere un attestato di coscienza. La sua coscienza in ogni istante del suo ministero gli deve attestare che egli è nel pieno compimento della Parola di Dio e che nessun comando del Signore è andato perduto, nessuna sua Parola è stata dimenticata, nessun Suo ordine è stato violato. Tutto invece è stato fatto per obbedire ad un comando d’amore del Signore Dio nostro. Quando ascolta il suo Signore, l’uomo di Dio deve avere libertà interiore, ardente desiderio, zelo che lo consuma finché ogni Parola di Dio non sia stata messa in pratica. Dopo aver ascoltato l’uomo di Dio, deve rivestirsi di sincerità, deve ammantarsi di santità. La sincerità e la santità gli servono per poter entrare nella propria coscienza, al fine di scoprire tutti quei ritardi nel compimento della Parola ascoltata, che fanno sì che il Vangelo risulti non credibile agli occhi del mondo intero. Chi è sincero vede secondo verità il proprio cuore; chi è santo, o chi si incammina sulla via della santità, toglie il peccato che lo turba, lo disturba, mette in esso la Parola di Dio perché sia essa a guidarlo in ogni azione, in ogni pensiero, in ogni desiderio.
È Dio il Salvatore. Un’altra puntualizzazione merita di essere messa in risalto. Quando diciamo che Dio è il Salvatore dell’uomo, sovente, anzi sempre ci riferiamo al perdono dei peccati che avviene nel sacramento del Battesimo e della Penitenza; pensiamo a Cristo in croce che compie il sacrificio vicario, che muore a posto nostro, chiedendo al Signore che perdoni le nostre colpe e cancelli la malizia del nostro peccato. Quasi mai pensiamo l’altra verità che è il principio, il fondamento di ogni azione salvifica di Dio in nostro favore. Dicendo che Dio è il Salvatore dobbiamo sempre intendere che ogni salvezza che avviene nel mondo è opera della sua volontà attuale, è mozione del suo amore e della sua verità, che vanno in cerca dell'anima da condurre nel regno dei cieli, nel Vangelo della salvezza, nella comunità dei credenti. Dio vuole realmente la salvezza di ogni uomo. La vuole oggi, in questo tempo, la vuole realizzata; non vuole che rimanga solo desiderio. Questa volontà salvifica, reale, attuale di Dio, si attua però per mezzo di Cristo Gesù, in Lui, nel suo corpo, per mezzo del suo corpo, nella Chiesa. Dio ora salva per mezzo di Cristo Gesù, salva in Cristo Gesù, salva inviando il corpo di Gesù per il mondo a cercare chi è smarrito e confuso, chi è lontano dalla verità e dalla grazia che vengono da Dio. Dio salva per mezzo dell’uomo e per salvare chiama un uomo, lo salva, dopo averlo salvato, lo invia, ne fa uno strumento in Cristo, per la riconciliazione dei cuori. Se l’uomo non si lascia inviare, o se si lascia inviare e non fa ciò che il Signore gli comanda di fare, l’incontro con l’uomo da salvare non avviene e l’altro rimane nel suo peccato. Vi rimane non perché Dio non voglia salvarlo, ma perché l’uomo chiamato per salvare, o non ha svolto la missione, o l’ha svolta male, o ha iniziato a svolgerla e poi si è ritirato, lasciando ogni uomo nel suo peccato e nella sua morte spirituale. Inoltre c’è da specificare che è sempre Dio il Salvatore ed è sempre lui che deve avere l’iniziativa. Ciò comporta un’altra verità: l’apostolo del Signore non ha iniziative da prendere, ha solo comandi da osservare, ordini da mettere in pratica, chiamate da parte del Signore alle quali deve rispondere con tutta la fedeltà che è nel suo cuore, con la stessa fedeltà di Cristo Gesù. Ciò significa che l’apostolo del Signore deve fare dell’ascolto la sua regola di vita e dell’esecuzione di ogni comando del Signore il suo stile evangelico. Dio sa chi deve essere salvato, sa il tempo favorevole della salvezza, chiama il missionario e lo invia. Per questo motivo il missionario deve essere sempre in ascolto, sempre in tenuta da viaggio, sempre pronto a recarsi dove il Signore lo invia per portare la sua salvezza, per redimere qualcuno, per chiamare alla conversione e alla fede al Vangelo. Così vista, l’opera della salvezza ci fa considerare ogni incontro un dono di grazia, di verità, di amore e di misericordia.
La parola e il suo fondamento nell’uomo di Dio. Quando l’uomo di Dio parla, egli deve sapere che ciò che dice non è più parola di un uomo privato, di un uomo che deve rendere conto a se stesso e a Dio. L’uomo di Dio è persona pubblica e ogni parola che egli dice è parola pubblica, anzi è parola di Dio. Nessun uomo di Dio deve dire una parola che non sia di Dio, che non appartenga alla sua verità, che non sia manifestazione del suo Vangelo. C’è una vocazione e una missione che tolgono l’apostolo del Signore dalla sfera del privato e lo catapultano in mezzo al mondo, lo fanno un portavoce di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo. Il portavoce non può avere una parola propria, altrimenti non è più un portavoce. Il portavoce deve avere sempre una parola che è di colui che lo ha inviato, anche nelle più piccole cose della vita, nelle minuzie, nelle relazioni anche amicali, familiari, di società, di lavoro, di collaborazione. Ogni parola che lui proferisce deve pensare che gli altri la reputano parola di Dio. Se lui è uomo di Dio non può dire che Parole di Dio; se dice parole che non sono di Dio, ciò significa che lui non è uomo di Dio, è uomo del mondo, è uno in tutto come loro. Non ha più ragion d’essere il suo ascolto. Le sue parole non hanno significato di salvezza, perché colui che le ha proferite non è degno di fede, non è visto come un uomo di Dio in mezzo al suo popolo.
La ragione superiore delle cose. Quando un uomo di Dio dice un parola, questa parola non deve nascere dalla sua sincerità per rapporto agli uomini, cui essa è rivolta. Deve essere vera, deve nascere dalla sincerità del suo cuore per rapporto a Cristo, che egli rende presente in mezzo al mondo. La sua deve essere parola di Cristo, manifestazione della volontà di Cristo, espressione del suo amore, della sua misericordia, ricordo del suo Vangelo. C’è una ragione cristologica che deve essere a fondamento di ogni parola e non solo delle parole dell’apostolo del Signore, ma anche di ogni sua azione. L’azione è una parola visibile, mentre la parola pronunciata è semplicemente udibile. L’apostolo del Signore parla con le parole, parla con le azioni, parla pure con le omissioni. Tutto ciò che egli dice, opera, o non opera, fa o omette di fare, deve avere il suo fondamento di verità in Cristo Gesù, perché solo così l’apostolo del Signore si rende credibile, viene accolto come uomo di Dio e la sua parola viene ascoltata come parola di Dio. Sulla ragione cristologica di ogni cosa dobbiamo purtroppo lamentare che questa visione di fede non conduce, né muove il cristiano. Oggi c’è un distacco da Cristo ad ogni livello. Anzi, molti dei cristiani vivono come se Cristo non esistesse, come se loro non fossero corpo di Cristo, suo strumento di salvezza per il mondo intero. Su questo principio cristologico c’è tutto un lavoro da svolgere, necessario perché ogni uomo veda nell’apostolo del Signore Cristo e nelle sue parole la voce di Cristo, nei suoi gesti, nelle sue azioni, l’azione e i gesti di Cristo, finalizzati e orientati alla salvezza di ogni uomo.
Cristo è il sì di Dio. San Paolo ci dice che tutte le parole di Dio in Cristo sono divenute sì, si sono compiute. Quanto il Padre ha detto per mezzo dei profeti, nella legge e nei salmi, ha preso corpo in Cristo, è divenuto realtà, storia, avvenimento. Ciò che Paolo afferma di Cristo Gesù, lo afferma anche per applicarlo ad ogni suo apostolo. Chi è l’apostolo del Signore? È ciò che Cristo è per rapporto al Padre. In Cristo ogni parola del Padre si è compiuta. Chi legge la vita di Cristo e la confronta con l’Antico Testamento deve necessariamente confessare che Cristo Gesù è il compimento perfetto di ogni parola pronunziata da Dio. Così, chi legge la storia del cristiano, confrontandola con il Vangelo, che è la Parola di Cristo Gesù, dovrebbe sempre confessare che la vita del cristiano è il sì di Cristo, è il compimento di ogni parola, è la realizzazione nell’ora della storia di ogni parola che è uscita dalla bocca di Cristo Gesù. Finché il mondo non constaterà questo parallelismo tra Cristo e il cristiano, difficile diverrà per esso abbracciare la via della fede. Non ne vede l’importanza, ma soprattutto non ne avverte il significato. Non sa a cosa serve abbracciare la fede in Cristo, se le parole di Cristo non sono storia in chi dice di credere in Lui.
Il significato del sì di Cristo e le religioni e forme religiose. Dicendo Paolo che Cristo è il sì di Dio, il sì ultimo, definitivo, il sì del suo perdono, della sua verità, della sua grazia, intende dire anche che fuori di Cristo non è possibile trovare un altro sì di salvezza, di redenzione, di giustificazione. Cristo è l’unico e il solo sì, l’unica e la sola realizzazione della volontà salvifica di Dio. Anche questa verità deve essere abbracciata dal cristiano e testimoniata con l’adeguazione e conformazione della sua vita ad ogni Parola di Cristo Gesù. Così facendo, egli rende testimonianza a Cristo, rende testimonianza a Dio, mette ogni uomo dinanzi alla grave responsabilità di accostarsi a Cristo Gesù per entrare anche lui nel sì di salvezza del Padre, nella sua misericordia, nel suo perdono, nel dono del suo Santo Spirito per la giustificazione e la rinascita a vita nuova ed eterna. Nello Spirito Santo infatti ogni uomo viene confermato nel suo essere in Cristo, con Cristo e per Cristo, riceve l’unzione, viene sigillato come unica proprietà di Cristo, gli è data anche la caparra della vita eterna. Lo Spirito è la caparra presso di Dio che l’anima ormai è di Cristo e in Cristo ha diritto alla eredità eterna nel cielo.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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