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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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19/01/2012 22:43
 
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SINCERITÀ DI PAOLO

[12] Questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza di esserci comportati nel mondo, e particolarmente verso di voi, con la santità e sincerità che vengono da Dio.
Paolo è come se adesso facesse una confessione pubblica, è come se svelasse il suo cuore e la sua coscienza ai Corinzi e a tutta l’Acaia.
Egli ha un merito e quindi può vantarsi dinanzi a tutto il mondo. Questo vanto non deve essere inteso in modo profano, o pagano, o addirittura in modo del tutto peccaminoso, nel senso di un moto di superbia, di un furto di gloria a Dio.
Tutto quello che Paolo fa, lo fa per grazia, per assistenza, per mozione, per aiuto da parte di Dio. Senza la grazia di Dio Paolo non fa niente. Anzi tutto ciò che Paolo ha fatto è stata la grazia di Dio ha farlo in lui.
Posto il principio soprannaturale del primato della grazia, si deve leggere questa affermazione di Paolo come certezza e rettitudine morale, come principio di operazione, come stile della sua vita, modo santo di agire.
Qual è il suo vanto, la sua azione, la sua verità che lo fa andare a testa alta?
Il suo vanto è uno solo ed è la testimonianza della sua coscienza. Questa gli attesta che ogni sua azione, davanti al mondo e davanti alla comunità di Corinto, ha una sola origine, una sola motivazione, un solo principio di verità: tutto in lui nasce dalla santità e dalla sincerità che vengono da Dio.
La prima deduzione è questa: tutto ciò che Paolo fa, non lo fa mai per un motivo umano, per un interesse terreno, per piacere a questo o a quell’altro, per imporre se stesso o le sue idee.
La sua umanità deve essere lasciata fuori da ogni suo comportamento, da ogni sua azione e così deve essere lasciata fuori la sua mente e il suo cuore.
Egli ha consegnato tutto se stesso a Dio ed è in Dio che bisogna trovare ogni motivazione del suo essere e del suo agire.
Per capire Paolo bisogna allora partire dalla santità e dalla sincerità che vengono da Dio.
La santità dice che ogni azione è corrispondente alla volontà divina, volontà manifestata attraverso la Parola di Gesù, ma anche volontà fatta conoscere a lui per una mozione particolare dello Spirito Santo, che lui invoca nella preghiera assidua, costante.
Chi vuole operare secondo la santità che viene da Dio deve essere sempre nella volontà di Dio, la volontà di Dio deve conoscere in ogni suo particolare, la volontà di Dio deve attuare in ogni piccola e grande sua manifestazione. Se ci si pone fuori della volontà di Dio, non si può agire, non si agisce secondo la santità che viene da Dio.
La sincerità vuole invece che il cuore e la bocca dicano la stessa cosa; ciò che è sulla bocca deve venire dal cuore e ciò che è nel cuore deve essere anche sulla bocca.
L’uomo è la sua parola. Quello che dice, l’uomo è. Se nel cuore dell’uomo c’è la verità di Dio, egli è sincero secondo Dio; se nel suo cuore non c’è la verità di Dio, egli non è sincero secondo Dio. Potrebbe essere sincero secondo gli uomini, ma questa sarebbe la più grande delle falsità.
Un ladro che invita un altro uomo a rubare è sincero; ha nel cuore un desiderio di furto e lo manifesta. Questa non è sincerità; questa è la più grande delle falsità ed anche la più dannosa.
Un immorale che seduce un altro uomo all’immoralità è sincero; dice ed esprime i desideri del suo cuore. Neanche questa è sincerità; non è sincerità perché il peccato non deve albergare nel cuore dell’uomo; in esso deve solo dimorare Dio e la sua santità.
La sincerità è sinonimo di verità divina, di santità celeste, di purezza di intenzioni, di libertà da ogni male, di povertà in spirito, di ogni altra beatitudine.
Quando nel cuore c’è lo Spirito di Dio che lo illumina, lo guida, lo muove, lo conduce sulla via del bene, lo arricchisce della santità che viene da Dio e questa santità mette anche sulle sue labbra, allora possiamo dire che un uomo è sincero, perché egli parla secondo lo Spirito che è nel suo cuore e secondo la mozione dello Spirito che è nella sua mente e che si traduce in parola di amore per gli altri.
La sincerità è solo di Dio, solo dello Spirito del Signore, solo di Cristo Gesù ed è sinonimo di veridicità. Quella sincerità che non è espressione e manifestazione della verità divina e celeste, non è sincerità.
Paolo dinanzi ad ogni uomo, cristiano, pagano, ebreo, gentile, di ogni altra civiltà, cultura, o tribù, si è sempre comportato con la pienezza del cielo che lo ha sempre avvolto. Questa è la testimonianza della sua coscienza. Per questa testimonianza egli si può anche vantare dinanzi al mondo intero.
[13] Non vi scriviamo in maniera diversa da quello che potete leggere o comprendere; spero che comprenderete sino alla fine,
Paolo non vuole essere frainteso, compreso male, male interpretato. Ciò che egli scrive, è scritto; ciò che egli non scrive, non può essere letto.
Ciò che egli dice, lo si può anche pensare; ciò che non dice, non ha detto, non lo si deve pensare.
C’è un rapporto di onestà intellettuale che deve guidare le relazioni tra gli uomini. Nessuno deve autorizzarsi a pensare quello che l’altro non dice, ciò che neanche è nelle intenzioni, perché colui che parla lo ha manifestato chiaramente.
Occorre per questo la semplicità che Gesù raccomanda ai suoi discepoli. Siate semplici come colombe, prudenti come i serpenti. Attraverso la semplicità si vede la cosa così come essa è, così come appare, così come si sviluppa e si realizza davanti ai nostri occhi.
Quando il cuore è cattivo, malvagio, invidioso non si riesce a leggere la storia nella semplicità e si vede nell’azione dell’altro un qualcosa di nascosto, di misterioso, di cattivo, qualcosa che è contro di noi, mentre in verità la cosa, la storia, la vicenda, la parola è priva di ogni contenuto avverso.
Bisogna educare alla semplicità. È semplice solo il cuore puro, il cuore nel quale non c’è la ricerca di se stesso, non vi abita il peccato, non regna l’interesse per la propria persona, neanche quello di un piccolissimo beneficio spirituale.
[14] come ci avete già compresi in parte, che noi siamo il vostro vanto, come voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù.
Ancora una apertura alla trascendenza, un innalzamento verso il cielo, un volo spirituale verso la fine della storia e del tempo.
Quando ogni uomo vedrà tutto nella più pura e più assoluta semplicità? Il giorno del giudizio universale, quando ci presenteremo tutti dinanzi al Signore, l’unico che sarà il giudice di ogni nostra azione, pensiero, parola, omissione.
Vedremo con semplicità ogni cosa anche il giorno della nostra morte, quando la nostra anima sarà spiegata dinanzi ai nostri occhi e noi la vedremo così come essa è. Vedremo secondo verità anche le altre anime che sono con noi nell’eternità.
Quando i Corinzi e Paolo saranno dinanzi al Signore, ognuno vedrà l’altro per quello che è.
I Corinzi vedranno tutto l’amore, tutti i sacrifici, tutte le tribolazioni che Paolo ha subito perché loro divenissero credenti in Cristo. Vedranno tutta la sua sollecitudine pastorale, il suo amore per le loro anime. Vedranno il suo cuore lacrimante e piangente per tutte le loro malizie e incongruenze con le quale hanno intessuto il Vangelo di Cristo Gesù.
Vedranno ogni pena di Paolo per loro, ogni qualvolta la loro anima era in pericolo di perdizione a causa del tradimento della verità da essi operata nella Parola annunziata e accolta.
Per loro Paolo sarà il loro vanto, sarà la loro gioia, sarà motivo di letizia eterna. Se sono in cielo, lo devono alla grazia di Dio che ha operato in lui.
Per Paolo invece non c’è bisogno che venga il giorno del giudizio. I Corinzi sono già il suo vanto, sono già la sua gloria, sono già il suo frutto. Il frutto prodotto della grazia che opera ed agisce in lui.
Se lui è già disposto a dare la sua vita per loro, la dona perché loro sono frutto di Cristo, di Cristo che è morto ed è risorto per loro.
Perché allora aspettare il giorno del giudizio, o della morte, per vedere le cose secondo verità? Perché non iniziare da subito? Perché ognuno non mette tutta la sua buona volontà a liberare il cuore da ogni vizio, da ogni peccato, da ogni falsità, da ogni menzogna, da ogni interesse particolare, da ogni desiderio che non sia quello di amare solo il Signore e a lui consegnare tutta intera la propria vita? Perché non iniziare fin da adesso a leggere ogni cosa con la santità e la sincerità che vengono da Dio, in tutto come fa Paolo.
Perché privarci di questa testimonianza della coscienza che tanto bene produce in noi e negli altri?
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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