Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
Autore
Stampa | Notifica email    
19/01/2012 22:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

INTRODUZIONE
La secondo Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi in apparenza sembra non trattare nessun argomento in particolare, specie se la si confronta con la prima Lettera che ha già scritto loro.
Nella prima Lettera ci sono tematiche assai concrete, argomenti specifici, di fede, di morale, di rivelazione, che sono di capitale importanza per l’esistenza stessa di una comunità che voglia dirsi ed essere realmente di Cristo Gesù.
In questa Lettera invece tutto sembra occasionale e anche le tematiche di fede e di morale che vengono affrontate pare che nascano di getto dalla sua penna, come se fossero una logica conseguenza di un pensiero abbozzato che a poco a poco prende forma, senza sapere quale sarà il suo sviluppo ulteriore.
Niente però in Paolo è occasionale, frutto di istintività, di irriflessione, di repentinità. In lui abita con potenza lo Spirito del Signore. È Lui che lo muove nell’argomentazione; è Lui che dirige il suo pensiero perché dica solo quelle cose che sono necessarie per la comprensione del mistero di Cristo Gesù, nel quale ogni altra realtà deve essere inserita, se la si vuole cogliere nella sua vera essenza.
Cristo è il sofferente, l’obbediente, il dono del Padre all’umanità intera. Cristo è Colui che fu fatto vittima di espiazione per i nostri peccati, è il Riconciliatore dell’umanità con il Padre. Cristo è il sì definitivo, pieno, completo di Dio all’umanità. È il suo sì d’amore, di accoglienza, di salvezza, di giustificazione, di redenzione, di santificazione, di vita eterna. È il suo sì di Cielo, di Paradiso, di risurrezione gloriosa nell’ultimo giorno.
Se si prova a leggere la vita di Paolo dalla vita di Cristo, si trova che anche la vita di Paolo in certo qual modo è il sì di Dio alla comunità dei Corinzi. È un sì d’amore pieno, di verità perfetta, di dono di ogni grazia; un sì di compassione e di perdono; un sì che si trasforma in dono di vita, nella grande sofferenza, perché loro possano rimanere nel mistero della salvezza, in esso avanzare con speditezza, fino al suo conseguimento definitivo, che avverrà il giorno della loro entrata nella terra promessa del cielo.
Come Cristo Gesù, Paolo è l’uomo della sofferenza, del martirio; è l’uomo che ha saputo e sa soffrire per l’evangelizzazione dei popoli, l’uomo che per portare la volontà di Dio alle Genti, ai pagani del suo tempo, viene continuamente sottoposto ad ogni prova. La sofferenza non lo vince, il dolore sia fisico che morale non lo abbatte, non lo stanca, non lo deprime, non lo spinge ad abbandonare il cammino intrapreso. Anzi, dal dolore impara a donare la sua vita tutta intera al Padre dei cieli, impara a confidare solo in Dio, non in se stesso, non negli uomini. Solo Dio è la sua vita, solo in Lui la prova, solo a lui consegna se stesso, perché solo la sua volontà si compia. È questa la conclusione che egli trae dalla condanna a morte subita in Asia con lapidazione e dalla quale gli sembra di essere tornato in vita, come per miracolo.
Questa esperienza per lui è fondamentale. Da essa impara a vivere come uno che è quotidianamente condannato a morte, per il Vangelo. Ma proprio perché condannato a morte, proprio perché è nella morte, egli sa che la sua vita è solo nelle mani di Dio. A Lui appartiene. Ne faccia ciò che Lui vuole. La conduca dove c’è bisogno di salvezza e di redenzione.
Da questo dono pieno, esaustivo, di se stesso a Dio, nascono per Paolo alcune incomprensioni con la Comunità di Corinto. Questa pensa che Paolo non abbia una parola santa; pensa che egli dica una cosa, ma poi ne fa un’altra.
Paolo si giustifica affermando che nella sua vita c’è un mistero che sempre si compie. Ci sono le sue rette intenzioni, le sue parole che sono proferite con coscienza pura e santa, ci sono i suoi desideri di amore, di pace, di riconciliazione, di bontà verso la Comunità, la cui realizzazione non dipende da lui, dipende invece dalla volontà di Dio, il solo che è il Signore della sua vita, della sua volontà, dei suoi giorni.
Il suo amore è tutto nelle parole che dice, la realizzazione di questo amore non dipende più da lui, dipende dal Signore, dal Padre dei cieli. Dovrebbe allora per questo non pensare, non dire, non desiderare? La volontà di bene rimane sempre nell’uomo, i desideri di pace e di misericordia possono essere sempre espressi. Donano forza e consolazione, a condizione che si comprenda che la vita dell’altro non è nelle mani dell’altro, ma è solo nelle mani di Dio e che è Dio al timone di quella vita e non l’uomo che la vita vive.
La parola di Paolo è vera, come vero è il suo cuore, vera la sua coscienza, vero il suo apostolato, vera la sua vocazione, vera la sua missione, vero il rapporto che egli vive con ogni comunità.
Paolo è vero apostolo di Gesù Cristo, vero suo strumento, vero ministro della Nuova Alleanza. Tutto è vero in Paolo, perché la sua coscienza è retta e retto è il comportamento di Dio in lui, senza alcuna ipocrisia, né parola di convenienza, o peggio, di falsità, di adulazione, di menzogna.
Egli è vero apostolo di Cristo Gesù. Questo ministero può essere vissuto solo con la forza della speranza e della carità dello stesso Cristo Signore.
La speranza è quella della vita eterna, del conseguimento del premio che il Signore gli ha promesso. La carità è quell’amore che si dona, che offre la vita perché ogni uomo possa entrare nel Vangelo, di Vangelo vivere, Vangelo di Cristo divenire nel mondo.
Paolo è l’apostolo della carità di Cristo; è l’apostolo che è mosso da questa carità. La carità di Cristo è offerta della propria vita dall’alto dell’albero della croce. La carità di Cristo è passione, sofferenza, anelito di salvezza, consumazione d’amore, battesimo e desiderio ardente che deve compiersi in Lui perché lo Spirito del Signore irrompa nel mondo e lo convinca, illuminandolo con la luce della verità di Cristo Signore, irradiandolo con il Vangelo della grazia e della benedizione di Dio. L’amore e la carità di Cristo non solo sono dono della propria vita, sono opera concreta di annunzio, di apostolato, di missione. Sono invito concreto, specifico, fatto ad ogni cuore perché si converta, accolga l’amore misericordioso del Padre che ci ha manifestato tutto in Cristo Gesù, che è il Martire dell’amore, il Crocifisso della carità del Padre.
In questo dobbiamo tutti imparare da Paolo. La carità è prima di tutto opera di salvezza. L’opera di salvezza si compone di due momenti fondamentali, essenziali, di cui l’uno non può stare senza l’altro.
Il primo è l’annunzio di Cristo, della sua Persona, della sua Missione, di ciò che Dio ha fatto di Lui, della sua opera, della sua Parola, del suo Vangelo. Il secondo è l’invito fatto accoratamente ad ogni uomo perché accolga Cristo, si lasci lavare dal suo sangue, accolga la sua grazia, si lasci inabitare dallo Spirito Santo di Dio, entri nella comunità dei salvati e dei redenti, inizi una vita nuova, santa, intessuta di fede, di speranza, di carità.
L’amore e la carità di Cristo vogliono però che nel missionario del Vangelo, nell’apostolo di Cristo vi siano rettitudine, esemplarità, purezza di cuore, povertà in spirito, libertà dal mondo, perdono, opera di pace, sincerità, limpidezza, trasparenza.
L’apostolo di Cristo deve essere un Vangelo vivente di Cristo, come Cristo era il Vangelo vivente del Padre, anzi la Parola incarnata del Padre venuta ad abitare in mezzo a noi.
L’apostolo di Cristo deve essere la Parola fatta carne, storia, divenuta realtà visibile, tangibile, operativa, risolutrice dei problemi spirituali dell’uomo, opera di carità e di amore, via sicura, anzi infallibile, per portare ogni uomo a Cristo Signore.
Paolo è tutto questo. Chi legge la sua vita, e lui in certo modo ci aiuta a leggerla, a guardarvi dentro, si accorge che in Paolo non c’è inganno, non c’è falsità, non c’è alcun interesse personale, non c’è ricerca di se stesso. In Paolo c’è solo una volontà: quella di divenire in tutto simile a Cristo, trasparente di Cielo come Lui, portatore di verità e di grazia, albero di redenzione sull’albero del Signore Gesù.
È questa la statura morale, spirituale, ascetica del vero apostolo di Cristo Gesù. Paolo lo è e noi ringraziamo il Signore per averci dato un così fulgido modello, che ci rivela che è possibile imitare Gesù Cristo, a condizione però che si consegni tutta la vita al Padre, ricolmandola della sua obbedienza e allo Spirito Santo perché ci doni la sua forza per realizzare in ogni istante solo ciò che è gradito al Signore.
Paolo vive un amore esclusivo per Cristo Gesù. Questo stesso amore egli chiede ad ogni discepolo del suo Signore. Ognuno deve avvertire in se stesso la necessità di essere solo di Cristo, non degli idoli, non del peccato. Quando si è di Cristo Gesù, quando si appartiene alla sua verità, quando si diventa una cosa sola con lui, è obbligo di natura spirituale, che è poi partecipazione alla natura divina, rompere definitivamente con tutto ciò che non è Dio, che è contrario a Dio, che offende Dio.
In Paolo vive ancora un’altra verità che dobbiamo mettere in risalto. L’amore e la sollecitudine per tutte le chiese, si manifesta come sollecitudine per la colletta in favore della Chiesa di Gerusalemme.
La carità è universale, la carità è anche impegno concreto, soluzione pratica dei problemi degli altri, specie della loro povertà e miseria, sia spirituale, che materiale.
In questo Paolo si rivela un maestro eccellente. È maestro sublime di carità, perché lui ha davanti agli occhi sempre Cristo Gesù. Lo si è già detto. Paolo è immerso nel mistero di Gesù Signore. Dal profondo di questo mistero egli attinge ogni soluzione per la vita di verità, di carità, di speranza per se stesso, per ogni altro uomo.
La carità altro non è, non può essere, se non la riproposizione della vita di Cristo ad ogni credente perché faccia altrettanto. La carità in Paolo è perfetta imitazione di Cristo Gesù. Cristo Gesù è il dono del Padre all’umanità. Cristo Gesù si è fatto dono volontariamente per la salvezza del mondo; ha dato tutto se stesso. Il cristiano che vuole amare, deve anche lui farsi dono totale al Padre, perché il Padre lo faccia in Cristo, sotto la mozione dello Spirito Santo, dono totale per il mondo intero: nel suo corpo, nel suo spirito, nella sua anima, in tutta la sua persona, in tutte le sue cose.
Tutta questa ricchezza di verità, questo desiderio di salvezza, questo amore che è capace di perdonare chi lo ha offeso, chi lo ha denigrato, non è stato compreso dai Corinzi. Questi, sollecitati e istigati da persone che apparentemente lavoravano per Cristo Gesù, mentre in realtà operavano solo per la loro gloria e il loro tornaconto, avevano dipinto Paolo come un falsario della verità del Vangelo, un uomo di cui non ci si può fidare, un nemico della croce di Cristo.
Paolo non può tollerare che una simile calunnia avvolga la sua vita. Non per la sua vita, ma per il Vangelo di Cristo Signore. Se tutte le falsità con le quali si era infangata la sua persona fossero state vere, Cristo sarebbe risultato falso sulla sua bocca. Questo è intollerabile, perché avrebbe privato i Corinzi della vera salvezza, che è solo nel Cristo che egli annunzia e non in quello che portano avanti i “superapostoli”.
Come ultima arma di difesa, non gli resta che scendere in profondità nel mistero che avvolge la sua persona. Egli è un uomo che ha avuto da Dio la grazia di visitare il suo Cielo, di stare in Paradiso con Cristo.
I Corinzi devono credere a Paolo, perché la sua dottrina egli l’ha vista nel cielo. Lì la ha attinta. Da lì proviene. Possono essere certi. Lui è vero Apostolo del Signore, vero ministro della Nuova Alleanza, autentico proclamatore del Vangelo. Lo attesta la sua vita di sofferenze, lo conferma il Signore che a Lui si è manifestato in modo del tutto particolare.
Se vogliono, i Corinzi possono ora discernere la verità, possono sapere chi è il vero apostolo del Signore. Questo discernimento appartiene solo alla loro coscienza. Paolo non può fare altro. Per loro ha fatto veramente tutto, andando al di là di tutto ciò che gli era stato comandato di dire, di fare, di operare. La carità in lui è traboccante e nulla lui ha tralasciato perché i Corinzi potessero amare Gesù Cristo, l’Oggetto del suo Vangelo, il Fondamento e il Principio della loro salvezza.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:53. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com