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COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EBREI

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2019 14:01
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15/01/2012 15:19
 
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Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché gli è imposta una maledizione, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa’ giustizia fra i tuoi servi; condanna l'empio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l'innocente, rendendogli quanto merita la sua innocenza.
Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto dal nemico perché ha peccato contro di te, se si convertirà e loderà il tuo nome, pregherà e supplicherà davanti a te, in questo tempio, tu ascolta dal cielo, perdona il peccato del tuo popolo Israele e fallo tornare nel paese che hai concesso loro e ai loro padri.
Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, se ti pregheranno in questo luogo, loderanno il tuo nome e si convertiranno dal loro peccato perché tu li avrai umiliati, tu ascolta dal cielo e perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra, che hai dato in eredità al tuo popolo.
Quando nella regione ci sarà carestia o peste, carbonchio o ruggine, invasione di cavallette o di bruchi, quando il nemico assedierà il tuo popolo nella sua terra o nelle sue città, quando scoppierà un'epidemia o un flagello qualsiasi, ogni preghiera e ogni supplica fatta da un individuo o da tutto il tuo popolo Israele, in seguito alla prova del castigo e del dolore, con le mani tese verso questo tempio, tu ascoltala dal cielo, luogo della tua dimora e perdona, rendendo a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il cuore di ognuno, poiché solo tu conosci il cuore dei figli dell'uomo.
Fa’ sì che ti temano e camminino nelle tue vie per tutti i giorni della loro vita nel paese che hai dato ai nostri padri. Anche lo straniero, che non appartiene al tuo popolo Israele, se viene da un paese lontano a causa del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, a pregare in questo tempio, tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, e soddisfa tutte le richieste dello straniero e tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio, che io ho costruito.
Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici, seguendo la via per la quale l'avrai indirizzato, se ti pregheranno rivolti verso questa città che ti sei scelta, e verso il tempio che ho costruito al tuo nome, ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.
Quando peccheranno contro di te –non c'è, infatti, nessuno senza peccato – e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in un paese lontano o vicino, se, nel paese in cui saranno stati deportati, rientrando in se stessi, si convertiranno a te supplicandoti nel paese della loro prigionia dicendo: Abbiamo peccato, abbiamo agito da malvagi e da empi, se faranno ritorno a te con tutto il cuore e con tutta l'anima, nel paese della loro prigionia ove li avranno deportati e ti supplicheranno rivolti verso il paese che tu hai concesso ai loro padri, verso la città che ti sei scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia. Perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te.
Ora, mio Dio, i tuoi occhi siano aperti e le tue orecchie attente alla preghiera innalzata in questo luogo. Ora, alzati, Signore Dio, vieni al luogo del tuo riposo, tu e l'arca tua potente. Siano i tuoi sacerdoti, Signore Dio, rivestiti di salvezza e i tuoi fedeli esultino nel benessere. Signore Dio, non rigettare il tuo consacrato; ricordati i favori fatti a Davide tuo servo”.
Ez 40: “Al principio dell'anno venticinquesimo della nostra deportazione, il dieci del mese, quattordici anni da quando era stata presa la città, in quel medesimo giorno, la mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là.
In visione divina mi condusse nella terra d'Israele e mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città, dal lato di mezzogiorno. Egli mi condusse là: ed ecco un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare.
Quell'uomo mi disse: Figlio dell'uomo: osserva e ascolta attentamente e fa’ attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d'Israele quello che avrai visto.
Ed ecco il tempio era tutto recinto da un muro. La canna per misurare che l'uomo teneva in mano era di sei cubiti, d'un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò lo spessore del muro: era una canna, e l'altezza una canna. Poi andò alla porta che guarda a oriente, salì i gradini e misurò la soglia della porta; era una canna di larghezza. Ogni stanza misurava una canna di lunghezza e una di larghezza, da una stanza all'altra vi erano cinque cubiti: anche la soglia del portico dal lato dell'atrio della porta stessa, verso l'interno, era di una canna.
Misurò l'atrio della porta: era di otto cubiti; i pilastri di due cubiti. L'atrio della porta era verso l'interno. Le stanze della porta a oriente erano tre da una parte e tre dall'altra, tutt'e tre della stessa grandezza, come di una stessa misura erano i pilastri da una parte e dall'altra. Misurò la larghezza dell'apertura del portico: era di dieci cubiti; l'ampiezza della porta era di tredici cubiti.
Davanti alle stanze vi era un parapetto di un cubito, da un lato e dall'altro; ogni stanza misurava sei cubiti per lato. Misurò poi il portico dal tetto di una stanza al suo opposto; la larghezza era di venticinque cubiti; da un'apertura all'altra; i pilastri li calcolò alti sessanta cubiti, dai pilastri cominciava il cortile che circondava la porta.
Dalla facciata della porta d'ingresso alla facciata dell'atrio della porta interna vi era uno spazio di cinquanta cubiti. Le stanze e i pilastri avevano finestre con grate verso l'interno, intorno alla porta, come anche vi erano finestre intorno che davano sull'interno dell'atrio. Sui pilastri erano disegnate palme.
Poi mi condusse nel cortile esterno e vidi delle stanze e un lastricato costruito intorno al cortile; trenta erano le stanze lungo il lastricato. Il lastricato si estendeva ai lati delle porte per una estensione uguale alla larghezza delle porte stesse: era il lastricato inferiore. Misurò lo spazio dalla facciata della porta inferiore da oriente a settentrione alla facciata della porta interna, erano cento cubiti. Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno. Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra, i pilastri, l'atrio avevano le stesse dimensioni della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
Le finestre, l'atrio e le palme avevano le stesse dimensioni di quelle della porta che guarda a oriente. Vi si accedeva per sette scalini: l'atrio era davanti. Di fronte al portico di settentrione vi era la porta, come di fronte a quello di oriente; misurò la distanza fra portico e portico: vi erano cento cubiti. Mi condusse poi verso mezzogiorno: ecco un portico rivolto a mezzogiorno. Ne misurò i pilastri e l'atrio; avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre uguali alle altre finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
Vi si accedeva per sette gradini: il vestibolo stava verso l'interno. Sui pilastri, da una parte e dall'altra, vi erano ornamenti di palme. Il cortile interno aveva un portico verso mezzogiorno; egli misurò la distanza fra porta e porta in direzione del mezzogiorno; erano cento cubiti. Allora mi introdusse nell'atrio interno, per il portico meridionale, e misurò questo portico; aveva le stesse dimensioni.
Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le medesime misure. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza. Intorno vi erano vestiboli di venticinque cubiti di lunghezza per cinque di larghezza. Il suo vestibolo era rivolto verso l'atrio esterno; sui pilastri c'erano ornamenti di palme; i gradini per i quali si accedeva erano otto. Poi mi condusse al portico dell'atrio interno che guarda a oriente e lo misurò: aveva le solite dimensioni. Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza. Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno: sui pilastri, da una parte e dall'altra vi erano ornamenti di palme: i gradini per i quali si accedeva erano otto.
Poi mi condusse al portico settentrionale e lo misurò: aveva le solite dimensioni, come le stanze, i pilastri e l'atrio. Intorno vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza. Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno; sui pilastri, da una parte e dall'altra, c'erano ornamenti di palme: i gradini per cui vi si accedeva erano otto. C'era anche una stanza con la porta vicino ai pilastri dei portici; là venivano lavati gli olocausti.
Nell'atrio del portico vi erano due tavole da una parte e due dall'altra, sulle quali venivano sgozzati gli olocausti e i sacrifici espiatori e di riparazione. Altre due tavole erano sul lato esterno, a settentrione di chi entra nel portico, e due tavole all'altro lato presso l'atrio del portico. Così a ciascun lato del portico c'erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall'altra: otto tavole in tutto. Su di esse si sgozzavano le vittime.
C'erano poi altre quattro tavole di pietre squadrate, per gli olocausti, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito: su di esse venivano deposti gli strumenti con i quali si immolavano gli olocausti e gli altri sacrifici. Uncini d'un palmo erano attaccati all'interno tutt'intorno; sulle tavole si mettevano le carni delle offerte.
Fuori del portico interno, nell'atrio interno, vi erano due stanze: quella accanto al portico settentrionale guardava a mezzogiorno, l'altra accanto al portico meridionale guardava a settentrione. Egli mi disse: La stanza che guarda a mezzogiorno è per i sacerdoti che hanno cura del tempio, mentre la stanza che guarda a settentrione è per i sacerdoti che hanno cura dell'altare: sono essi i figli di Zadòk che, tra i figli di Levi, si avvicinano al Signore per il suo servizio.
Misurò quindi l'atrio: era un quadrato di cento cubiti di larghezza per cento di lunghezza. L'altare era di fronte al tempio.
Mi condusse poi nell'atrio del tempio e ne misurò i pilastri: erano ognuno cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra; la larghezza del portico: tre cubiti da una parte e tre cubiti dall'altra. La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti e la larghezza di dodici cubiti. Vi si accedeva per mezzo di dieci gradini; accanto ai pilastri c'erano due colonne, una da una parte e una dall'altra”.
Ez 41: “M'introdusse poi nel santuario e misurò i pilastri: erano larghi sei cubiti da una parte e sei cubiti dall'altra. La porta era larga dieci cubiti e i lati della porta cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra. Misurò quindi il santuario: era lungo quaranta cubiti e largo venti. Andò poi nell'interno e misurò i pilastri della porta, due cubiti, e la porta, sei cubiti; la larghezza della porta, sette cubiti.
Ne misurò ancora la lunghezza, venti cubiti e la larghezza, davanti al santuario, venti cubiti, poi mi disse: Questo è il Santo dei santi. Misurò poi il muro del tempio, sei cubiti; poi la larghezza dell'edificio laterale, quattro cubiti, intorno al tempio. Le celle laterali erano una sull'altra, trenta per tre piani. Per le celle all'intorno, c'erano, nel muro del tempio, rientranze in modo che fossero collegate fra di loro, ma non collegate al muro del tempio.
Salendo da un piano all'altro l'ampiezza delle celle aumentava, perciò la costruzione era più larga verso l'alto. Dal piano inferiore si poteva salire al piano di mezzo e da questo a quello più alto. Io vidi intorno al tempio una elevazione. I fondamenti dell'edificio laterale erano di una canna intera di sei cubiti. La larghezza del muro esterno dell'edificio laterale era di cinque cubiti, come quella dello spazio rimanente. Fra l'edificio laterale del tempio e le stanze c'era una larghezza di venti cubiti intorno al tempio.
Le porte dell'edificio laterale rimanevano sullo spazio libero; una porta dava a settentrione e una a mezzogiorno. Lo spazio libero era cinque cubiti tutt'intorno.
La costruzione che era di fronte allo spazio libero sul lato d'occidente, aveva settanta cubiti di larghezza; il muro della costruzione era tutt'intorno dello spessore di cinque cubiti; la sua lunghezza di novanta cubiti. Poi misurò il tempio: lunghezza cento cubiti; lo spazio libero, edificio e sue mura, anch'essi cento cubiti. La larghezza della facciata del tempio con lo spazio libero, cento cubiti. Misurò ancora la larghezza dell'edificio di fronte allo spazio libero nella parte retrostante, con le gallerie di qua e di là: era cento cubiti. L'interno del santuario, il suo vestibolo, gli stipiti, le finestre a grate e le gallerie attorno a tutti e tre, a cominciare dalla soglia, erano rivestiti di tavole di legno, tutt'intorno, dal pavimento fino alle finestre, che erano velate. Dalla porta, dentro e fuori del tempio e su tutte le pareti interne ed esterne erano dipinti cherubini e palme. Fra cherubino e cherubino c'era una palma; ogni cherubino aveva due aspetti: aspetto d'uomo verso una palma e aspetto di leone verso l'altra palma, effigiati intorno a tutto il tempio.
Da terra fino sopra la porta erano disposti cherubini e palme sulle pareti del santuario. Gli stipiti del santuario erano quadrangolari. Davanti al Santo dei santi c'era come un altare di legno, alto tre cubiti, due cubiti di lunghezza e due di larghezza. Gli angoli, la base e i lati erano di legno. Mi disse: Questa è la tavola che sta davanti al Signore.
Il santuario e il Santo dei santi avevano due porte ciascuno. Ogni porta aveva due battenti e ogni battente si ripiegava in due pezzi: due per un battente e due per l'altro. Sulle porte erano dipinti cherubini e palme come sulle pareti: un portale di legno era sulla facciata dell'atrio all'esterno. Finestre e grate e palme erano da tutt'e due le parti, ai lati del vestibolo, alle celle annesse al tempio e agli architravi”.
Ez 42: “Allora mi fece uscire nell'atrio esterno dal lato settentrionale e mi condusse all'appartamento che sta di fronte allo spazio libero prospiciente l'edificio verso settentrione. Nella facciata aveva una lunghezza di cento cubiti, verso settentrione, e cinquanta cubiti di larghezza.
Di fronte ai venti cubiti dell'atrio interno e di fronte al lastricato esterno, vi era un porticato davanti a un altro porticato a tre piani; davanti alle stanze c'era un corridoio di dieci cubiti di larghezza per cento di lunghezza: le porte delle stanze guardavano a settentrione. Le stanze superiori erano più strette delle inferiori e intermedie, perché i porticati occupavano parte dello spazio. Erano a tre piani, ma non avevano colonne come quelle degli altri, e perciò le stanze superiori erano più strette rispetto a quelle intermedie e a quelle inferiori. Il muro esterno parallelo alle stanze, dal lato del corridoio esterno, aveva, davanti alle stanze, una lunghezza di cinquanta cubiti.
Infatti la lunghezza delle stanze dell'atrio esterno era di cinquanta cubiti, mentre dal lato del tempio era di cento cubiti. In basso le stanze avevano l'ingresso rivolto verso oriente, entrando dall'atrio esterno, sulla larghezza del muro dell'atrio. A mezzogiorno, di fronte allo spazio libero e alla muraglia di cinta, c'erano stanze e, davanti ad esse, un passaggio simile a quello delle stanze poste a settentrione: la lunghezza e la larghezza erano uguali a quelle, come anche le varie uscite e le loro disposizioni; come le porte di quelle, così erano le porte delle stanze che davano a mezzogiorno; una porta era al principio dell'ambulacro, lungo il muro corrispondente, a oriente di chi entra.
Egli mi disse: Le stanze a settentrione e quelle a mezzogiorno, di fronte allo spazio libero, sono le stanze sacre, dove i sacerdoti che si accostano al Signore mangeranno le cose santissime: ivi riporranno le cose santissime, le oblazioni e le vittime di espiazione e di riparazione, perché santo è questo luogo. Quando i sacerdoti vi saranno entrati, non usciranno dal luogo santo verso l'atrio esterno, ma deporranno là le loro vesti con le quali hanno prestato servizio, perché esse sono sante: indosseranno altre vesti e così si avvicineranno al luogo destinato al popolo.
Terminato ch'egli ebbe di misurare l'interno del tempio mi condusse fuori per la porta che guarda a oriente, e misurò la cinta intorno. Misurò il lato orientale con la canna per misurare: era cinquecento canne, in canne da misura, all'intorno. Misurò il lato settentrionale: era cinquecento canne, in canne da misura, all'intorno. Misurò il lato meridionale: era cinquecento canne, con la canna da misura. Si volse al lato occidentale: misurò cinquecento canne con la canna da misura. Da quattro lati egli misurò il tempio; aveva intorno un muro lungo cinquecento canne e largo cinquecento, per separare il luogo sacro da quello profano”.
Ez 43: “Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d'Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria. La visione che io vidi era simile a quella che avevo vista quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo vista presso il canale Chebàr. Io caddi con la faccia a terra. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente.
Lo spirito mi prese e mi condusse nell'atrio interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio. Mentre quell'uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava e mi diceva: Figlio dell'uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo agli Israeliti, per sempre. E la casa d'Israele, il popolo e i suoi re, non profaneranno più il mio santo nome con le loro prostituzioni e con i cadaveri dei loro re e con le loro stele, collocando la loro soglia accanto alla mia soglia e i loro stipiti accanto ai miei stipiti, così che fra me e loro vi era solo il muro, hanno profanato il mio santo nome con tutti gli abomini che hanno commessi, perciò li ho distrutti con ira.
Ma d'ora in poi essi allontaneranno da me le loro prostituzioni e i cadaveri dei loro re e io abiterò in mezzo a loro per sempre. Tu, figlio dell'uomo, descrivi questo tempio alla casa d'Israele, perché arrossiscano delle loro iniquità; ne misurino la pianta e, se si vergogneranno di quanto hanno fatto, manifesta loro la forma di questo tempio, la sua disposizione, le sue uscite, i suoi ingressi, tutti i suoi aspetti, tutti i suoi regolamenti, tutte le sue forme e tutte le sue leggi: mettili per iscritto davanti ai loro occhi, perché osservino tutte queste norme e tutti questi regolamenti e li mettano in pratica.
Questa è la legge del tempio: alla sommità del monte, tutto il territorio che lo circonda è santissimo; ecco, questa è la legge del tempio.
Queste sono le misure dell'altare in cubiti, di un cubito e un palmo ciascuno. La base era di un cubito di altezza per un cubito di larghezza: il suo bordo intorno era un palmo. Tale lo zoccolo dell'altare. Dalla base che posava a terra fino alla piattaforma inferiore vi erano due cubiti di altezza e un cubito di larghezza: dalla piattaforma piccola alla piattaforma più grande vi erano quattro cubiti di altezza e un cubito di larghezza. Il focolare era di quattro cubiti e sul focolare vi erano quattro corni. Il focolare era dodici cubiti di lunghezza per dodici di larghezza, cioè quadrato. La piattaforma superiore era un quadrato di quattordici cubiti di lunghezza per quattordici cubiti di larghezza, con un orlo intorno di mezzo cubito, e la base, intorno, di un cubito: i suoi gradini guardavano a oriente.
Egli mi parlò: Figlio dell'uomo, dice il Signore Dio: Queste sono le leggi dell'altare, quando verrà costruito per offrirvi sopra il sangue.
Ai sacerdoti leviti della stirpe di Zadòk, che si avvicineranno a me per servirmi, tu darai parola del Signore Dio un giovenco per l'espiazione. Prenderai di quel sangue e lo spanderai sui quattro corni dell'altare, sui quattro angoli della piattaforma e intorno all'orlo. Così lo purificherai e ne farai l'espiazione. Prenderai poi il giovenco del sacrificio espiatorio e lo brucerai in un luogo appartato del tempio, fuori del santuario. Il secondo giorno offrirai, per il peccato, un capro senza difetto e farai la purificazione dell'altare come hai fatto con il giovenco. Terminato il rito della purificazione, offrirai un giovenco senza difetti e un montone del gregge senza difetti.
Tu li presenterai al Signore e i sacerdoti getteranno il sale su di loro, poi li offriranno in olocausto al Signore. Per sette giorni sacrificherai per il peccato un capro al giorno e verrà offerto anche un giovenco e un montone del gregge senza difetti. Per sette giorni si farà l'espiazione dell'altare e lo si purificherà e consacrerà. Finiti questi giorni, dall'ottavo in poi, i sacerdoti immoleranno sopra l'altare i vostri olocausti, i vostri sacrifici di comunione e io vi sarò propizio>>. Oracolo del Signore Dio”.
Ez 44: “Mi condusse poi alla porta esterna del santuario dalla parte di oriente; essa era chiusa. Mi disse: Questa porta rimarrà chiusa: non verrà aperta, nessuno vi passerà, perché c'è passato il Signore, Dio d'Israele. Perciò resterà chiusa. Ma il principe, il principe siederà in essa per cibarsi davanti al Signore; entrerà dal vestibolo della porta e di lì uscirà.
Poi mi condusse per la porta settentrionale, davanti al tempio. Guardai ed ecco la gloria del Signore riempiva il tempio. Caddi con la faccia a terra e il Signore mi disse: Figlio dell'uomo, sta’  attento, osserva bene e ascolta quanto io ti dirò sulle prescrizioni riguardo al tempio e su tutte le sue leggi; sta’  attento a come si entra nel tempio da tutti gli accessi del santuario. Riferirai a quei ribelli, alla gente d'Israele: Così dice il Signore Dio: Troppi sono stati per voi gli abomini, o Israeliti! Avete introdotto figli stranieri, non circoncisi di cuore e non circoncisi di carne, perché stessero nel mio santuario e profanassero il mio tempio, mentre mi offrivate il mio cibo, il grasso e il sangue, rompendo così la mia alleanza con tutti i vostri abomini. Non vi siete presi voi la cura delle mie cose sante ma avete affidato loro, al vostro posto, la custodia del mio santuario.
Così dice il Signore Dio: Nessuno straniero, non circonciso di cuore, non circonciso nella carne, entrerà nel mio santuario, nessuno di tutti gli stranieri che sono in mezzo agli Israeliti. Anche i leviti, che si sono allontanati da me nel traviamento d'Israele e hanno seguito i loro idoli, sconteranno la propria iniquità; serviranno nel mio santuario come guardie delle porte del tempio e come servi del tempio; sgozzeranno gli olocausti e le vittime del popolo e staranno davanti ad esso pronti al suo servizio.
Poiché l'hanno servito davanti ai suoi idoli e sono stati per la gente d'Israele occasione di peccato, perciò io ho alzato la mano su di loro parola del Signore Dio ed essi sconteranno la loro iniquità. Non si avvicineranno più a me per servirmi come sacerdoti e toccare tutte le mie cose sante e santissime, ma sconteranno la vergogna degli abomini che hanno compiuti. Affido loro la custodia del tempio e ogni suo servizio e qualunque cosa da compiere in esso.
I sacerdoti leviti figli di Zadòk, che hanno osservato le prescrizioni del mio santuario quando gli Israeliti si erano allontanati da me, si avvicineranno a me per servirmi e staranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue. Parola del Signore Dio. Essi entreranno nel mio santuario e si avvicineranno alla mia tavola per servirmi e custodiranno le mie prescrizioni. Quando entreranno dalle porte dell'atrio interno, indosseranno vesti di lino; non porteranno alcun indumento di lana, quando essi eserciteranno il ministero alle porte dell'atrio interno e nel tempio. Porteranno in capo turbanti di lino e avranno mutande ai fianchi: non si cingeranno di quanto provochi il sudore. Quando usciranno nell'atrio esterno verso il popolo, si toglieranno le vesti con le quali hanno ufficiato e le deporranno nelle stanze del santuario: indosseranno altre vesti per non comunicare con esse la consacrazione al popolo. Non si raderanno il capo, né si lasceranno crescere la chioma, ma avranno i capelli normalmente tagliati. Nessun sacerdote berrà vino quando dovrà entrare nell'atrio interno. Non prenderanno in sposa una vedova, né una ripudiata, ma solo una vergine della stirpe d'Israele: potranno sposare però una vedova, se è la vedova di un sacerdote.
Indicheranno al mio popolo ciò che è santo e ciò che è profano e gli insegneranno ciò che è mondo e ciò che è immondo. Nelle liti essi saranno i giudici e decideranno secondo le mie leggi. In tutte le mie feste osserveranno le mie leggi e i miei statuti e santificheranno i miei sabati. Nessuno di essi si avvicinerà a un cadavere per non rendersi immondo, ma potrà rendersi immondo per il padre, la madre, un figlio, una figlia, un fratello o per una sorella non maritata: dopo essersi purificato, gli si conteranno sette giorni e quando egli rientrerà nel luogo santo, nell'atrio interno per servire nel santuario, offrirà il suo sacrificio espiatorio. Parola del Signore Dio.
Essi non avranno alcuna eredità. Io sarò la loro eredità: non sarà dato loro alcun possesso in Israele; io sono il loro possesso. Saranno loro cibo le oblazioni, i sacrifici espiatori, i sacrifici di riparazione; apparterrà loro quanto è stato votato allo sterminio in Israele. La parte migliore di tutte le vostre primizie e ogni specie di offerta apparterranno ai sacerdoti: così darete al sacerdote le primizie dei vostri macinati, per far posare la benedizione sulla vostra casa. I sacerdoti non mangeranno la carne di alcun animale morto di morte naturale o sbranato, di uccelli o di altri animali”.
Si è voluto riportare tutto ciò che riguardava il tempio e l’esercizio del culto, prima perché ognuno fosse messo in condizione di farsi un giudizio da se stesso sulla complessità del culto e sulla sua altissima sacralità.
In secondo luogo perché ognuno comprendesse la libertà cui ora Cristo ci chiama. La libertà è questa: tutto ora è nell’uomo, perché con Cristo tutto è nell’uomo e niente è fuori dell’uomo.
La nostra fede non ha templi esterni, non ha culto esterno, non ha forme esterne.
Il culto è quello di Cristo, lo stesso, identico, senza alcuna differenza: l’offerta in Lui di noi stessi, di tutto noi stessi, fino al martirio, atto supremo del culto dell’uomo, nella consacrazione della propria vita a Lui, per attestare che Lui solo è il Signore e Dio della nostra vita, cui va tutta la nostra obbedienza.
Tempio nuovo di Dio è il cristiano e dovunque c’è un cristiano, lì è il tempio di Dio, lì abita Dio, lì si possono celebrare i sacramenti. Questo non significa che non possono esistere luoghi in cui i cristiani possono riunirsi insieme. Così attestano gli Atti degli Apostoli: “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2,42-45).
Con la Nuova Alleanza, tutto questo mondo finisce. È dichiarato nullo da Dio. Finisce cioè quanto è riportato nei vv. 1-5: “Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza. E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione”.
[6]Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto; [7]nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo.
Circa questa prescrizione, ecco il testo nella sua interezza. Anche di questa complessità è giusto che ognuno si faccia una sua propria idea. Anche questa prescrizione è stata abolita per sempre.
Lev 16: “Il Signore parlò a Mosè dopo che i due figli di Aronne erano morti mentre presentavano un'offerta davanti al Signore. Il Signore disse a Mosè: Parla ad Aronne, tuo fratello, e digli di non entrare in qualunque tempo nel santuario, oltre il velo, davanti al coperchio che è sull'arca; altrimenti potrebbe morire, quando io apparirò nella nuvola sul coperchio.
Aronne entrerà nel santuario in questo modo: prenderà un giovenco per il sacrificio espiatorio e un ariete per l'olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino, indosserà sul corpo i calzoni di lino, si cingerà della cintura di lino e si metterà in capo il turbante di lino. Sono queste le vesti sacre che indosserà dopo essersi lavato la persona con l'acqua. Dalla comunità degli Israeliti prenderà due capri per un sacrificio espiatorio e un ariete per un olocausto.
Aronne offrirà il proprio giovenco in sacrificio espiatorio e compirà l'espiazione per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri e li farà stare davanti al Signore all'ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti per vedere quale dei due debba essere del Signore e quale di Azazel. Farà quindi avvicinare il capro che è toccato in sorte al Signore e l'offrirà in sacrificio espiatorio;
invece il capro che è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti al Signore, perché si compia il rito espiatorio su di lui e sia mandato poi ad Azazel nel deserto.
Aronne offrirà dunque il proprio giovenco in sacrificio espiatorio per sé e, fatta l'espiazione per sé e per la sua casa, immolerà il giovenco del sacrificio espiatorio per sé. Poi prenderà l'incensiere pieno di brace tolta dall'altare davanti al Signore e due manciate di incenso odoroso polverizzato; porterà ogni cosa oltre il velo. Metterà l'incenso sul fuoco davanti al Signore, perché la nube dell'incenso copra il coperchio che è sull'arca e così non muoia.
Poi prenderà un po’ di sangue del giovenco e ne aspergerà con il dito il coperchio dal lato d'oriente e farà sette volte l'aspersione del sangue con il dito, davanti al coperchio. Poi immolerà il capro del sacrificio espiatorio, quello per il popolo, e ne porterà il sangue oltre il velo; farà con questo sangue quello che ha fatto con il sangue del giovenco: lo aspergerà sul coperchio e davanti al coperchio. Così farà l'espiazione sul santuario per l'impurità degli Israeliti, per le loro trasgressioni e per tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda del convegno che si trova fra di loro, in mezzo alle loro impurità.
Nella tenda del convegno non dovrà esserci alcuno, da quando egli entrerà nel santuario per farvi il rito espiatorio, finché egli non sia uscito e non abbia compiuto il rito espiatorio per sé, per la sua casa e per tutta la comunità d'Israele.
Uscito dunque verso l'altare, che è davanti al Signore, compirà il rito espiatorio per esso, prendendo il sangue del giovenco e il sangue del capro e bagnandone intorno i corni dell'altare. Farà per sette volte l'aspersione del sangue con il dito sopra l'altare; così lo purificherà e lo santificherà dalle impurità degli Israeliti. Quando avrà finito l'aspersione per il santuario, per la tenda del convegno e per l'altare, farà accostare il capro vivo.
Aronne poserà le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra di esso tutte le iniquità degli Israeliti, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati e li riverserà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di ciò, lo manderà via nel deserto. Quel capro, portandosi addosso tutte le loro iniquità in una regione solitaria, sarà lasciato andare nel deserto.
Poi Aronne entrerà nella tenda del convegno, si toglierà le vesti di lino che aveva indossate per entrare nel santuario e le deporrà in quel luogo. Laverà la sua persona nell'acqua in luogo santo, indosserà le sue vesti e uscirà ad offrire il suo olocausto e l'olocausto del popolo e a compiere il rito espiatorio per sé e per il popolo. E farà ardere sull'altare le parti grasse del sacrificio espiatorio.
Colui che avrà lasciato andare il capro destinato ad Azazel si laverà le vesti, laverà il suo corpo nell'acqua; dopo, rientrerà nel campo. Si porterà fuori del campo il giovenco del sacrificio espiatorio e il capro del sacrificio, il cui sangue è stato introdotto nel santuario per compiere il rito espiatorio, se ne bruceranno nel fuoco la pelle, la carne e gli escrementi. Poi colui che li avrà bruciati dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi il corpo nell'acqua; dopo, rientrerà nel campo.
Questa sarà per voi una legge perenne: nel settimo mese, nel decimo giorno del mese, vi umilierete, vi asterrete da qualsiasi lavoro, sia colui che è nativo del paese, sia il forestiero che soggiorna in mezzo a voi. Poiché in quel giorno si compirà il rito espiatorio per voi, al fine di purificarvi; voi sarete purificati da tutti i vostri peccati, davanti al Signore.
Sarà per voi un sabato di riposo assoluto e voi vi umilierete; è una legge perenne. Il sacerdote che ha ricevuto l'unzione ed è rivestito del sacerdozio al posto di suo padre, compirà il rito espiatorio; si vestirà delle vesti di lino, delle vesti sacre. Farà l'espiazione per il santuario, per la tenda del convegno e per l'altare; farà l'espiazione per i sacerdoti e per tutto il popolo della comunità. Questa sarà per voi legge perenne: una volta all'anno, per gli Israeliti, si farà l'espiazione di tutti i loro peccati”. E si fece come il Signore aveva ordinato a Mosè.
Altra osservazione – oltre quella della totale abolizione di ognuna di queste norme – è la seguente: tutto questo si può comprendere solo se si accoglie la storicità dell’uomo assieme all’altra verità che: Dio opera con l’uomo storico, fatto di tradizioni, immerso in usi e costumi da lui stesso pensati, istituiti, immaginati.
Dio non abolisce la storicità dell’uomo, la purifica, la eleva, le dona un significato di salvezza.
Verità da tenere sempre presente è anche questa: una norma assai semplice e pura all’origine, a causa del peccato dell’uomo e della sua mentalità intrisa di errore e di tanta idolatria, può anche impossessarsi della verità santa di Dio e rovinarla, confonderla, mescolarla con il suo vizio.
Per questo è necessaria la perenne azione dello Spirito Santo che conduca la Chiesa verso la verità tutta intera e giorno per giorno liberi lo stesso cristiano da tutte le sovrastrutture con le quali ha reso irriconoscibile il Vangelo di Dio.
Il peccato dell’uomo si è intromesso, si intromette, si intrometterà sempre nella bellezza e nella purezza della verità di Dio, del suo Vangelo, per corromperlo.
Il peccato ha tanta potenza da annullare, vanificare, eludere lo stesso comandamento di Dio, il suo Vangelo e fare tutto questo in nome di Dio e del Vangelo.
Ce lo insegna Cristo Gesù nel capitolo 7 del Vangelo secondo Marco (7,1-23):
“Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame quei farisei e scribi lo interrogarono: Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?
Ed egli rispose loro: Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.
E aggiungeva: Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte. Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte.
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo.
Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola. E disse loro: Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna? Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo”.
Fino all’ultimo uomo che nascerà sulla nostra terra, ci sarà sempre il peccato dell’uomo che tenterà di oscurare la bellezza santissima e purissima del Vangelo di Dio. In questa tentazione cadono moltissimi figli della Chiesa.
La storicità dell’uomo messa nelle mani di Dio e a Lui affidata con vero atto di consegna alla sua volontà, porta l’uomo verso una novità sempre più grande che è il compimento in lui della verità tutta intera verso cui chiama e conduce lo Spirito del Signore.
La storicità dell’uomo, messa nelle mani dell’uomo e affidata al suo peccato, lo conduce e lo spinge verso tutto ciò che è vecchio ed esteriore allo stesso uomo.
La novità dell’uomo è l’uomo nuovo, non le cose nuove che Lui fa. La novità dell’uomo nella creazione dell’uomo è opera solo dello Spirito di Dio.
Ogni cosa che l’uomo fa e che è fuori di sé, deve esprimere sempre la sua novità. Poiché la novità dell’uomo non è una cosa acquisita, ma sempre da acquisire, ognuno è obbligato a lasciare ciò che è di ieri, perché oggi assuma la veste della bellezza della grazia e della verità che lo Spirito Santo ha preparato per lui, perché la indossi e mostri al mondo intero la bellezza di Dio che opera cose nuove, cioè sante, attraverso di lui.
[8]Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda.
Rileggiamo ancora una volta l’intera argomentazione dell’Autore dal v.1 al v. 7 e troveremo la spiegazione a quanto ci vuole dire con questo v. 8:
“Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza. E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione. Di tutte queste cose non è necessario ora parlare nei particolari. Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto; nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo”.
C’è una prima Tenda: “Nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo”.
C’è una seconda Tenda: “Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza”.
L’Autore ora dice: “Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda”.
Se intendiamo per prima Tenda tutto l’Antico Testamento e per seconda Tenda il santuario del cielo, l’interpretazione diviene chiara, semplice, vera: finché dura la prima l’alleanza non è possibile per alcuno entrare nel Santuario del Cielo.
Dio cosa fa? Abolisce la prima l’Alleanza con tutto ciò che ad essa è legato e da essa dipende, e apre la via del Santuario del Cielo.
Apre cioè la via al Nuovo Culto, alla Nuova Realtà che dal Culto Nuovo scaturisce.
Questa interpretazione è suffragata dallo stesso Autore che così dice ai versetti seguenti (9 e 10):
[9]Essa infatti è una figura per il tempo attuale, offrendosi sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l'offerente, [10]trattandosi solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.
La Tenda, che in senso allargato è tutto l’Antico Testamento e in modo particolare il culto e il sacerdozio, è solamente una figura, non la realtà cui chiama il Signore e verso cui conduce.
Perché è una figura e non la realtà?
L’Autore lo dice con queste brevi aggiunte di chiarificazione:
Perché “venivano offerte sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l'offerente”
Perché “si trattava solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate”.
Come si può constatare le due aggiunte di chiarificazione dicono tutta l’inefficacia del culto che si offriva nell’Antica Alleanza.
I motivi dell’inefficacia sono due:
Le offerte che venivano fatte non rendevano perfetto nella sua coscienza l’offerente. Non potevano renderlo. Mai avrebbero potuto.
Le offerte e i sacrifici erano prescrizioni umane. Queste avevano un’unica validità, ma solo momentanea.
La loro validità era questa: atto di adorazione e di confessione del nome di Dio Santo, anzi Santissimo, che manifestava tutta la divina Trascendenza in mezzo al suo popolo.
Inoltre l’Autore aggiunge che tutte queste prescrizioni erano in se stessa transitorie. Sarebbero servite per accompagnare l’uomo solo per un tratto di strada. Finito questo tratto, sarebbero dovute essere abbandonate, per assumere il Nuovo Culto, il Nuovo Sacerdozio, la Nuova Realtà che genera l’Uomo Nuovo, in tutto perfetto nella coscienza, secondo la volontà di Dio.
Ancora una volta riemerge che tutto ciò che è fuori dell’uomo non rinnova l’uomo. Tutto ciò che è fuori di Dio neanche rinnova l’uomo.
L’uomo è rinnovato se riportato in Dio. Si riporta l’uomo in Dio, riportando Dio nell’uomo. Riportando, o portando, non la sua volontà, ma la sua natura.
In questo senso si comprende il processo stesso dell’Incarnazione. Con essa Dio porta la natura umana in Sé, la costituisce parte di Sé, parte della Persona preesistente del Figlio.
Nella Persona del Figlio tutta la natura umana è riportata in Dio e Dio nella natura umana.
Tutto l’uomo in Cristo è dato a Dio e tutto Dio si dona all’uomo. In Cristo c’è il sacrificio di Dio per l’uomo, ma c’è anche il sacrificio dell’uomo per il Suo Dio.
È questo il vero culto, il nuovo culto. Diventando in Cristo un solo corpo, l’uomo è messo nella nuova condizione di poter offrire il vero sacrificio al Padre, il sacrificio di Cristo, attraverso il suo corpo.
Così nel corpo di ogni cristiano ancora una volta tutto Cristo si offre a Dio e all’uomo, si offre per la gloria di Dio e per la salvezza dell’umanità.
È il culto che non è fuori dell’uomo, ma nell’uomo: volontà, sentimenti, cuore, spirito, mente, corpo, anima, tutto è dato al Padre, tutto consegnato a Lui, tutto a Lui sacrificato.
È questa la purificazione della coscienza: togliere la propria vita a se stessi e consegnarla interamente a Dio, per il compimento della sua volontà in noi.
L’offerta antica manifestava questa esigenza, ma non la compiva. La manifestava nell’offerta dell’animale e nel suo sacrificio, ma non la trasformava in realtà, perché l’uomo non era capace ancora di offrire se stesso.
Non era capace perché ancora non inserito pienamente in Cristo, nel suo Sacerdozio, nel quale solo è possibile compiere l’oblazione di sé, di tutto se stesso, nel perfetto compimento della volontà del Padre.
La volontà del Padre è una sola: l’offerta di noi stessi a Lui, la consegna della nostra vita alla sua divina Maestà. In questa consegna è la salvezza, perché solo questa consegna è sacrificio gradito a Dio che produce frutti di vera novità a favore del mondo intero. In questa logica è possibile comprendere il sacrificio richiesto ad Abramo.
Cosa chiede il Signore ad Abramo? Chiede che consegni tutto se stesso a Lui: il suo presente, il suo passato, il suo futuro. È questa la fede di cui si parlerà nei capitoli che seguiranno.
Ma è anche questa la fede che è richiesta a questi uomini e a queste donne cui è indirizzata la Lettera.
Essi sono chiamati a consegnare la loro vita alla Nuova Realtà che Dio vuole creare in loro per mezzo di Colui che Lui stesso ha costituito sommo ed eterno sacerdote della Nuova Alleanza.
Se non fanno questo passaggio, loro rimangono in tutto ciò che era già destinato a perire fin dal suo sorgere, essendo solo figura e non realtà, e che con l’avvento della realtà di Cristo è già sparito.
Non è più neanche figura, perché ormai brilla la luce radiosa della realtà che è Gesù Signore.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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