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COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EBREI

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2019 14:01
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13/01/2012 23:05
 
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PERPETUITÀ DEL SACERDOZIO DI CRISTO
[26]Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli;
Ora l’Autore ci dice chi è in verità Cristo Gesù. Finora si è limitato a parlarci del suo sacerdozio eterno alla maniera di Melchisedek.
Ora è il momento di presentarci la persona del sacerdote.
La prima verità che afferma è questa: ciò che lui sta per dire sono le qualità del vero sacerdote. Dicendo questo, dice che quanti erano stati sacerdoti fino al presente, non erano “veri” sacerdoti. Trattasi di verità “ontologica”, non di verità “ministeriale”.
Quanto al ministero che esercitavano era “vero”, “vera” secondo la perfezione ontologica richiesta non era però la persona. “Vero” per potenza di efficacia di grazia e di santificazione non era il culto da essi esercitato. È questo il motivo per cui l’autore dice: “tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva”. Quale sommo sacerdote ci occorreva? L’Autore ci offre le qualità morali e anche ontologiche che deve possedere il sommo sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza.
Esse necessitano di essere esaminate una per una, perché sono qualità morali ed ontologiche che devono esistere anche nel sacerdozio ministeriale, essendo richiesta la perfetta corrispondenza tra il Sacerdozio di Cristo Gesù e l’altro sacerdozio, quello ministeriale.
Santo: La santità di Cristo non è solamente morale, cioè pieno compimento della volontà del Padre. Questa santità è il frutto dell’altra santità, quella ontologica che è piena e perfetta partecipazione della natura divina.
Cristo Gesù è Dio nella Persona e nella natura divina. È vero uomo nella sua natura umana, legata indissolubilmente alla Persona divina, in quanto è la Persona divina che si è fatta carne, che è divenuta uomo.
La natura umana è resa partecipe della natura divina in modo eccelso, il più alto modo possibile e questa partecipazione dalla teologia è anche chiamata grazia di unione. La natura umana è “parte” della Persona, che è preesistente alla stessa Incarnazione – è infatti la Persona preesistente che si incarna – è in quanto parte, partecipa in un modo eccellente della natura divina.
Questa santità di grazia, di verità, di nuova essenza è trasformata tutta in santificazione, attraverso una crescita costante in sapienza e grazia che caratterizza tutta la vita di Gesù Signore.
Santo per natura, santo per vocazione, santo per obbedienza. In Cristo non conosciamo neanche un piccolissimo peccato veniale. Lui è stato sempre e tutto del Padre, in ogni momento, in ogni cosa, in ogni circostanza, da sempre e per sempre egli è tutto del Padre, sia nella sua Persona divina che nella sua Persona divina incarnata.
Innocente: L’innocenza di Cristo è l’assenza in Lui di ogni peccato veniale. Mai Gesù ha conosciuto la colpa né in parole, né in opere, né in pensieri, né in omissioni. Egli è rimasto sempre nella più pura e più perfetta obbedienza al Padre suo.
Anche la sua innocenza, prima che morale, è ontologica. È concepimento senza peccato originale, è pienezza di grazia fin dal primo istante del suo esistere come vero uomo. Veramente Gesù non ha conosciuto il peccato, mai, di nessun genere, in nessun modo.
Senza macchia: L’impeccabilità di Cristo non è per dono di natura, o semplicemente perché partecipava della grazia di unione ed era reso fin da sempre partecipe della divina natura.
Dai Vangeli sappiamo che anche Lui veniva tentato, che superò ogni genere di tentazione, che mai si lasciò condizionare dalle astuzie di satana, che portò il suo corpo sulla croce per non peccare di menzogna dinanzi a Pilato e ai Sommi Sacerdoti, per non dire dinanzi a loro neanche una parola che non fosse la più pura e assoluta verità.
Cristo Gesù è senza macchia per volontà, perché si oppose a satana, vincendolo, svelando la sua tentazione, rifiutandosi sempre di prestare ascolto alla sua seduzione e al suo inganno.
Anche in questo caso l’impeccabilità di Cristo è duplice: per natura e per volontà. L’impeccabilità per volontà rende stabile in eterno l’impeccabilità di natura.
Separato dai peccatori: La separazione dai peccatori non è né di giudizio, né di condanna, né di allontanamento fisico. Lui si separa dai peccatori perché si separa dal loro peccato, non lo conosce, non lo vuole conoscere.
In tal senso egli è separato, perché mai è entrato in comunione di peccato con un peccatore. È la sua santità che lo separa dai peccatori. Santità e peccato si separano vicendevolmente. Dove c’è la santità non può esistere il peccato e dove c’è il peccato non esiste la santità.
Quella di Cristo non è però separazione fisica, alla maniera di quella dei farisei. Cristo Gesù frequenta i peccatori, ma per attrarli nella sua verità e nella sua grazia, per insegnare loro come si vince il peccato e come si entra nella verità di Dio. Li frequenta per separarli dal peccato, per attrarli nel Vangelo.
Elevato sopra i cieli: L’elevazione sopra i cieli, anche questa, non è solamente morale, come può avvenire con i santi, la cui anima e il cui pensiero spesso è nel cielo.
L’elevazione sopra i cieli è “fisica”, del corpo ed è perenne. Cristo Gesù grazie al suo sangue versato è entrato una volta per tutte nella tenda del cielo, è presso Dio, è fisicamente presso Dio, perché la sua natura fisica, corporea, anche se trasformata interamente in spirito è presso Dio. Presso Dio, più che Aronne nella tenda del convegno, vive il suo sacerdozio per noi, per la nostra redenzione eterna.
[27]egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso.
Ancora un’altra differenza tra il sacerdozio alla maniera di Cristo e quello alla maniera di Aronne.
I sommi sacerdoti dell’Antica Alleanza ogni giorno offrivano sacrifici prima per se stessi, per le loro colpe e poi per le colpe di tutto il popolo.
Prima si purificavano e poi purificavano gli altri, tutto il popolo e questa ritualità la esercitavano ogni giorno.
Cristo Gesù non ha bisogno si offrire sacrifici per se stesso, invece offre se stesso in sacrificio e questo lo fa una volta per sempre, per tutte.
Un unico sacrificio, fatto una volta per tutte, offrendo se stesso per la remissione dei peccati, per la Nuova ed Eterna Alleanza: questa l’unicità e la specificità, l’essenza vera del sacrificio di Cristo.
Un solo sacrificio, una sola espiazione, una sola redenzione: nell’offerta che Cristo ha fatto di se stesso al padre una volta per tutte è contenuta la salvezza del mondo intero. Tutta l’umanità da Adamo all’ultimo uomo che verrà sulla terra sarà salvato, se lo vuole, grazie solamente a quest’unico sacrificio di Cristo Gesù, grazie al suo sangue versato e al suo corpo spezzato per la remissione dei peccati e per la stipula della Nuova Alleanza nel suo sangue.
È giusto chiedersi cosa dona tanta efficacia al sacrificio di Cristo e la risposta non può essere che una sola:
L’efficacia viene dalla Persona. La Persona che si offre è Dio. È Dio che sulla croce si offre, perché chi è crocifissa è la Persona Divina, è Dio che pende dalla croce, anche se pende nel suo corpo nato dalla Vergine Maria. Dio si offre offrendo a Dio il suo corpo, la sua vita, versando il suo sangue, corpo e sangue che sono della sua Persona divina, anche se parti della sua natura umana.
Per la salvezza non c’è più bisogno di nessun altro sacrificio. Per la santificazione della persona e del mondo intero è necessario ed è richiesto invece il sacrificio di ogni singolo cristiano.
[28]La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all'umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce il Figlio che è stato reso perfetto in eterno.
Ancora sulla differenza del sacerdozio di questo da quello dell’Antica Legge.
Con Aronne, i sacerdoti erano uomini nati dalla carne di Adamo, carne di peccato, tendente al peccato, avvolta di fragilità e debolezza.
Questo è lo stato spirituale dell’umanità. Questa debolezza e fragilità è per ogni uomo. Lo confessa Davide nell’Antico Testamento, lo afferma Paolo nel Nuovo.
Di Davide si è già parlato quando si è riportato il Salmo 50, nel quale è detto espressamente: “Nel peccato mi ha concepito mia madre”. Il Peccato è quello originale, che causa come una malattia nella nostra natura umana, una “umana fragilità”. Tutto l’uomo è avvolto da questa umana fragilità: nell’anima, nello spirito, nel corpo.
La stessa cosa dice Paolo, indicando però la via della perfetta guarigione, che è data grazie allo Spirito di Cristo Gesù. Ascoltiamo nella sua argomentazione riportata al c. 7 della Lettera ai Romani:
“O forse ignorate, fratelli parlo a gente esperta di legge che la legge ha potere sull'uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito. Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo. Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla legge, per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio.
Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera. Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la legge infatti il peccato è morto e io un tempo vivevo senza la legge. Ma, sopraggiunto quel comandamento, il peccato ha preso vita e io sono morto; la legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte. Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! E` invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.
Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato.
È questa l’umana fragilità, sorta in noi dopo il primo peccato. Da questa fragilità ci libera il Signore, per mezzo del Suo Santo Spirito che ci dona in Cristo Gesù.
Questa umana fragilità non consente di portare nessuna cosa alla perfezione. L’uomo imperfetto non può fare cose perfette. La natura fragile non può offrire al Signore un sacrificio senza macchia, puro, santo.
Dio, nella sua infinita ed eterna misericordia ha pensato fin da sempre come portare a compimento di perfezione ogni cosa: manda nella nostra carne il suo Figlio Unigenito, mandandolo però in una carne santa, pura, senza macchia, innocente.
Il sacerdozio alla maniera di Aronne era solo una figura, non la realtà del vero sacerdozio.
La realtà del vero sacerdozio è Cristo, sommo sacerdote dei beni eterni, di un’alleanza migliore, promesso con giuramento da Dio, non simile ad Aronne, ma alla maniera di Melchisedek, investendolo di un sacerdozio eterno.
Questa investitura è posteriore alla Legge, data con Mosè. Essa è per giuramento, quindi irrevocabile in eterno.
Questa parola del giuramento costituisce il Figlio vero Sacerdote. Alla verità del suo Sacerdozio, alla sua eternità, si aggiunge anche la perfezione.
Il Sacerdozio di Cristo è vero, eterno, perfetto. È vero, eterno e perfetto non perché è un sacerdozio nuovo, ma perché nuova è la Persona che è investita di tanto sacerdozio.
La Persona è il Figlio di Dio, il Suo Figlio unigenito, quello che Dio stesso ha generato nell’eternità e che nel tempo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria.
Il Suo Sacerdozio è eterno perché Lui è eterno, immortale.
È vero sacerdozio perché l’offerta che Lui offre è se stesso nella sua verità di santità e di obbedienza.
È perfetto perché donandosi tutto al Padre nella sua umanità e nella sua divinità, niente più deve essere donato. Tutto è stato dato, perché sulla croce è tutta la persona che si dona e la Persona è il Figlio di Dio, è Dio.
È un’eternità divina ed umana insieme.
È una verità divina ed umana insieme.
È una perfezione divina ed umana insieme.
Nulla più si deve aggiungere. Tutto è compiuto, tutto è offerto, tutto è dato, tutto è consegnato, tutto è sacrificato.
Vero olocausto, vera consumazione, perfetto dono, perfetto sacrificio, perché offerto nella santità di Dio e dell’uomo insieme.
È differenza sostanziale – la sostanza è ontologica, non soltanto di perfezione morale, perché è sostanza di Dio – tra il sacerdozio di Cristo e quello vissuto da Aronne.
Al di là di tutto: quello di Aronne era anche fuori di lui. Quello di Cristo è tutto in Lui. Niente è fuori di Cristo in Cristo. Tutto è fuori di Aronne in Aronne e anche questa è differenza sostanziale.
Aronne offre un animale. Cristo offre se stesso, vero sacrificio, vera offerta, vera consumazione in onore e per la gloria del Padre suo.
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