È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EBREI

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2019 14:01
Autore
Stampa | Notifica email    
11/01/2012 12:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

CAPITOLO QUINTO


CRISTO VERO PONTEFICE
[1]Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Viene definito in questo versetto qual è il ministero del sommo sacerdote.
Prima di tutto viene affermato che ogni sommo sacerdote è preso fra gli uomini. Egli è uomo fra gli uomini, fratello tra i fratelli, figlio di Adamo tra i figli di Adamo.
Viene qui espressa la sua appartenenza alla natura umana, che è il dato costitutivo del suo essere sommo sacerdote.
Nessuno si fa sommo sacerdote. Il sommo sacerdote viene fatto. Anche questo è dato essenziale del suo essere.
Precisate queste due verità – vera umanità e vera chiamata, o elezione – è detto cosa fa un sommo sacerdote.
Egli vive il suo ministero per il bene degli uomini. Il suo è ministero non a servizio, o a beneficio della Sua persona, bensì per il bene dei suoi fratelli. Egli vive in funzione dei suoi fratelli. Egli è per gli altri, non per se stesso.
Questa verità primaria della sua vocazione e del suo ministero. La sua è una vita consacrata al bene dei fratelli.
Qual è il bene dei fratelli? Non certo quello materiale. È invece il bene spirituale. È il bene nelle cose che riguardano Dio.
Lui è per questo bene. Altri si dedicheranno ad ogni altro bene. Lui non può, non deve, perché è costituito per il bene dei fratelli nelle cose che riguardano Dio.
Ora viene indicato uno di questi beni. Non è l’unico, non è l’esclusivo, ma è essenziale: offrire sacrifici e olocausti per i peccati.
Egli è chiamato ad essere strumento di riconciliazione tra Dio e l’uomo. A Dio deve offrire il sacrificio espiatorio per il perdono dei peccati; all’uomo deve offrire da parte di Dio il suo perdono, la sua misericordia, la sua benevolenza.
Egli è visto in questo primo versetto come un intercessore, uno che sta di fronte a Dio in favore del popolo.
C’è un Salmo che ci presenta un’immagine viva di questa intercessione. È una intercessione di preghiera ed è di Mosè, che non è sacerdote, ma vive una particolare mediazione di salvezza.
Così il Salmo 105: “Alleluia. Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia. Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? Beati coloro che agiscono con giustizia e praticano il diritto in ogni tempo. Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza, perché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo della gioia del tuo popolo, ci gloriamo con la tua eredità. Abbiamo peccato come i nostri padri, abbiamo fatto il male, siamo stati empi. I nostri padri in Egitto non compresero i tuoi prodigi, non ricordarono tanti tuoi benefici e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso. Ma Dio li salvò per il suo nome, per manifestare la sua potenza. Minacciò il mar Rosso e fu disseccato, li condusse tra i flutti come per un deserto; li salvò dalla mano di chi li odiava, li riscattò dalla mano del nemico. L'acqua sommerse i loro avversari; nessuno di essi sopravvisse.
Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Ma presto dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo disegno, arsero di brame nel deserto, e tentarono Dio nella steppa. Concesse loro quanto domandavano e saziò la loro ingordigia.
Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti, e di Aronne, il consacrato del Signore. Allora si aprì la terra e inghiottì Datan, e seppellì l'assemblea di Abiron. Divampò il fuoco nella loro fazione e la fiamma divorò i ribelli.
Si fabbricarono un vitello sull'Oreb, si prostrarono a un'immagine di metallo fuso; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia fieno. Dimenticarono Dio che li aveva salvati, che aveva operato in Egitto cose grandi, prodigi nel paese di Cam, cose terribili presso il mar Rosso. E aveva già deciso di sterminarli, se Mosè suo eletto non fosse stato sulla breccia di fronte a lui, per stornare la sua collera dallo sterminio.
Rifiutarono un paese di delizie, non credettero alla sua parola. Mormorarono nelle loro tende, non ascoltarono la voce del Signore. Egli alzò la mano su di loro giurando di abbatterli nel deserto, di disperdere i loro discendenti tra le genti e disseminarli per il paese. Si asservirono a Baal-Peor e mangiarono i sacrifici dei morti, provocarono Dio con tali azioni e tra essi scoppiò una pestilenza. Ma Finees si alzò e si fece giudice, allora cessò la peste e gli fu computato a giustizia presso ogni generazione, sempre.
Lo irritarono anche alle acque di Meriba e Mosè fu punito per causa loro, perché avevano inasprito l'animo suo ed egli disse parole insipienti. Non sterminarono i popoli come aveva ordinato il Signore, ma si mescolarono con le nazioni e impararono le opere loro. Servirono i loro idoli e questi furono per loro un tranello. Immolarono i loro figli e le loro figlie agli dei falsi. Versarono sangue innocente, il sangue dei figli e delle figlie sacrificati agli idoli di Canaan; la terra fu profanata dal sangue, si contaminarono con le opere loro, si macchiarono con i loro misfatti. L'ira del Signore si accese contro il suo popolo, ebbe in orrore il suo possesso; e li diede in balìa dei popoli, li dominarono i loro avversari, li oppressero i loro nemici e dovettero piegarsi sotto la loro mano. Molte volte li aveva liberati; ma essi si ostinarono nei loro disegni e per le loro iniquità furono abbattuti. Pure, egli guardò alla loro angoscia quando udì il loro grido. Si ricordò della sua alleanza con loro, si mosse a pietà per il suo grande amore. Fece loro trovare grazia presso quanti li avevano deportati. Salvaci, Signore Dio nostro, e raccoglici di mezzo ai popoli, perché proclamiamo il tuo santo nome e ci gloriamo della tua lode. Benedetto il Signore, Dio d'Israele da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen”.
Nel Siracide (cap. 45) si dice invece sempre a proposito di Mosè e di Aronne in particolare: “Da lui fece sorgere un uomo di pietà, che riscosse una stima universale e fu amato da Dio e dagli uomini: Mosè, il cui ricordo è benedizione. Lo rese glorioso come i santi e lo rese grande a timore dei nemici. Per la sua parola fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò una parte della sua gloria. Lo santificò nella fedeltà e nella mansuetudine; lo scelse fra tutti i viventi. Gli fece udire la sua voce; lo introdusse nella nube oscura e gli diede a faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e di intelligenza, perché spiegasse a Giacobbe la sua alleanza, i suoi decreti a Israele.
Egli innalzò Aronne, santo come lui, suo fratello, della tribù di Levi. Stabilì con lui un'alleanza perenne e gli diede il sacerdozio tra il popolo. Lo onorò con splendidi ornamenti e gli fece indossare una veste di gloria. Lo rivestì con tutta la magnificenza, lo adornò con paramenti maestosi: calzoni, tunica e manto. All'orlo della sua veste pose melagrane, e numerosi campanelli d'oro all'intorno, che suonassero al muovere dei suoi passi, diffondendo il tintinnio nel tempio, come richiamo per i figli del suo popolo. L'ornò con una veste sacra, d'oro, violetto e porpora, capolavoro di ricamo; con il pettorale del giudizio, con i segni della verità, e con tessuto di lino scarlatto, capolavoro di artista; con pietre preziose, incise come sigilli, su castoni d'oro, capolavoro di intagliatore, quale memoriale con le parole incise secondo il numero delle tribù di Israele. Sopra il turbante gli pose una corona d'oro con incisa l'iscrizione sacra, insegna d'onore, lavoro stupendo, ornamento delizioso per gli occhi.
Prima di lui non si erano viste cose simili, mai un estraneo le ha indossate; esse sono riservate solo ai suoi figli e ai suoi discendenti per sempre. I suoi sacrifici vengono tutti bruciati, due volte al giorno, senza interruzione. Mosè lo consacrò e l'unse con l'olio santo. Costituì un'alleanza perenne per lui e per i suoi discendenti, finché dura il cielo: quella di presiedere al culto ed esercitare il sacerdozio e benedire il popolo nel nome del Signore. Il Signore lo scelse tra tutti i viventi perché gli offrisse sacrifici, incenso e profumo come memoriale e perché compisse l'espiazione per il suo popolo. Gli affidò i suoi comandamenti, il potere sulle prescrizioni del diritto, perché insegnasse a Giacobbe i decreti e illuminasse Israele nella sua legge.
Contro di lui insorsero uomini estranei e furono gelosi di lui nel deserto; erano gli uomini di Datan e di Abiron e quelli della banda di Core, furiosi e violenti. Il Signore vide e se ne indignò; essi finirono annientati nella furia della sua ira. Egli compì prodigi a loro danno per distruggerli con il fuoco della sua fiamma.
E aumentò la gloria di Aronne, gli assegnò un patrimonio, gli riservò le primizie dei frutti, dandogli innanzi tutto pane in abbondanza. Si nutrono infatti delle vittime offerte al Signore che egli ha assegnato ad Aronne e ai suoi discendenti. Tuttavia non ha un patrimonio nel paese del popolo, non c'è porzione per lui in mezzo al popolo, perché il Signore è la sua parte e la sua eredità. Pincas, figlio di Eleazaro, fu il terzo nella gloria per il suo zelo nel timore del Signore per la sua fermezza quando il popolo si ribellò, egli infatti intervenne con generoso coraggio e placò Dio in favore di Israele. Per questo fu stabilita con lui un'alleanza di pace, perché presiedesse al santuario e al popolo; così a lui e alla sua discendenza fu riservata la dignità del sacerdozio per sempre. Ci fu anche un'alleanza con Davide, figlio di Iesse, della tribù di Giuda; la successione reale dal padre a uno solo dei figli, la successione di Aronne, a tutta la sua discendenza. Vi infonda Dio sapienza nel cuore per governare il popolo con giustizia, perché non scompaiano le virtù dei padri e la loro gloria nelle varie generazioni”.
Possiamo così riassumere le cose che riguardano Dio:
il dono della Legge e il suo insegnamento;
l’espiazione dei peccati;
la preghiera di intercessione a favore del popolo.
Tra Dio e il popolo c’è un uomo. Quest’uomo deve curare gli interessi di Dio in mezzo al popolo. Deve curare gli interessi del popolo dinanzi a Dio.
È il grande mistero della mediazione.
Il Libro del Levitico, nella prima parte, è tutta una descrizione di come si compiva il sacrificio, presentando singolarmente e con esattezza di particolari ogni tipo sacrificio. Al di là del fatto puramente rituale, o storico, attesta una verità: Dio è Santo e la santità si addice ai suoi figli. “Siate Santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”.
Le cose che riguardano Dio sono la manifestazione della sua santità nel popolo attraverso la santificazione di ogni singola persona.
Il sacerdote è l’uomo della santità. Questo è il suo ministero: fare santi, ad immagine del Dio tre volte santo, tutti gli uomini, il mondo intero.
[2]In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza;
Si è detto che il sommo sacerdote è uomo tra gli uomini, affermando così la verità della sua natura umana.
Proprio partendo da questa natura, l’Autore dice cosa deve fare il sacerdote, o cosa è in grado di fare.
Egli si deve vestire di compassione, deve essere l’uomo della compassione, della misericordia, della pietà, della grande carità.
Lui è uomo. Sente dentro di sé la debolezza della natura umana, la sua fragilità. Egli deve portare questa debolezza e questa fragilità alla santità, nella verità di Dio. Non solo la sua debolezza e fragilità, ma la debolezza e la fragilità di ogni uomo, dell’intero popolo, deve condurre alla santità, nella verità di Dio.
Per questo egli deve sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore. Deve fare suoi sia l’ignoranza che l’errore e avere per gli altri tanta compassione e tanta misericordia come per se stesso, anzi più che per se stesso.
L’ignoranza e l’errore sono nelle cose che riguardano Dio. L’ignoranza è ignoranza della verità, che nasce dalla non conoscenza della Legge di Dio.
La giusta compassione vuole che egli si pieghi su questa ignoranza e la estirpi con ogni saggezza e sapienza di dottrina, con ogni insegnamento.
Se non fa questo, egli non sente giusta compassione. Perché non è compassione condannare l’ignoranza; è giusta compassione togliere l’ignoranza e questa si toglie in un solo modo: giorno per giorno annunziando, insegnando, spiegando, ammaestrando, impartendo lezioni sulla Legge del Signore.
Il sacerdote deve essere un esperto conoscitore della Legge di Dio. Egli deve vivere in funzione della Legge e solo per essa: per la sua conoscenza e per il suo insegnamento.
L’amore per la legge fa di un sacerdote un uomo di vera, giusta, santa compassione.
L’altra compassione è per l’errore. L’errore è ogni trasgressione della Legge, fatta sia con coscienza, sia per incoscienza, o non conoscenza, sia per cattiveria, o malvagità che per fragilità, sia con volontà, sia senza volontà, per abitudine, per vizio, per qualunque altra causa, o motivo.
Non c’è motivo alcuno che giustifichi la trasgressione della Legge del Signore. Questa è la prima e fondamentale verità.
Il Sacerdote, con tutta la compassione che nasce dal suo cuore, deve insegnare come si osserva la Legge del Signore in ogni sua parte, anche la più piccola ed insignificante per la coscienza di un uomo. Deve altresì riparare ogni trasgressione, ogni violazione, ogni peccato, ogni errore.
Lo deve fare offrendo i sacrifici per i peccati, lo deve fare con la sua personale intercessione.
La giusta compassione del sacerdote si vive nella sua quotidiana intercessione.
L’intercessione consta di due opere: l’impetrazione del perdono, la richiesta di ogni grazia perché il peccato non si commetta.
[3]proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo.
Si è detto che il sommo sacerdote è scelto tra gli uomini e che lui è rivestito di vera umanità. Essendo vera umanità, anche egli è rivestito di fragilità.
La fragilità porta anche lui a peccare. Lui non è impeccabile per ministero, per ufficio. Lui dovrà divenire impeccabile per grazia, per dono dall’Alto.
A causa della fragilità della sua natura umana, allo stesso modo che sente giusta compassione per gli altri, deve sentirla anche per se stesso e per questo anche per i suoi peccati è giusto che offra il sacrificio di espiazione, di purificazione, come lo fa per il popolo.
Questa verità ci fa vedere un uomo immerso nell’umanità, che è parte di questa umanità, che santifica l’umanità santificandosi, espia il peccato degli altri espiando il proprio, insegna la Legge di Dio ai fratelli insegnandola a sé stesso in una ricerca costante di elevazione, di santificazione, di purificazione.
Il più grande e tremendo errore che un sacerdote può commettere è proprio questo: separarsi dagli altri, considerarsi appartenente ad un’altra natura, porsi fuori della legge della fragilità che avvolge la natura umana.
Questo si può fare in due modi:
Attraverso il peccato della superbia e della presunzione che gli va vedere santa la sua umanità e peccatrice l’umanità degli altri, dinanzi ai quali si pone con la sufficienza e l’alterigia del giudice implacabile che emette sentenze di condanna, di rimprovero, di accusa, senza alcuna pietà e commiserazione.
Attraverso il chiudersi nel suo mondo fatto di sola sacralità, ignorando e dimenticandosi del tutto della giusta compassione che deve portarlo ad eliminare tra il popolo ogni ignoranza e ogni errore.
Un sacerdote così non serve a Dio, non serve all’uomo. A Dio e agli uomini serve un sacerdote che vive la piena appartenenza a questa umanità fragile e peccatrice, ignorante e trasgreditrice dei comandamenti di Dio, della Sua santissima Legge e che con ogni impegno purifica se stesso e aiuta i suoi fratelli a crescere in sapienza e grazia come lui stesso cresce ogni giorno.
Il sacerdote è colui che quotidianamente estirpa il peccato dalla sua natura umana perché possa aiutare i suoi fratelli a fare altrettanto.
Giusta compassione mai deve significare compatimento del peccato dei fratelli o sua giustificazione. La giusta compassione espia, elimina, toglie, purifica, perdona, santifica, eleva. Ogni altra forma di relazionarsi con il peccato degli uomini non è forma santa, voluta da Dio. Ogni altra forma deve essere bandita, eliminata.
[4]Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.
Viene ora chiarita la prima verità annunziata, quando si è definito il ruolo e il ministero del sommo sacerdote. Rileggiamo: “Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”.
È detto: preso fra gli uomini, viene costituito.
È preso da Dio e da Dio è costituito. La legge del sacerdozio non la stabilisce l’uomo, nessun uomo, neanche la Chiesa può stabilirla. La legge del sacerdozio la stabilisce Dio e solo Lui e Lui l’ha stabilita prima con Aronne, poi con Cristo Gesù.
La prima legge è questa: è Dio che chiama al Sacerdozio. È Lui che prende. È Lui che sceglie. È Lui che suscita nel cuore il desiderio. È Lui che determina la volontà. Tutto è da Lui. Ma anche tutto è per Lui.
L’onore del sacerdozio nessuno se lo può attribuire, né altri lo possono attribuire, al di fuori della legge di Dio. Questa è verità eterna e tale deve rimanere nei secoli.
Nell’Antica Alleanza il Sacerdozio, per Legge divina, apparteneva solo ad Aronne e alla sua discendenza. A nessun altro.
Nell’Esodo al capitolo 28 viene manifestata non solo la scelta di Dio che cade su Aronne e sui suoi figli, sulla sua discendenza, ma anche la cura dei particolari nella modalità e nella forma di essere sacerdoti dinanzi a Dio e al suo popolo:
“Tu fa’ avvicinare a te tra gli Israeliti, Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui, perché siano miei sacerdoti; Aronne e Nadab, Abiu, Eleazaro, Itamar, figli di Aronne. Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri, che esprimano gloria e maestà. Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti, ai quali io ho dato uno spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l'esercizio del sacerdozio in mio onore. Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale e l'efod, il manto, la tunica damascata, il turbante e la cintura. Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore.
Essi dovranno usare oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso. Faranno l'efod con oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo e che sta sopra di esso sarà della stessa fattura e sarà d'un sol pezzo: sarà intessuta d'oro, di porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di esse i nomi degli Israeliti: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra, in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi degli Israeliti, seguendo l'arte dell'intagliatore di pietre per l'incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d'oro. Fisserai le due pietre sulle spalline dell'efod, come pietre che ricordino presso di me gli Israeliti; così Aronne porterà i loro nomi sulle sue spalle davanti al Signore, come un memoriale.
Farai anche i castoni d'oro e due catene d'oro in forma di cordoni, con un lavoro d'intreccio; poi fisserai le catene a intreccio sui castoni. Farai il pettorale del giudizio, artisticamente lavorato, di fattura uguale a quella dell'efod: con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. Sarà quadrato, doppio; avrà una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con una incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file. Una fila: una cornalina, un topazio e uno smeraldo: così la prima fila. La seconda fila: un turchese, uno zaffìro e un berillo. La terza fila: un giacinto, un'àgata e un'ametista. La quarta fila: un crisòlito, un ònice e un diaspro. Saranno inserite nell'oro mediante i loro castoni. Le pietre corrisponderanno ai nomi degli Israeliti: dodici, secondo i loro nomi, e saranno incise come sigilli, ciascuna con il nome corrispondente, secondo le dodici tribù. Poi farai sul pettorale catene in forma di cordoni, lavoro d'intreccio d'oro puro. Farai sul pettorale due anelli d'oro e metterai i due anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d'oro sui due anelli alle estremità del pettorale. Quanto alle due altre estremità delle catene, le fisserai sui due castoni e le farai passare sulle due spalline dell'efod nella parte anteriore.
Farai due anelli d'oro e li metterai sulle due estremità del pettorale sul suo bordo che è dalla parte dell'efod, verso l'interno. Farai due altri anelli d'oro e li metterai sulle due spalline dell'efod in basso, sul suo lato anteriore, in vicinanza del punto di attacco, al di sopra della cintura dell'efod. Si legherà il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell'efod mediante un cordone di porpora viola, perché stia al di sopra della cintura dell'efod e perché il pettorale non si distacchi dall'efod. Così Aronne porterà i nomi degli Israeliti sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore, quando entrerà nel Santo, come memoriale davanti al Signore per sempre.
Unirai al pettorale del giudizio gli urim e i tummim. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre. Farai il manto dell'efod, tutto di porpora viola con in mezzo una scollatura per la testa; il bordo attorno alla scollatura sarà un lavoro di tessitore come la scollatura di una corazza, che non si lacera.
Farai sul suo lembo melagrane di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto, intorno al suo lembo, e in mezzo porrai sonagli d'oro: un sonaglio d'oro e una melagrana, un sonaglio d'oro e una melagrana intorno all'orlo del manto. Esso rivestirà Aronne nelle funzioni sacerdotali e se ne sentirà il suono quando egli entrerà nel Santo alla presenza del Signore e quando ne uscirà; così non morirà. Farai una lamina d'oro puro e vi inciderai, come su di un sigillo: Sacro al Signore. L'attaccherai con un cordone di porpora viola al turbante, sulla parte anteriore. Starà sulla fronte di Aronne; Aronne porterà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti, in occasione delle offerte sacre da loro presentate. Aronne la porterà sempre sulla sua fronte, per attirare su di essi il favore del Signore.
Tesserai la tunica di bisso. Farai un turbante di bisso e una cintura, lavoro di ricamo. Per i figli di Aronne farai tuniche e cinture. Per essi farai anche berretti a gloria e decoro. Farai indossare queste vesti ad Aronne, tuo fratello, e ai suoi figli. Poi li ungerai, darai loro l'investitura e li consacrerai, perché esercitino il sacerdozio in mio onore.
Farai loro inoltre calzoni di lino, per coprire la loro nudità; dovranno arrivare dai fianchi fino alle cosce. Aronne e i suoi figli li indosseranno quando entreranno nella tenda del convegno o quando si avvicineranno all'altare per officiare nel santuario, perché non incorrano in una colpa che li farebbe morire. E` una prescrizione rituale perenne per lui e per i suoi discendenti”.
Era un sacerdozio per discendenza secondo la carne. Questa Legge Dio la cambierà un giorno, quando anche tra i figli dei pagani si prenderà Sacerdoti e Leviti. Ciò che il profeta Isaia annunzia è veramente inaudito, in certa misura anche incomprensibile per la mentalità dei figli di Israele.
Isaia cap 66: “Così dice il Signore: Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la dimora? Tutte queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie oracolo del Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull'umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola. Uno sacrifica un bue e poi uccide un uomo, uno immola una pecora e poi strozza un cane, uno presenta un'offerta e poi sangue di porco, uno brucia incenso e poi venera l'iniquità.
Costoro hanno scelto le loro vie, essi si dilettano dei loro abomini; anch'io sceglierò la loro sventura e farò piombare su di essi ciò che temono, perché io avevo chiamato e nessuno ha risposto, avevo parlato e nessuno ha ascoltato. Hanno fatto ciò che è male ai miei occhi, hanno preferito quello che a me dispiace.
Ascoltate la parola del Signore, voi che venerate la sua parola. Hanno detto i vostri fratelli che vi odiano, che vi respingono a causa del mio nome: Mostri il Signore la sua gloria, e voi fateci vedere la vostra gioia! Ma essi saranno confusi. Giunge un rumore, un frastuono dalla città, un rumore dal tempio: è la voce del Signore che paga il contraccambio ai suoi nemici. Prima di provare i dolori, ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio.
Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha visto cose come queste? Nasce forse un paese in un giorno; un popolo è generato forse in un istante? Eppure Sion, appena sentiti i dolori, ha partorito i figli. Io che apro il grembo materno, non farò partorire? dice il Signore. Io che faccio generare, chiuderei il seno? dice il tuo Dio. Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto. Così succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni; succhierete, deliziandovi, all'abbondanza del suo seno. Poiché così dice il Signore: Ecco io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la prosperità; come un torrente in piena la ricchezza dei popoli; i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola un figlio così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saran rigogliose come erba fresca.
La mano del Signore si farà manifesta ai suoi servi, ma si sdegnerà contro i suoi nemici. Poiché, ecco, il Signore viene con il fuoco, i suoi carri sono come un turbine, per riversare con ardore l'ira, la sua minaccia con fiamme di fuoco. Con il fuoco infatti il Signore farà giustizia su tutta la terra e con la spada su ogni uomo; molti saranno i colpiti dal Signore. Coloro che si consacrano e purificano nei giardini, seguendo uno che sta in mezzo, che mangiano carne suina, cose abominevoli e topi, insieme finiranno oracolo del Signore con le loro opere e i loro propositi. Io verrò a radunare tutti i popoli e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle genti di Tarsis, Put, Lud, Mesech, Ros, Tubal e di Grecia, ai lidi lontani che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutti i popoli come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari al mio santo monte di Gerusalemme, dice il Signore, come i figli di Israele portano l'offerta su vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra essi mi prenderò sacerdoti e leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me oracolo del Signore così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome. In ogni mese al novilunio, e al sabato di ogni settimana, verrà ognuno a prostrarsi davanti a me, dice il Signore. Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti”.
Il Signore che aveva stabilito per la prima Alleanza che solo i discendenti di Aronne sarebbero stati suoi sacerdoti, quando Lui verrà a radunare tutti i popoli e tutte le lingue, in quel giorno anche tra essi prenderà sacerdoti e leviti.
Questo avverrà il giorno di Pentecoste e da quel giorno finirà il sacerdozio secondo Aronne, inizierà il sacerdozio secondo la Nuova Alleanza.
Una Nuova Alleanza un Nuovo Sacerdozio. Ma è sempre il Signore che si prenderà sacerdoti e leviti. L’onore del Sacerdozio è per scelta di Dio e solo sua.
Verità fondamentale è questa: Dio che si prende sacerdoti e leviti, ma anche Lui dice perché se li prende e cosa devono fare. Nella scelta e nella missione non possono entrare elementi dell’uomo, di nessun uomo.
Il sacerdozio è per costituzione divina nella scelta e nella missione; è per mediazione umana nella trasmissione dei poteri. Questo sì che è per mezzo degli uomini di Dio.
Essi esaminano i requisiti perché vi sia vera scelta da parte di Dio e una volta constatato che essi ci sono trasmettono il potere sacerdotale, assieme alla missione.
Questo è chiaramente manifestato ed espresso nel Vangelo secondo Giovanni, quanto alla trasmissione dei poteri: “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Mentre negli Atti e nel resto del Nuovo Testamento vengono indicati i requisiti che un candidato deve possedere prima di essere accolto e consacrato come Sacerdote nella Casa di Dio, nella Sua Chiesa.
Che sia Dio che elegge appare chiaro dagli Atti degli Apostoli (cfr. 1,15-26):
“In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli (il numero delle persone radunate era circa centoventi) e disse: Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue. Infatti sta scritto nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta, e nessuno vi abiti, il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione.
Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. Allora essi pregarono dicendo: Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato a prendere il posto in questo ministero e apostolato che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto da lui scelto. Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli”.
Divina saggezza di Pietro, che deve sempre accompagnare la Chiesa nella consacrazione dei suoi sacerdoti. Non è l’uomo che sceglie. È Dio che deve farlo. L’uomo di Dio deve però richiedere i requisiti, sempre secondo la volontà di Dio.
La santità della Chiesa è in questa libertà di Dio di agire nel suo seno, sempre.
[5]Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. [6]Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.
L’Autore applica a Cristo Gesù la Legge di Dio circa il sacerdozio: “È Dio che si prende sacerdoti e leviti. È Dio che se li prende ma non necessariamente dalla discendenza di Aronne, secondo il sacerdozio di Aronne”.
Dio sceglie Cristo come suo sacerdote. Quando lo sceglie?
Se lo sceglie nell’Eternità, nel Cielo; se lo sceglie al momento stesso della sua generazione eterna. Generandolo, Dio lo ha costituito suo Sacerdote. Ancora il cielo e la terra non esistevano, e Dio aveva scelto Cristo come suo sommo sacerdote.
Lo costituisce sommo sacerdote, però, non alla maniera di Aronne, bensì alla maniera di Melchisedek.
Ecco i passi biblici sui cui l’Autore fonda la sua argomentazione. Sono i Salmi 2 e 109:
Salmo 2: “Perché le genti congiurano perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami. Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore. Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno: Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte. Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai. E ora, sovrani, siate saggi istruitevi, giudici della terra; servite Dio con timore e con tremore esultate; che non si sdegni e voi perdiate la via. Improvvisa divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia”.
In questo Salmo 2 viene chiaramente affermato che il Messia è Figlio di Dio e che la sua generazione avviene nell’oggi dell’eternità.
Viene altresì affermata la missione universale del Messia di Dio: non solo verso il suo popolo, ma verso ogni uomo: ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra.
Gli elementi essenziali di questo Salmo sono quindi:
Il Figlio di Dio è il Messia.
Il Figlio di Dio è generato nei giorni dell’eternità.
Il Figlio di Dio e investito di una missione universale: per tutte le genti e i confini della terra.
Salmo 109: “Di Davide. Salmo. Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek. Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa”.
In questo Salmo 109, assieme ai primi tre elementi essenziali (Messia, generazione eterna, missione universale), troviamo il legame che mancava, cioè quello di Messia e di Sacerdote. Inoltre vi è l’affermazione “principe”, quella, cioè, secondo la quale il Messia non è solamente un uomo, è anche Dio, è il Signore.
Proviamo a mettere in successione le affermazioni di questo Salmo 109:
Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi (Dio e Messia. Signore e Cristo).
Dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato (generazione eterna, Figlio eterno del Padre).
Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek (sacerdote per sempre, ma non secondo Aronne, bensì secondo e alla maniera di Melchisedek).
Il Figlio di Dio è Messia e Sacerdote. Non è sacerdote alla maniera di Aronne. È Sacerdote per sempre alla maniera di Melchisedek.
Aronne fu spogliato delle sue vesti sacerdotali. Cristo non sarà mai spogliato del suo sacerdozio.
Queste due citazioni della Scrittura su Aronne e su Melchisedek servono a chiarire in ogni particolare quanto affermato fin ora dall’Autore:
“Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento da Kades e arrivò al monte Cor. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Cor, sui confini del paese di Edom: Aronne sta per essere riunito ai suoi antenati e non entrerà nel paese che ho dato agli Israeliti, perché siete stati ribelli al mio comandamento alle acque di Mèriba. Prendi Aronne e suo figlio Eleazaro e falli salire sul monte Cor. Spoglia Aronne delle sue vesti e falle indossare a suo figlio Eleazaro; in quel luogo Aronne sarà riunito ai suoi antenati e morirà. Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salirono sul monte Cor, in vista di tutta la comunità. Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e le fece indossare a Eleazaro suo figlio; Aronne morì in quel luogo sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleazaro scesero dal monte. Quando tutta la comunità vide che Aronne era morto, tutta la casa d'Israele lo pianse per trenta giorni” (Cfr. Num. 20,22-29).
Di Melchisedek si parla in un solo episodio e per di più avvolto dal mistero. Leggiamo in Genesi 14,17-24:
“Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici. Abram gli diede la decima di tutto”.
Tutto ciò che si conosce di Melchisedk è in questo brano. Poi Melchisedek scompare. Nell’Antico Testamento è ricordato solo nel Salmo 109, ora citato. Nel Nuovo Testamento ricorre per ben 8 volte, ma solo in questa Lettera (5,6; 5.10; 6,20; 7,1; 7,10; 7,11; 7,15; 7,17).
È giusto che vengano puntualizzate una per una le affermazioni su Melchisedek:
Melchisedek, re di Salem.
Offrì pane e vino.
Era sacerdote del Dio altissimo.
Benedisse Abram con queste parole: Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici.
Abram gli diede la decima di tutto.
Volendo chiarire ulteriormente:
Melchisedek è Re e Sacerdote.
Offre pane e vino.
Lo offre al Dio altissimo.
Benedice Abramo.
Abramo gli dona la decima.
Come si può constatare è superiore ad Abramo (lo benedice. Abramo gli dona la decima di tutto il bottino)
È insieme Re e Sacerdote (in Israele le funzioni erano separate. Fu questo uno dei motivi per cui Saul fu scartato come Re di Israele).
È Sacerdote del Dio altissimo, al quale offre pane e vino (il sacerdozio di Aronne offriva animali).
Cristo è Re, Sacerdote e Profeta del Dio Altissimo.
Il pane e vino che Lui offre è il sacramento dell’offerta del Suo corpo e del Suo sangue. È il memoriale del suo sacrificio cruento sulla croce.
È Lui la benedizione di Dio sul mondo intero.
Sono, tutti questi, elementi che l’Autore analizzerà uno per uno. Ora ci interessa sapere una cosa sola:
Cristo è stato scelto e consacrato da Dio quale suo sommo sacerdote, non alla maniera di Aronne, bensì alla maniera di Melchisedek.
Cristo unisce in sé la regalità e il sacerdozio. È Messia e Sacerdote del Dio altissimo.
[7]Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;
Viene ora presentato Cristo nell’esercizio del suo sacerdozio.
La prima verità che dobbiamo affermare è questa: l’esercizio non è fuori di Lui, è in Lui, nella Sua Persona.
Tutto avviene in Lui. Niente avviene fuori di Lui. Se comprendiamo questo, capiremo una volta per tutte qual è la nuova natura del sacerdozio secondo Cristo, differente per forma e per essenza sia da quello di Aronne come anche da quello di Melchisedek.
La differenza con quello di Aronne consiste nell’abolizione per sempre della vittima animale. Gesù non offre il sangue dei tori e dei vitelli; Gesù non sacrifica né capri, né arieti e non offre nessun’altra cosa che appartenga al mondo vegetale.
Lui offre al Padre preghiere e suppliche, fatte con forti grida e lacrime. È questo attestato dalla preghiera fatta sia nell’Orto degli Ulivi che sulla croce, testimoniata dai Vangeli.
Leggiamo nel Vangelo secondo Luca:
“Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: Pregate, per non entrare in tentazione. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza” (cfr Lc 22, 39-45).
Mentre nel Vangelo secondo Matteo è detto:
“Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: Costui chiama Elia. E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo! E Gesù, emesso un alto grido, spirò” (cfr Mt 27, 45-50).
È giusto chiedersi qual è l’offerta fatta nella preghiera. La risposta non può essere che una sola: il dono della sua volontà al Padre.
Tutto è di Dio: la vita e la morte, la gioia e il dolore, il presente, il passato, il futuro, le cose, l’intero universo. Poiché tutto è di Dio a Lui niente si può offrire.
Una cosa sola appartiene all’uomo: la volontà. Solo questa si può offrire. Solo questa Cristo Gesù ha offerto al Padre. Gliel’ha consegnata per amore.
Dio avrebbe potuto liberarlo dalla morte, non lo liberò a motivo dell’offerta. Per la pietà di Cristo Gesù, cioè per il suo amore, il Padre accolse il dono e permise che Cristo andasse incontro alla morte.
Lui lo avrebbe liberato non appena si fosse consumato il dono della volontà, cioè una volta che il sacrificio fosse stato presentato.
È questo l’esaudimento di Dio: accogliere il sacrificio e poi rispondere con tutta la potenza del suo amore.
È questo il motivo per cui tutto è in Cristo e niente è fuori di Lui e in questo senso il sacerdozio di Cristo si differenzia sostanzialmente con quello di Melchisedek.
Melchisedek offriva pane e vino. Gesù offre la sua volontà. È simile solo nella forma esterna con quello di Melchisedek, nel senso che anche nel sacrificio di Cristo c’è il pane e il vino ma solo come la materia del sacramento, perché l’essenza e il contenuto è l’unico ed eterno sacrificio offerto al Padre della sua volontà.
L’offerta di Cristo ci conduce a rivedere ogni nostra relazione con Dio. Lui gradisce da noi una cosa sola: il dono della nostra volontà. Solo questo dono Lui vuole, solo questo dono dobbiamo offrirgli, togliendo la nostra volontà dal nostro spirito e mettendo la sua, facendo in tutto secondo il suo volere.
Questo dono però è nella sofferenza e nel dolore, perché è un dono che si può fare solo nel rinnegamento di noi stessi e nel prendere la croce per portarla fino in fondo. Questo sacrificio, questa offerta è in noi, non fuori di noi. Per questa offerta scaturisce il dono della salvezza del mondo, se fatta in Cristo, con Cristo, per Cristo.
La pietà è la relazione filiale tra il Padre e il Figlio, governata solo dall’amore, esclusivamente dall’amore e l’amore è il dono della vita del Figlio al Padre, nel dono della propria volontà.
È quanto ci insegna il Salmo 39:
“Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude; i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. Beato l'uomo che spera nel Signore e non si mette dalla parte dei superbi, né si volge a chi segue la menzogna. Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore: nessuno a te si può paragonare. Se li voglio annunziare e proclamare sono troppi per essere contati.
Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore. Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato. Non ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea. Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia, la tua fedeltà e la tua grazia mi proteggano sempre, poiché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non posso più vedere. Sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno.
Degnati, Signore, di liberarmi; accorri, Signore, in mio aiuto. Vergogna e confusione per quanti cercano di togliermi la vita. Retrocedano coperti d'infamia quelli che godono della mia sventura. Siano presi da tremore e da vergogna quelli che mi scherniscono. Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano, dicano sempre: Il Signore è grande, quelli che bramano la tua salvezza. Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore. Tu, mio aiuto e mia liberazione, mio Dio, non tardare”.
[8]pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì
L’obbedienza costa il sacrificio di se stessi. È sacrificio di sé, perché essa si vive oggi nella condizione della natura umana che è nel peccato.
A questa obbedienza il Figlio si sottomette. Va incontro ad essa fino alla morte e alla morte di croce. Questo è il valore del suo sacrificio.
Tuttavia in questo versetto è annunziata una verità che merita una speciale considerazione.
Chi obbedisce è il Figlio eterno del Padre. Si è detto che l’obbedienza è nel dono della propria volontà. Poiché la volontà è la vita, l’obbedienza è nel dono della vita.
Non dono simbolico, ma reale; non apparente, ma vero; non per un attimo, o fino ad un certo punto, ma per sempre sino alla fine.
Cosa è l’obbedienza se non il ritorno della nostra vita a Dio, in una relazione di purissimo amore.
Questa obbedienza il Figlio l’ha fatta come Dio e come uomo, come vero Dio e vero uomo.
Come vero Dio ha ricevuto nell’oggi eterno la vita dal Padre. Nell’eternità egli vive donando la vita al Padre, in un movimento eterno d’amore, che mai si consuma, mai viene meno, perché è eterno. Cristo vive nell’eternità donandosi al Padre. Il Padre vive donandosi al Figlio. Questo dono è nello Spirito Santo, la Comunione d’amore eterno tra il Padre e il Figlio.
Nell’eternità, questo dono è purissima e intensissima vita. Lì siamo nella verità, nella santità, lì non c’è né il dolore e né la sofferenza nel dono.
Sulla terra non c’è dono se non nella morte di se stessi, nella vittoria completa sul peccato.
Questo dono si può fare solo rimanendo sempre nel dono, senza mai uscire da esso e si esce ogni qualvolta si commette anche il più piccolo, o insignificante peccato di pensiero, o di parola, o di omissione, o di azione.
Ecco perché Gesù nella sua passione è santissimo. Lui non conobbe mai il peccato. Se lo avesse conosciuto si sarebbe in qualche modo appropriato della sua volontà.
Sulla terra l’obbedienza è nella sofferenza. Il male si abbatte contro l’uomo di Dio, vuole schiacciarlo, annientarlo. L’uomo di Dio resta nel bene, perché risponde al male con il bene. È questa la sofferenza dell’uomo di Dio. È sofferenza perché è dolore fisico, morale, spirituale.
In questa sofferenza si resta sempre nell’amore: amore verso Dio, amore verso l’uomo; dono della vita a Dio, dono della vita all’uomo per la sua salvezza.
Questo è il grande mistero dell’obbedienza.
[9]e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono,
In questo versetto vengono offerte tre verità che meritano ognuna si essere trattata singolarmente:
Reso perfetto: La sofferenza rende perfetto Cristo. In che senso?
Nel senso che il dono è fatto interamente, tutto. Niente Cristo Gesù tiene per sé. Tutto offre a Dio e agli uomini.
La sua vita è dono totale, pieno, fino all’ultima goccia di sangue, fino all’ultimo respiro. È perfetto, Cristo Gesù, perché sulla croce non conobbe il peccato neanche in una piccolissima parola vana.
Fu tutto di Dio e degli uomini, sempre, pienamente, completamente, totalmente.
Niente di Lui è per Lui; tutto di Lui è per il Padre, perché la sua volontà di salvezza trovasse attuazione universale.
Divenne causa di salvezza eterna: la sua offerta, l’offerta della sua volontà al Padre genera un frutto di salvezza eterna per ogni uomo.
Dio dona la grazia, la verità, lo Spirito di Cristo ad ogni uomo. In virtù della sua obbedienza perfetta il Padre cancella i nostri peccati, ci genera a suoi figli adottivi, manda su di noi il Suo Santo Spirito, che è Spirito di comunione, di verità, di santità, di fortezza.
La nuova vita nasce dal sacrificio di Cristo, dalla sua obbedienza. Siamo salvati per Lui, per la Sua morte, il Suo sacrificio, il dono di Sé stesso al Padre.
Per questa ragione è causa di salvezza. Ma è una causa non fuori di sé, ma dentro di sé. Tutto è in Cristo, niente è fuori di Cristo. Né la redenzione oggettiva, né quella soggettiva. È tutto in Cristo, perché si attinge divenendo una cosa sola con Lui, si vive restando una cosa sola con Lui. Questa è la specificità della salvezza eterna che Dio ci dona in Gesù Suo Figlio.
Per coloro che gli obbediscono: Gesù è causa di salvezza eterna per ogni uomo, per il mondo intero. Diventano però partecipi di essa tutti coloro che ascoltano la sua Parola e sul suo esempio offrono la vita al Padre.
Viene qui chiarito e specificato che l’obbedienza non è più alla Parola del Padre è invece alla Parola del Figlio.
È la Parola del Figlio la via della salvezza ed è nell’obbedienza perfetta ad essa, allo stesso modo che obbedì Cristo e divenne perfetto attraverso le cose che patì.
Questo ci indirizza vero un’altra verità che ci consente di aggiungere un altro tassello a quanto l’Autore sta dimostrando.
Si è detto che tutto l’Antico Testamento tende a Cristo e che Cristo è il frutto cui guarda tutta l’Antica Scrittura. Ora si dice che è finito il tempo in cui l’Antica Scrittura aveva valore di alleanza e di salvezza. Questo valore non ce lo ha più. Ora il valore dell’alleanza è tutto nella Parola di Cristo Gesù.
L’obbedienza passa ora dalla Parola Antica alla Nuova, da quella che il Signore ha detto in tanti modi e molte volte ai Padri alla Parola che ora ci dice per mezzo di Gesù Signore.
Fermarsi alla Parola dell’Antico Testamento non dona salvezza. Questo Israele deve sapere. C’è un passaggio obbligatorio che lui è chiamato a fare e questo passaggio è alla Parola di Cristo, è all’obbedienza a Lui.
Senza questo passaggio non c’è salvezza. Si rimane vincolati o legati ad una Parola di Dio che non dona vita, perché la vita è tutta nella Parola di Gesù Signore.
Questo vale per oggi, domani, sempre. Vale per ogni uomo e per tutti gli uomini.
Sbagliano, sono fuori strada tutti quei falsi predicatori della Parola di Dio che annunziano una salvezza senza l’obbedienza a Cristo, senza cioè il dono della propria volontà a Cristo perché si compia l’offerta della propria vita, alla maniera e nella forma di Gesù Signore.
Lo affermiamo con fermezza di verità e di dottrina: senza obbedienza non c’è salvezza, perché la salvezza dell’uomo è il suo ritorno nell’obbedienza. Questa è la salvezza: la capacità riconquistata di donare tutta intera la nostra volontà a Dio fino alla morte e alla morte di croce.
[10]essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek.
Questo versetto apparentemente potrebbe sembrare inutile. Invece è il sigillo a quanto finora detto.
Perché l’Autore si preoccupa di ricordare che Gesù è sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek?
La ragione la più semplice è questa: la mentalità ebraica non concepiva nessuna espiazione se non nel versamento del sangue animale. Se Gesù non ha versato il sangue animale, non è entrato nel tempio, come può aver ottenuto la purificazione dei peccati.
Lui l’ha attenuta, perché non era sacerdote alla maniera di Aronne (sangue animale), ma alla maniera di Melchisedek (pane e vino, materia del sacramento della sua passione, morte, risurrezione).
Chi ha fatto Cristo sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek non è stato un uomo, è stato il Padre. È stato lo stesso Dio che aveva istituito il sacerdozio alla maniera di Aronne.
Come vero sacerdote, Gesù compie il sacrificio dell’espiazione, entra nei cieli, ci asperge con il suo sangue, ci purifica da ogni peccato, ci introduce in una vita nuova.
Tutto ciò che avviene in Cristo, è per volontà del Padre, di Dio.
Se è Dio che governa ogni cosa e anche il modo di andare a Lui, chi è l’uomo che possa impedire che ogni cosa avvenga secondo la sua divina volontà?
Ma se è Dio che ha voluto tutto questo, se è il Dio di Abramo e di Giacobbe, di Isacco e di Mosè, di Davide e dei Profeti, chi crede veramente in Lui, deve credere in ogni sua volontà manifestata.
Una sola volontà manifestata non creduta, pone fuori della fede; non della fede presente, ma della fede, di tutta la fede.
È senza vera fede chi non crede nell’ultima volontà manifestata di Dio. Il suo Dio non è il vero Dio, perché il vero Dio è il Dio dell’ultima sua volontà manifestata, rivelata, fatta pervenire agli uomini come via di salvezza eterna.
La via della salvezza è Cristo ed è l’obbedienza alla sua Parola. È questa ora l’unica forma ed essenza della vera fede nel Dio di Abramo, di Isacco, Giacobbe.
La fede dell’Antico Testamento è il Nuovo e chi non ha il Nuovo inutile che creda nell’Antico. Dio non è più nell’Antico, perché è nel Nuovo. È questa la verità da accogliere per chi vuole gustare la salvezza che Dio ci ha donato in Cristo Gesù.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:27. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com