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COMMENTO ALLA TERZA LETTERA DI S.GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 09/01/2012 12:32
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09/01/2012 12:30
 
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Vangelo secondo Giovanni - cap. 20,19-23: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.
Un saluto cambia la storia dell’umanità. Un saluto crea un mondo nuovo. Un saluto fa l’umanità nuova.
Il saluto del cristiano deve essere sempre vero. Se il suo saluto è falso, falso è il suo essere cristiano.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione, che solo salutando la sua cugina Elisabetta, portò nella sua casa la salvezza di Dio, ci aiuti perché solo con il nostro saluto possiamo portare tanta salvezza in questo mondo.
Vangelo secondo Luca - cap. 1,39–55: “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”.
Dinanzi ad Elisabetta, Maria saluta il Signore con queste parole:
“Allora Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre”.
Il Signore conceda anche a noi di avere un saluto ricco di grazia, di verità, di compassione, di misericordia, di Spirito Santo.
Un saluto che porti il Cielo sulla terra e la terra nel Cielo.
Un saluto che porti Dio nei cuori e i cuori in Dio.
Un saluto che doni la verità alle menti e le menti alla verità.
Un saluto che doni la grazia alle anime e le anime alla grazia.
Un saluto che riversi lo Spirito Santo nei cuori e i cuori nello Spirito Santo.
Un saluto che faccia incontrare Cristo con gli uomini e gli uomini con Cristo.
Un saluto che sia vera comunione di verità e di santità per tutti coloro che cercano il Signore con cuore sincero.
Che il nostro saluto, il saluto del cristiano sia il saluto che offra all’uomo l’amore di Dio Padre, la grazia di Cristo suo unico Figlio, la comunione dello Spirito Santo.
Che il nostro saluto sia simile al canto dell’”Ave Maria” che dal cuore del figlio sale verso la Madre Celeste, per magnificare ed esaltare ciò che Dio ha fatto di Lei.
Che il nostro saluto sia simile al saluto che Gesù fece al Padre suo con il “Padre nostro” per manifestargli il nostro desiderio di santità, di obbedienza, di totale affidamento a Lui.
Che ogni nostro saluto sgorghi dalla santità del nostro cuore tutto inondato di amore per Cristo Gesù.

Tu sai che la nostra testimonianza è veritiera


Verità e grazia sono una cosa sola. Nella nostra santissima fede verità e grazia sono una cosa sola, perché sono un solo dono che Dio ci fa in Cristo Gesù. Chi dona la grazia deve donare anche la verità e chi dona la verità deve donare anche la grazia. La grazia senza la verità non fa i veri cristiani e neanche la verità senza la grazia li fa. La santità del cristiano è nella crescita armoniosa in grazia e in verità. Molti danno la grazia, ma non danno la verità. Non fanno i cristiani. Molti danno la verità ma non danno la grazia. Neanche questi fanno i veri cristiani. Molti non danno né grazia e né verità. Senza grazia e senza verità nessuna conversione sarà mai possibile e senza conversione non c’è alcun cambiamento dell’uomo. L’uomo nuovo non lo fa la verità da sola, non lo fa la grazia da sola. Lo fanno insieme la grazia e la verità.
Caro, carissimo… la preziosità dell’uomo. Prezioso, caro, preziosità. Carissimo nella verità di Cristo. È giusto che ci chiediamo quanto è prezioso, o caro un uomo. Esso è caro, prezioso quanto caro e prezioso è Dio stesso, quanto cara e preziosa è l’Incarnazione del Verbo di Dio, quanto cara e preziosa è stata la sua Crocifissione. Ogni uomo ha un valore divino. Il valore è dato dalla morte di Cristo per l’uomo. Se Cristo è morto per l’uomo ciò significa che agli occhi di Dio l’uomo è prezioso. Vale la morte in croce del suo Figlio unigenito. Se valiamo così tanto agli occhi di Dio, anche ai nostri occhi dobbiamo avere un simile valore e per questo non dobbiamo avere timore di dare la nostra vita al martirio per la salvezza eterna nostra e dei nostri fratelli.
La verità di Cristo. La verità di Cristo è la sua morte per la salvezza di ogni uomo. È anche la sua gloriosa Risurrezione per la nostra giustificazione. La verità di Cristo è Cristo stesso nel suo mistero di Incarnazione, Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione gloriosa al Cielo per noi. In questo mistero che è anche dono di vita eterna bisogna vedere ogni uomo e noi stessi.
Distinguere secondo la verità di Cristo. Il cristiano è chiamato a vedere ogni cosa, a distinguere ogni cosa partendo dal mistero di Cristo Gesù, che è la sua verità, ma anche la sua vita eterna. Tutto ciò che allontana dal mistero di Cristo deve essere da lui evitato, schivato, fuggito. Tutto ciò che invece avvicina al mistero di Cristo Gesù deve essere cercato, desiderato, compiuto, bramato. Chi possiede questo santo discernimento possiede le chiavi della vita eterna. Con questo discernimento il cristiano abiterà sempre nella verità e nella grazia di Cristo Gesù.
Augurare il bene è pregare per il bene dell’altro. Il cristiano non solo augura il bene ai suoi fratelli. Per i suoi fratelli prega perché tutto il bene di Cristo Gesù si riversi nel loro cuore e ricolmi la loro anima. Un augurio di bene che non si trasforma in una costante preghiera di bene, per il bene, è un augurio inutile, non è un augurio cristiano. Il bene del cristiano è Cristo. Cristo è l’unico vero, sommo, eterno bene per ogni uomo. Il cristiano prega perché ogni uomo si incontri con Cristo, accolga Cristo, perché in Cristo è la sua salvezza.
Che tutto vada bene, perché? Che tu sia in buona salute, perché? Occuparsi dell’altro è occuparsi di tutto l’uomo (anima, spirito, corpo). Il presbitero ha un solo desiderio santo: che tutto vada bene sia nel corpo, sia nello spirito, sia nell’anima di ogni discepolo di Gesù. Chi ama vuole il bene vero dell’altro e il bene vero è la salvezza eterna che si consegue se il cristiano rimane nella grazia e nella verità di Gesù Signore. Anche il corpo deve godere quel poco di salute. Perché? Perché esso è lo strumento dell’anima e senza il corpo l’anima non può esprimere tutta la sua potenzialità di grazia e di verità. Senza il corpo non si può compiere la missione di salvezza a beneficio di ogni altro uomo. Senza il corpo è difficile servire i fratelli secondo la pienezza del servizio evangelico. È per questo motivo che tutto deve essere in buona salute. Lo richiede il servizio per il Vangelo. Lo richiede la carità di salvezza. Lo richiede la missione a favore del mondo intero. Per questo è giusto che si chiede la salute al Signore non solo per se stessi, ma anche per tutti coloro che sono investiti del ministero dell’annunzio e della predicazione del Vangelo. Anche per ogni altro è cosa buona e giusta che si chieda la salute del corpo per un sempre più grande e più vero servizio al Vangelo della grazia.
Il cristianesimo è la religione dell’uomo. Il cristianesimo non è la religione dell’anima. È la religione dell’uomo, di tutto l’uomo. Cristo è venuto per la salvezza dell’uomo: anima, spirito, corpo. Chi è contro il corpo dell’uomo è contro la salvezza, è contro la verità di Cristo Gesù. Il corpo va onorato, custodito, santificato. Il corpo è lo strumento dell’anima. Chi santifica il corpo santifica l’anima. Chi non santifica il corpo neanche l’anima potrà mai santificare. Attraverso il corpo il peccato entra nell’anima, nello spirito. Attraverso lo spirito il peccato corrode il corpo, trascinandolo nel peccato. Attraverso la grazia dell’anima tutto il corpo ne riceve un grande beneficio.
L’uomo è: tempo, eternità, presente, passato, futuro, corpo, anima, spirito, singolarità, comunione, molteplicità. Essendo il cristianesimo la religione dell’uomo ed essendo l’uomo: tempo, eternità, presente, passato, futuro, corpo, anima, spirito, singolarità, comunione, molteplicità, chi vuole santificare l’uomo, deve condurre nella verità di Cristo tutte queste relazioni. Se una sola di queste relazioni rimane fuori della verità di Cristo Gesù, nessuna santificazione dell’uomo sarà mai possibile. Manca nell’uomo una componente che non è stata santificata e tutte le altre soffrono a causa di questa mancanza attestando la loro non perfetta, non raggiunta santificazione.
Chi è il verace? È verace chi conserva se stesso nella sua verità di natura santificata dalla verità e dalla grazia di Cristo Gesù. Chi non si conserva in questa verità acquisita il giorno del santo Battesimo e negli altri sacramenti della salvezza, attesta di essere ancora nella falsità e nell’ambiguità della sua natura corrotta dal peccato. La veracità del cristiano è la sua perfetta santità. È verace il santo. Chi non è santo non è verace, perché è fuori della verità della sua natura.
Cosa è la gioia per il cristiano? La gioia per il cristiano è il possesso del suo vero essere, della sua vera natura che si compie entrando lui nella grazia e nella verità di Cristo Gesù. La gioia per il cristiano è il possesso di Dio. Quando l’uomo è in Dio è allora che lui è nella gioia, perché è nella verità della sua natura, del suo essere, della sua vita.
Vivere da forestieri. Forestieri e pellegrini. Vivere da forestieri su questa terra significa per il cristiano donare relatività a tutte le cose della terra. Tutte le cose della terra hanno valore di mezzo, non di fine. Il fine del cristiano è uno solo: raggiungere Dio nel Paradiso, godere di Lui per tutta l’eternità. L’abitazione del cristiano sulla nostra terra è un cammino, un viaggio, un progredire perennemente verso il Cielo, il Paradiso. Camminando verso il Paradiso lui dona valore vero ad ogni cosa, perché toglie loro il valore di fine e ne fa uno strumento di carità per sé e per i fratelli. La patria vera del cristiano non è la terra, è il Cielo. Questa patria deve essere raggiunta, verso di essa dobbiamo camminare. Chi cammina non può dare valore eterno alle cose, perché esse passano, rimangono sempre dietro. Avanti a lui invece c’è solo la gioia di gustare in eterno il suo Signore, di godere per Lui per tutta l’eternità. È questo il grande mistero che il cristiano è chiamato a realizzare durante la sua breve, brevissima permanenza sulla terra.
La carità prova della fede. La carità è prova della fede perché essa altro non è che la Parola di Dio vissuta in ogni sua parte. Dio riversa tutto il suo amore nel nostro cuore, per mezzo dei sacramenti e della preghiera. Tutto l’amore di Dio noi dobbiamo donarlo al mondo intero attraverso la via dell’incarnazione di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio. Chi crede, ma non ama, possiede una fede morta. Chi invece crede e ama in conformità alla Parola di Cristo Gesù è di fede viva. Questa di sicuro produrrà molti frutti. Il frutto della fede è la carità.
Bene fatto e silenzio. Bene ricevuto e lode. Chi fa il bene, deve farlo in modo che la sua destra non sappia ciò che fa la sua sinistra. Colui invece che lo riceve, deve lodare il Signore, benedicendolo ed esaltandolo. Deve anche raccontare agli altri quanto il Signore ha fatto per lui attraverso i suoi fedeli discepoli. Il bene fatto deve operare sempre un duplice frutto: di lode e di esemplarità perché altri lo facciano, ma anche testimonianza della forza della grazia, la sola che può muovere un cuore a fare il bene secondo lo stile e la forma del Vangelo.
In modo degno di Dio. Bisogna aiutare i fratelli in modo degno di Dio. Ciò significa essenzialmente due cose: dobbiamo sempre fare il bene come se lo facessimo a Dio, ma anche dobbiamo farlo come se lo facesse il Signore. Se il Signore fosse al posto nostro cosa farebbe? Ciò che farebbe, ciò che fa il Signore dobbiamo farlo anche noi nei confronti dei nostri fratelli. Se non lo facciamo, di certo non facciamo il bene in modo degno di Dio.
Le ragioni della carità. Una sola è la ragione della carità, la stessa che è nel cuore di Dio. Dio vive nei nostri confronti una carità di espiazione, di morte al posto nostro, in vece nostra, di compassione, di misericordia, di perdono, di dono di tutto se stesso. Lui ci ha amati mentre eravamo peccatori. L’amore è dono di sé per il bene dell’altro. L’altro ha bisogno del nostro bene per essere, ritrovarsi, vivere, salvarsi, essere uomo. Le ragioni della carità mai devono essere trovate in noi, devono invece essere cercate nell’altro e l’altro ha sempre bisogno del nostro amore, della nostra compassione, del nostro perdono, della nostra misericordia per essere se stesso.
L’omologazione col peccato. Quando? Il pericolo più grave per la nostra fede è quando noi operiamo una omologazione con il peccato. Ciò avviene quando esso non è tolto dal nostro corpo. Lo si commette sapendo che poi sarà perdonato. È sempre omologazione quando non si mette alcun impegno per liberarci da esso, per toglierlo dalla nostra vita, per non commetterlo più, mai, in eterno. Oggi l’omologazione è divenuta regola di vita spirituale. Anzi si arriva anche a giustificarlo, a crederlo necessario per la nostra stessa vita. Tanti sono coloro che si sono talmente assuefatti al peccato da affermare e sostenere che non possono fare nulla per eliminarlo dal loro corpo.
Collaborazione e cooperazione. Il campo di Dio da coltivare è uno. Il seme da spargere è anche uno: la sua Parola. Gli operai che sono tanti – anche se sempre inadeguati alla vastità del mondo da condurre nel Vangelo – devono lavorare in sinergia, in comunione, in obbedienza gerarchica. Devono anche operare nella comunione dei carismi, dei doni spirituali, dei talenti. Questo lavoro d’assieme si chiama collaborazione e cooperazione. Mai ci potrà essere collaborazione e cooperazione se non si rispetta il dono specifico di ciascuno assieme alle ministerialità proprie di ogni membro nel popolo di Dio. La collaborazione è anche obbedienza, sottomissione, ma sempre nel rispetto della volontà, che Dio ha scritto e scrive per ciascun operaio che lui chiama a lavorare nella sua vigna. La prima collaborazione è con Dio e nessun uomo può pensare di annullare l’opera che Dio ha deciso per ogni operaio che lui chiama a lavorare nel suo campo.
L’ambizione. L’ambizione è figlia della superbia. Chi la possiede mira ad ottenere ciò che non gli appartiene. Non gli appartiene, perché Dio ha disposto diversamente. Nel campo di Dio è Dio che decide l’opera e il posto di ciascuno. L’ambizioso invece vuole essere lui a decidere il suo posto e i posti dei suoi fratelli. L’ambizioso vuole tutto per sé, niente per gli altri. Gli altri devono sottostare alla sua volontà, che è in tutto contraria alla volontà del Signore.
Con voci maligne. Per poter riuscire nel suo insano proposito, l’ambizioso crea il vuoto attorno a sé. Come? Spargendo voci maligne su tutti i membri della comunità nella quale lui vive. Così operando, crea discredito e mette gli uni contro gli altri, divide e separa gli uni dagli altri, si fa amico degli uni contro gli altri, pensando così di riuscire nel suo proposito scellerato.
Il primo intento della tentazione: separare la comunità dal presbitero. Il presbitero è la guida della comunità. L’Apostolo ha il posto di Cristo. L’ambizioso cosa fa: sparge voci maligne sull’Apostolo del Signore, così separa l’Apostolo dalla comunità e la comunità dall’Apostolo in ordine alla credibilità. Quando questo avviene è la fine della comunità. Essa è privata del suo naturale capo e di certo andrà alla deriva. Nessuna comunità potrà mai reggersi, se c’è separazione dall’Apostolo del Signore. Questa comunità ben presto sarà avvolta dalle tenebre.
Il frutto della malignità. Il frutto della malignità è la disgregazione della comunità cristiana. Tutti, alla fine, sono contro tutti, tutti nemici di tutti. Così mai si potrà edificare il campo di Dio. Così agendo, è la rovina dell’intera comunità del Signore. Chi si lascia governare dall’ambizione in una comunità, altro non fa che distruggere tutta intera la comunità.
Non accogliere i fratelli. La comunità ha una vita all’interno di sé, ma anche una all’esterno. Dall’esterno possono introdursi in essa nuovi figli, anche se per poco tempo, pochi giorni. Questa introduzione di nuovi membri, può portare una vitalità nuova, perché può arricchire la comunità di molti beni spirituali e anche di frutti che si colgono nelle altre comunità. L’ambizioso cosa fa? Opera perché la comunità rimanga nella sua morte spirituale e per questo chiude le porte a tutti coloro che vengono dalle altre comunità. La Chiesa vive di questo scambio di doni e di esperienze spirituali, di questa comunione nei carismi e nei frutti che i carismi producono. È questa la sua ricchezza. Chiudendo le porte a quanti vengono da fuori, l’ambizioso fa sì che la comunità rimanga nella sua miseria e pochezza spirituale. Questo è peccato contro lo Spirito Santo.
Scacciare dalla Chiesa coloro che lo fanno. Altro danno che l’ambizioso arreca è questo: toglie dalla comunità, dalla Chiesa, coloro che accolgono quanti vengono dall’esterno. Così facendo, egli mostra tutta la sua malvagità, la sua chiusura ad ogni forma di amore. Scacciare dalla Chiesa coloro che fanno il bene è condannare questa Chiesa a fare solo il male. Più grave danno di questo è impossibile anche concepirlo. Questo è vero peccato satanico.
La salvezza è dalla parola del presbitero. Gesù ha costituito i suoi Apostoli ministri della sua Parola, datori della sua grazia. L’ambizioso, allontanando la comunità dall’Apostolo, la priva della verità e della grazia. Condanna la comunità alle tenebre perenni, al male, alla cattiveria, alla malvagità, al peccato. Se non si vuole giungere a questo disastro spirituale, è giusto che tutta la comunità insorga contro gli ambiziosi e li allontani dal suo seno.
Come si collabora con il male. Sono molti i modi attraverso i quali si collabora con il male. Il modo cristiano è questo: il mancato annunzio, il falso annunzio, la giustificazione del peccato, la non accoglienza dei doni e dei carismi dei fratelli, la nostra permanenza nel vizio e nella trasgressione dei comandamenti. Si collabora con il male anche insegnando la falsità e l’errore. Chi distrugge, con il suo insegnamento la verità del Vangelo, è un esperto collaboratore del male. Costui anche se è nella Chiesa non è della Chiesa, perché è del mondo. Possiamo affermarlo: il cattivo cristiano è il più grande collaboratore del male. Il cattivo cristiano distrugge la Chiesa, anziché edificarla.
È da Dio chi fa il bene. Ogni bene discende da Dio. È Dio la causa, la fonte, la sorgente di ogni bene. Chi fa il male di certo non viene da Dio. Viene da Dio invece solo chi fa il bene, perché il bene nessuno lo potrà mai fare se non è da Dio, non è con Dio, non vive per il Signore.
L’opera della Chiesa è antropologica se è frutto della sua opera teologica. La Chiesa deve prestare ogni attenzione a non ridurre la sua opera in mera antropologia. L’opera della Chiesa deve essere sempre teologica. Se è veramente teologica è veramente antropologica; se è perfettamente teologica è anche perfettamente antropologica. Ma se non è veramente e perfettamente teologica mai potrà dirsi opera antropologica. È una mistura di ipocrisia, di falsità, di inganno, di menzogna. Senza l’opera teologica l’opera antropologica della Chiesa è il più grande danno che essa possa arrecare all’umanità intera.
È da Dio chi è da Cristo. Chi vuole essere da Dio necessariamente deve essere da Cristo Gesù. È Cristo Gesù la via attraverso la quale Dio viene a noi e noi andiamo a Dio. Chi esclude Cristo, si esclude da Dio. Senza Cristo, il Dio che si adora non è il vero Dio, o non è il perfetto Dio. Senza Cristo, c’è sempre il rischio che si adori un frutto del proprio pensiero.
Quando la verità rende testimonianza di una persona. La verità rende testimonianza ad una persona quando la persona vive tutta la verità, trasformandola in un frutto di eterna e divina carità. Il bene fatto, come frutto della Parola vissuta, attesta per noi. Esso dice al mondo intero che noi siamo di Cristo Gesù, del suo Vangelo, della sua Parola. Quando la verità rende testimonianza di una persona, è segno che questa persona vive intensamente ogni Parola del Vangelo. È il Vangelo la nostra verità ed è il frutto operato dal Vangelo in noi che deve rendere testimonianza della bontà della nostra fede e della nostra carità. Sono le opere secondo la fede che renderanno gloria al Padre nostro che è nei cieli.
Oggettività e verità: principio della vera testimonianza. Chi vuole rendere testimonianza al Vangelo deve unire oggettività e verità. L’oggettività dice che la Parola è fuori di noi, come anche la verità è fuori di noi. La verità è verificabile, con essa ci si può confrontare, essa può essere studiata e conosciuta in ogni suo particolare. Chi riduce la verità ad un fatto personale, del suo cuore, della sua anima, costui sappia che con questa azione mai potrà rendere testimonianza alla verità. Manca alla sua testimonianza l’oggettività, la realtà esteriore che è essenza stessa della verità.
Chi può rendere testimonianza alla verità. Alla verità può rendere testimonianza chi vive tutta la Parola del Vangelo, o nella misura in cui si vive il Vangelo. Trasformando la Parola nella verità della nostra vita, con la nostra vita noi rendiamo testimonianza alla verità.
Ascolto, obbedienza, comprensione. Il nostro ascolto non è alla Parola del Vangelo. È invece alla Parola compresa nel suo significato più vero, più autenticamente divino. Per questo motivo la Chiesa è obbligata non solo a dire la Parola, ma anche a spiegarla. Se la dice, ma non la spiega, l’atto di fede sarà imperfetto, sarà non perfettamente umano. Potrebbe anche essere disumano. Dio dona sempre la comprensione della sua Parola. Lo Spirito Santo ha questo specifico mandato: condurci verso la verità tutta intera. Ora nessuna verità potrà mai essere tutta intera, se non è tratta dalla comprensione tutta intera della Parola di Gesù.
Ogni comunità punto di riferimento per ogni altra comunità. Ogni comunità che cresce nella verità, nella santità, nella testimonianza diviene, con la sua alta esemplarità, punto di riferimento per tutte le altre comunità. L’esemplarità nella fede di Cristo Gesù è come un faro che indica la rotta da seguire a tutte le altre comunità. L’esemplarità è il più grande aiuto che una comunità può offrire a tutte le Chiese che sono nel mondo.
Chi è l’amico? L’amico è colui del quale si condivide la volontà. Nessun cristiano può essere amico di un altro cristiano, anche se ne condivide la volontà. La volontà che aleggia su di noi tutti è quella del Signore. Si è amici del Signore facendo tutta la sua volontà. Si è amici tra i cristiani, se si fa in tutto la volontà del Signore. Un’amicizia costruita fuori della volontà del Signore è falsa, ambigua, dannosa.
Il saluto è già salvezza. Quando? Il saluto è già salvezza quando è augurio e dono di pace, di verità, di santità, di gioia, di amore, di carità, di speranza. È salvezza quando lo si trasforma in preghiera per la conversione di ogni persona che si incontra sul proprio cammino. È salvezza quando è la manifestazione della ricchezza di grazia e di verità che ha trasformato la nostra vita e delle quali il nostro cuore è ricolmo.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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