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COMMENTO ALLA TERZA LETTERA DI S.GIOVANNI

Ultimo Aggiornamento: 09/01/2012 12:32
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09/01/2012 12:24
 
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Già il Signore lo aveva detto nel Suo Vangelo: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,40-42).
Chi accoglie un missionario come missionario e lo sostiene nella sua opera, coopera con lui alla diffusione della verità e avrà la ricompensa del missionario.
Questo significa: “Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone per cooperare alla diffusione della verità”.
[9]Ho scritto qualche parola alla Chiesa ma Diòtrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole accogliere.
Questo versetto è oscuro nella sua storicità. Non abbiamo notizie dei fatti contenuti, o espressi in esso.
Non sappiamo chi sia Diòtrefe e quali le parole che il presbitero abbia scritto alla Chiesa. Sappiamo dal versetto che segue che la Chiesa è la comunità nella quale vive Gaio, cioè la stessa alla quale ha scritto questa lettera.
Sappiamo però che nella comunità cristiana non tutti vivono di santità, non tutti svolgono il servizio per edificare il corpo di Cristo.
Molti si servono della Chiesa per dare sfogo al loro vizio, o peccato.
Diòtrefe è uno che ambisce il primo posto. È uno che ama mettersi dinanzi a tutti.
Non ama questo per amore del Vangelo, della verità, della parola di salvezza.
Ama questo per la gloria della sua persona.
Chi cura la gloria della sua persona, mai potrà curare la gloria del corpo di Cristo.
Sono due glorie di cui l’una esclude l’altra. O si lavora per la gloria del corpo di Cristo, o per la gloria della propria persona.
Nella comunità di Dio tutto ciò che si vive, si opera, si fa, ogni ministero che si assume ha un unico e solo fine: edificare il corpo di Cristo, cooperare per la crescita della sua gloria.
L’ambizione è peccato grave, anzi gravissimo. È grave ed è gravissimo perché per mezzo di essa tutto ciò che si fa, si fa per se stessi e anche i fratelli sono asserviti al carro della propria gloria, distogliendoli dal carro di Cristo Gesù.
L’ambizione distrugge il corpo di Cristo, lo annienta. Un solo ambizioso nella comunità provoca danni incalcolabili.
Memorabile nell’Antico Testamento è l’ambizione di Assalonne, uno dei figli di Davide. I mali che egli procurò a causa di questo vizio non sconfitto furono infiniti, giunsero fino alla guerra civile, che poi si concluse con la stessa morte di lui.
Secondo libro di Samuele - cap. 15.1-37: “Ma dopo, Assalonne si procurò un carro, cavalli e cinquanta uomini che correvano davanti a lui. Assalonne si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della strada di accesso alla porta della città; quando qualcuno aveva una lite e veniva dal re per il giudizio, Assalonne lo chiamava e gli diceva: Di quale città sei?, l'altro gli rispondeva: Il tuo servo è di tale e tale tribù d'Israele. Allora Assalonne gli diceva: Vedi, le tue ragioni sono buone e giuste, ma nessuno ti ascolta da parte del re. Assalonne aggiungeva: Se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse una lite o un giudizio verrebbe da me e io gli farei giustizia.
Quando uno gli si accostava per prostrarsi davanti a lui, gli porgeva la mano, l'abbracciava e lo baciava. Assalonne faceva così con tutti gli Israeliti che venivano dal re per il giudizio; in questo modo Assalonne si cattivò l'affetto degli Israeliti. Ora, dopo quattro anni, Assalonne disse al re: Lasciami andare a Ebron a sciogliere un voto che ho fatto al Signore. Perché durante la sua dimora a Ghesùr, in Aram, il tuo servo ha fatto questo voto: Se il Signore mi riconduce a Gerusalemme, io servirò il Signore a Ebron! Il re gli disse: Và in pace! Egli si alzò e andò a Ebron.
Allora Assalonne mandò emissari per tutte le tribù d'Israele a dire: Quando sentirete il suono della tromba, allora direte: Assalonne è divenuto re a Ebron. Con Assalonne erano partiti da Gerusalemme duecento uomini, i quali, invitati, partirono con semplicità, senza saper nulla. Assalonne convocò Achitòfel il Ghilonita, consigliere di Davide, perché venisse dalla sua città di Ghilo ad assistere mentre offriva i sacrifici. La congiura divenne potente e il popolo andava crescendo di numero intorno ad Assalonne. Arrivò un informatore da Davide e disse: Il cuore degli Israeliti si è volto verso Assalonne.
Allora Davide disse a tutti i suoi ministri che erano con lui a Gerusalemme: Alzatevi, fuggiamo; altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Assalonne. Partite in fretta perché non si affretti lui a raggiungerci e faccia cadere su di noi la sventura e colpisca la città a fil di spada. I ministri del re gli dissero: Tutto secondo ciò che sceglierà il re mio signore; ecco, noi siamo i tuoi ministri.
Il re dunque uscì a piedi con tutta la famiglia; lasciò dieci concubine a custodire la reggia. Il re uscì dunque a piedi con tutto il popolo e si fermarono all'ultima casa. Tutti i ministri del re camminavano al suo fianco e tutti i Cretei e tutti i Peletei e Ittài con tutti quelli di Gat, seicento uomini venuti da Gat al suo seguito, sfilavano davanti al re. Allora il re disse a Ittài di Gat: Perché vuoi venire anche tu con noi? Torna indietro e resta con il re, perché sei un forestiero e per di più un esule dalla tua patria. Appena ieri sei arrivato e oggi ti farei errare con noi, mentre io stesso vado dove capiterà di andare? Torna indietro e riconduci con te i tuoi fratelli; siano con te la grazia e la fedeltà al Signore!. Ma Ittài rispose al re: Per la vita del Signore e la tua, o re mio signore, in qualunque luogo sarà il re mio signore, per morire o per vivere, là sarà anche il tuo servo.
Allora Davide disse a Ittài: Va’, prosegui pure! Ittài, quello di Gat, proseguì con tutti gli uomini e con tutte le donne e i bambini che erano con lui. Tutti quelli del paese piangevano ad alta voce, mentre tutto il popolo passava. Il re stava in piedi nella valle del Cedron e tutto il popolo passava davanti a lui prendendo la via del deserto. Ecco venire anche Zadòk con tutti i leviti, i quali portavano l'arca dell'alleanza di Dio. Essi deposero l'arca di Dio presso Ebiatàr, finché tutto il popolo non finì di uscire dalla città. Il re disse a Zadòk: Riporta in città l'arca di Dio! Se io trovo grazia agli occhi del Signore, egli mi farà tornare e me la farà rivedere insieme con la sua Dimora. Ma se dice: Non ti gradisco, eccomi: faccia di me quello che sarà bene davanti a lui. Il re aggiunse al sacerdote Zadòk: Vedi? Torna in pace in città con tuo figlio Achimaaz e Giònata figlio di Ebiatàr. Badate: io aspetterò presso i guadi del deserto, finché mi sia portata qualche notizia da parte vostra. Così Zadòk ed Ebiatàr riportarono a Gerusalemme l'arca di Dio e là dimorarono.
Davide saliva l'erta degli Ulivi; saliva piangendo e camminava con il capo coperto e a piedi scalzi; tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva. Fu intanto portata a Davide la notizia: Achitòfel è con Assalonne tra i congiurati. Davide disse: Rendi vani i consigli di Achitòfel, Signore! Quando Davide fu giunto in vetta al monte, al luogo dove ci si prostra a Dio, ecco farglisi incontro Cusài, l'Archita, con la tunica stracciata e il capo coperto di polvere. Davide gli disse: Se tu procedi con me, mi sarai di peso; ma se torni in città e dici ad Assalonne: Io sarò tuo servo, o re; come sono stato servo di tuo padre prima, così sarò ora tuo servo, tu dissiperai in mio favore i consigli di Achitòfel. E non avrai forse là con te i sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr? Quanto sentirai dire della reggia, lo riferirai ai sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr. Ecco, essi hanno con loro i due figli, Achimaaz, figlio di Zadòk e Giònata, figlio di Ebiatàr; per mezzo di loro mi farete sapere quanto avrete sentito. Cusài, amico di Davide, arrivò in città quando Assalonne entrava in Gerusalemme.
Secondo libro di Samuele - cap. 16.1-23: “Davide aveva di poco superato la cima del monte, quando ecco Zibà, servo di Merib-Bàal, gli si fece incontro con un paio di asini sellati e carichi di duecento pani, cento grappoli di uva secca, cento frutti d'estate e un otre di vino. Il re disse a Zibà: Che vuoi fare di queste cose? Zibà rispose: Gli asini serviranno di cavalcatura alla reggia, i pani e i frutti d'estate sono per sfamare i giovani, il vino per dissetare quelli che saranno stanchi nel deserto. Il re disse: Dov'è il figlio del tuo signore? Zibà rispose al re: Ecco, è rimasto a Gerusalemme perché ha detto: Oggi la casa di Israele mi renderà il regno di mio padre. Il re disse a Zibà: Quanto appartiene a Merib-Bàal è tuo. Zibà rispose: Mi prostro! Possa io trovar grazia ai tuoi occhi, re mio signore!
Quando poi il re Davide fu giunto a Bacurìm, ecco uscire di là un uomo della stessa famiglia della casa di Saul, chiamato Simeì, figlio di Ghera. Egli usciva imprecando e gettava sassi contro Davide e contro tutti i ministri del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti i prodi stavano alla destra e alla sinistra del re. Simeì, maledicendo Davide, diceva: Vattene, vattene, sanguinario, scellerato! Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni; il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio ed eccoti nella sventura che hai meritato, perché sei un sanguinario.
Allora Abisài figlio di Zeruià disse al re: Perché questo cane morto dovrà maledire il re mio signore? Lascia che io vada e gli tagli la testa! Ma il re rispose: Che ho io in comune con voi, figli di Zeruià? Se maledice, è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! E chi potrà dire: Perché fai così?
Poi Davide disse ad Abisài e a tutti i suoi ministri: Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita: Quanto più ora questo Beniaminita! Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi.
Davide e la sua gente continuarono il cammino e Simeì camminava sul fianco del monte, parallelamente a Davide, e, cammin facendo, imprecava contro di lui, gli tirava sassi e gli lanciava polvere. Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono stanchi presso il Giordano e là ripresero fiato.
Intanto Assalonne con tutti gli Israeliti era entrato in Gerusalemme e Achitòfel era con lui. Quando Cusài l'Archita, l'amico di Davide, fu giunto presso Assalonne gli disse: Viva il re! Viva il re! Assalonne disse a Cusài: Questa è la fedeltà che hai per il tuo amico? Perché non sei andato con il tuo amico? Cusài rispose ad Assalonne: No, io sarò per colui che il Signore e questo popolo e tutti gli Israeliti hanno scelto e con lui rimarrò. E poi di chi sarò schiavo? Non lo sarò forse di suo figlio? Come ho servito tuo padre, così servirò te.
Allora Assalonne disse ad Achitòfel: Consultatevi su quello che dobbiamo fare. Achitòfel rispose ad Assalonne: Entra dalle concubine che tuo padre ha lasciate a custodia della casa; tutto Israele saprà che ti sei reso odioso a tuo padre e sarà rafforzato il coraggio di tutti i tuoi. Fu dunque piantata una tenda sulla terrazza per Assalonne e Assalonne entrò dalle concubine del padre, alla vista di tutto Israele. In quei giorni un consiglio dato da Achitòfel era come una parola data da Dio a chi lo consulta. Così era di tutti i consigli di Achitòfel per Davide e per Assalonne.
Secondo libro di Samuele - cap. 17,1-29: “Achitòfel disse ad Assalonne: Sceglierò dodicimila uomini: mi metterò ad inseguire Davide questa notte; gli piomberò addosso mentre egli è stanco e ha le braccia fiacche; lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga; io colpirò solo il re e ricondurrò a te tutto il popolo, come ritorna la sposa al marito. La vita di un solo uomo tu cerchi; la gente di lui rimarrà tranquilla.
Questo parlare piacque ad Assalonne e a tutti gli anziani d'Israele. Ma Assalonne disse: Chiamate anche Cusài l'Archita e sentiamo ciò che ha in bocca anche lui. Quando Cusài fu giunto da Assalonne, questi gli disse: Achitòfel ha parlato così e così; dobbiamo fare come ha detto lui? Se no, parla tu! Cusài rispose ad Assalonne: Questa volta il consiglio dato da Achitòfel non è buono. Cusài continuò: Tu conosci tuo padre e i suoi uomini: sai che sono uomini valorosi e che hanno l'animo esasperato come un'orsa nella campagna quando le sono stati rapiti i figli; poi tuo padre è un guerriero e non passerà la notte con il popolo. A quest'ora egli è nascosto in qualche buca o in qualche altro luogo; se fin da principio cadranno alcuni dei tuoi, qualcuno lo verrà a sapere e si dirà: C'è stata una strage tra la gente che segue Assalonne. Allora il più valoroso, anche se avesse un cuore di leone, si avvilirà, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che i suoi uomini sono valorosi.
Perciò io consiglio che tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, si raduni presso di te, numeroso come la sabbia che è sulla riva del mare, e che tu vada in persona alla battaglia. Così lo raggiungeremo in qualunque luogo si troverà e gli piomberemo addosso come la rugiada cade sul suolo; di tutti i suoi uomini non ne scamperà uno solo. Se invece si ritira in qualche città, tutto Israele porterà corde a quella città e noi la trascineremo nella valle, così che non se ne trovi più nemmeno una pietruzza.
Assalonne e tutti gli Israeliti dissero: Il consiglio di Cusài l'Archita è migliore di quello di Achitòfel. Il Signore aveva stabilito di mandare a vuoto il saggio consiglio di Achitòfel per far cadere la sciagura su Assalonne. Allora Cusài disse ai sacerdoti Zadòk ed Ebiatàr: Achitòfel ha consigliato Assalonne e gli anziani d'Israele così e così, ma io ho consigliato in questo modo. Ora dunque mandate in fretta ad informare Davide e ditegli: Non passare la notte presso i guadi del deserto, ma passa subito dall'altra parte, perché non venga lo sterminio sul re e sulla gente che è con lui.
Ora Giònata e Achimaaz stavano presso En-Roghèl, in attesa che una schiava andasse a portare le notizie che essi dovevano andare a riferire al re Davide; perché non potevano farsi vedere ad entrare in città. Ma un giovane li vide e informò Assalonne. I due partirono di corsa e giunsero a Bacurìm a casa di un uomo che aveva nel cortile una cisterna. Quelli vi si calarono e la donna di casa prese una coperta, la distese sulla bocca della cisterna e vi sparse grano pesto, così che non ci si accorgeva di nulla. I servi di Assalonne vennero in casa della donna e chiesero: Dove sono Achimaaz e Giònata? La donna rispose loro: Hanno passato il serbatoio dell'acqua. Quelli si misero a cercarli, ma, non riuscendo a trovarli, tornarono a Gerusalemme. Quando costoro se ne furono partiti, i due uscirono dalla cisterna e andarono ad informare il re Davide. Gli dissero: Muovetevi e passate in fretta l'acqua, perché così ha consigliato Achitòfel a vostro danno.
Allora Davide si mosse con tutta la sua gente e passò il Giordano. All'apparire del giorno, neppure uno era rimasto che non avesse passato il Giordano. Achitòfel, vedendo che il suo consiglio non era stato seguito, sellò l'asino e partì per andare a casa sua nella sua città. Mise in ordine gli affari della casa e s'impiccò. Così morì e fu sepolto nel sepolcro di suo padre. Davide era giunto a Macanàim, quando Assalonne passò il Giordano con tutti gli Israeliti. Assalonne aveva posto a capo dell'esercito Amasà invece di Ioab. Amasà era figlio di un uomo chiamato Itrà l'Ismaelita, il quale si era unito a Abigàl, figlia di Iesse e sorella di Zeruià, madre di Ioab. Israele e Assalonne si accamparono nel paese di Gàlaad. Quando Davide fu giunto a Macanàim, Sobì, figlio di Nacàs che era da Rabbà, città degli Ammoniti, Machìr, figlio di Ammiel da Lodebàr, e Barzillài, il Galaadita di Roghelìm, portarono letti e tappeti, coppe e vasi di terracotta, grano, orzo, farina, grano arrostito, fave, lenticchie, miele, latte acido e formaggi di pecora e di vacca, per Davide e per la sua gente perché mangiassero; infatti dicevano: Questa gente ha patito fame, stanchezza e sete nel deserto.
Secondo libro di Samuele - cap. 18,1-32: “Davide passò in rassegna la sua gente e costituì capi di migliaia e capi di centinaia per comandarla. Divise la gente in tre corpi: un terzo sotto il comando di Ioab, un terzo sotto il comando di Abisài figlio di Zeruià, fratello di Ioab, e un terzo sotto il comando di Ittài di Gat. Poi il re disse al popolo: Voglio uscire anch'io con voi! Ma il popolo rispose: Tu non devi uscire, perché se noi fossimo messi in fuga, non si farebbe alcun caso di noi; quand'anche perisse la metà di noi, non se ne farebbe alcun caso, ma tu conti per diecimila di noi; è meglio che ti tenga pronto a darci aiuto dalla città.
Il re rispose loro: Farò quello che vi sembra bene. Il re si fermò al fianco della porta, mentre tutto l'esercito usciva a schiere di cento e di mille uomini. Il re ordinò a Ioab, ad Abisài e ad Ittài: Trattatemi con riguardo il giovane Assalonne! E tutto il popolo udì quanto il re ordinò a tutti i capi nei riguardi di Assalonne.
L'esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Efraim. La gente d'Israele fu in quel luogo sconfitta dai servi di Davide; la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini. La battaglia si estese su tutta la contrada e la foresta divorò in quel giorno molta più gente di quanta non ne avesse divorato la spada. Ora Assalonne s'imbattè nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre. Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: Ho visto Assalonne appeso a un terebinto.
Ioab rispose all'uomo che gli portava la notizia: Dunque, l'hai visto? E perché non l'hai tu, sul posto, steso al suolo? Io non avrei mancato di darti dieci sicli d'argento e una cintura. Ma quell'uomo disse a Ioab: Quand'anche mi fossero messi in mano mille sicli d'argento, io non stenderei la mano sul figlio del re; perché con i nostri orecchi abbiamo udito l'ordine che il re ha dato a te, ad Abisài e a Ittài: Salvatemi il giovane Assalonne! Se io avessi commesso di mia testa una perfidia, poiché nulla rimane nascosto al re, tu stesso saresti sorto contro di me.
Allora Ioab disse: Io non voglio perdere così il tempo con te. Prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto. Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono. Allora Ioab suonò la tromba e il popolo cessò di inseguire Israele, perché Ioab aveva trattenuto il popolo. Poi presero Assalonne, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed elevarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre. Tutto Israele era fuggito ciascuno nella sua tenda.
Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re; perché diceva: Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome; chiamò quella stele con il suo nome e la si chiamò di Assalonne fino ad oggi. Achimaaz figlio di Zadòk disse a Ioab: Correrò a portare al re la notizia che il Signore gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici. Ioab gli rispose: Oggi tu non sarai l'uomo della buona notizia, la porterai un altro giorno; non porterai oggi la bella notizia perché il figlio del re è morto. Poi Ioab disse all'Etiope: Va’ e riferisci al re quello che hai visto. L'Etiope si prostrò a Ioab e corse via.
Achimaaz, figlio di Zadòk, disse di nuovo a Ioab: Qualunque cosa avvenga, lasciami correre dietro all'Etiope. Ioab gli disse: Ma perché correre, figlio mio? La buona notizia non ti porterà nulla di buono. E l'altro: Qualunque cosa avvenga, voglio correre. Ioab gli disse: Corri! Allora Achimaaz prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l'Etiope. Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo.
La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: Se è solo, porta una buona notizia. Quegli andava avvicinandosi sempre più. Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano: Ecco un altro uomo correre tutto solo! E il re: Anche questo porta una buona notizia. La sentinella disse: Il modo di correre del primo mi pare quello di Achimaaz, figlio di Zadòk. E il re disse: E` un uomo dabbene: viene certo per una lieta notizia!
Achimaaz gridò al re: Pace! Prostratosi dinanzi al re con la faccia a terra, disse: Benedetto sia il Signore tuo Dio che ha messo in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re mio signore! Il re disse: Il giovane Assalonne sta bene? Achimaàz rispose: Quando Ioab mandava il servo del re e me tuo servo, io vidi un gran tumulto, ma non so di che cosa si trattasse.
Il re gli disse: Mettiti là, da parte Quegli si mise da parte e aspettò. Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te.
Il re disse all'Etiope: Il giovane Assalonne sta bene? L'Etiope rispose: Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!”
Abbiamo riportato questa storia, perché ognuno si renda conto quanto male è capace di generare l’ambizione.
Quando essa si impossessa del cuore di un uomo, è la fine per quel cuore ed è la fine anche della pace in seno alla comunità degli uomini.
L’ambizione infatti è figlia della superbia ed ha come sorelle l’invidia e la gelosia.
Sono questi i vizi peggiori che si possono attaccare ad un cuore. Diòtrefe è gravemente infetto e per questo crea divisioni nella comunità.
La prima e più grave divisione è quella di mettere la comunità contro l’apostolo del Signore.
È quanto faceva Assalonne con il popolo di Dio. Lo rivoltava contro Davide che era il Re prescelto dal Signore.
Diòtrefe non accoglie la parola del presbitero. Non accoglie il presbitero. Getta discredito sul suo conto presso i fedeli.
Ecco la sua tattica velenosa:
[10]Per questo, se verrò, gli rinfaccerò le cose che va facendo, sparlando contro di noi con voci maligne. Non contento di questo, non riceve personalmente i fratelli e impedisce di farlo a quelli che lo vorrebbero e li scaccia dalla Chiesa.
La sua tattica velenosa consiste in scelte operative precise. Egli può ergersi a capo della comunità in un solo modo: distruggendo nel cuore dei fedeli l’autorità e la figura del presbitero.
Questo può avvenire operando su due fronti: contro il presbitero e contro i fedeli in Cristo Gesù.
Contro il presbitero opera infangando il suo nome, sparlando contro di lui con voci maligne.
La malignità è propria di satana, del diavolo. Essa è generata nel cuore dall’invidia. È rafforzata dalla malizia e dalla malvagità.
Quando questi tre vizi si impossessano di un cuore, dal cuore viene eruttata nella comunità una lava di morte.
I danni che provocano questi tre vizi in seno alla comunità degli uomini sono veramente incalcolabili. Essi si possono chiamare con un solo nome: distruzione e morte.
Il Nuovo Testamento vede il diavolo come il padre di ogni malignità. Vede la malignità nella sua forza di devastazione e di annientamento di ogni bene spirituale. Dove si insedia la malignità, si stabilisce la morte.
“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5,37).
“Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada” (Mt 13,19).
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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