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COMMENTO DELLA PRIMA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2019 17:13
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09/12/2011 21:45
 
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1 Corinti 14, 20-25;

La profezia


- Desideriamo fare tesoro della celebrazione di oggi per chiedere al Signore la grazia di una sempre maggiore chiarezza di fronte alla sua Parola. In Dio tutto (gioia, dolore, ...) è semplice. La nostra fatica quotidiana è la battaglia della fede che si combatte nel nostro cuore, che non vuole accogliere la luce serena di Gesù. In Gesù, tutta la complessità delle rivelazioni antiche e delle profezie, la stessa complessità della storia dei popoli, delle nazioni, e di ciascuno di noi si semplifica, se guardiamo con cuore limpido. E dobbiamo ricordare che ci sono molti fratelli che cercano proprio questo, e che hanno bisogno di trovarlo, anche per nostro tramite. Chiediamo perdono per come il Vangelo del Signore diventa in noi una cosa sconnessa e complicata, e addirittura luogo di divisione e di giudizio. Chiediamo al Signore la grande grazia di una vita tutta raccolta in Lui.


- vs 22: non è chiaro, e sembra contraddire i vs 23-24. Fra l'altro sembra dica che i non credenti non possono profetizzare, cosa un pò sorprendente.

- vs 20: in latino dice "siate perfetti" un termine che vuol dire senno, ragione. Al vs 24 spiega cosa vuol dire perfetti: quando una chiesa si riunisce e profetizza, è cosi potente che porta alla conversione. Il parlare, l'annunciare la parola, l'essere profeti ed il vivere nella comunione, porta alla conversione del non credente.

- vs 25: "adorerebbe Dio": non dobbiamo preoccuparci del come e del perchè, l'importante è che c'è qualcuno che trova Dio.

- vs 22: in Atti 10, Pietro vede che lo Spirito Santo scende su chi ancora non ha ricevuto il battesimo, e tutti parlano in lingue prima ancora di essere credenti. Per profetizzare, invece, ci vuole anche la fede e quindi profetizzare è uno stato più avanzato, che richiede un rapporto con la parola di Dio. Se è così, i testi ci parlano della nostra preghiera sia individuale che comunitaria, per dire l'importanza che deve avere la parola di Dio, sia ascoltata che data, perchè cresca l'intelligenza della fede.


- Il testo di oggi contiene una consolazione ed una ammonizione per la nostra assemblea quotidiana. Bello il discorso sui bambini del vs 20. Ci sono due modi per essere bambini: uno buono, perchè il bambino non ha esperienza del male, e la sua disponibilità alla conversione è totale; uno cattivo, che è quello di non crescere mai e rimanere sempre nell'incertezza. La carità è la maturità della fede, chi è bambino nella fede è più lontano dalla carità. Quando al vs 21 Paolo cita Is (e ci ricorda indirettamente passi collegati del Dt e del Vangelo di Marco) ci porta in un orizzonte negativo della storia, o perchè i profeti sono falsi, o perchè la gente non si converte. Questo brano di oggi è quello che parla peggio delle "lingue". Paolo vuol farci capire che un'assemblea che parla in lingue impressiona molto il non credente, mentre per il credente il vero miracolo è la grande semplicità e lucidità della parola di Dio. Il grande frutto della profezia è mettere nel cuore della gente la Parola. Quello che "occorre" quindi, anche al non credente, è ricevere la profezia, che lo può portare alla conversione. E' la profezia lo spazio in cui si celebra la fede. Noi avvertiamo che il dono della profezia si distende nel tempo, cresce, ma è sempre un dono. La vera differenza è rendersi conto che la profezia è la celebrazione della parola. La profezia non è l' insegnamento, e non è il ministero apostolico. La profezia è un'assemblea dove, dal cuore di ciascuno, emerge quello che la Parola ha donato. Il puro fatto che l'assemblea esalti la parola, le conferisce grande autorità senza esercizio di potere. Nel NT Gesù stabilisce un rapporto strettissimo fra l'autorevolezza che viene dalla parola del Signore e l'autorità. La forza che viene dal Signore dà la possibilità di esercitare un'autorità fraterna molto grande, senza potere. Tutto va appoggiato al mistero cristiano: o si fa entrare nel quotidiano la parola di Gesù, o tutto diventa difficilissimo. Quindi anche oggi il Signore ci ha fatto un grande regalo: ci ha fatto capire che l'autorevolezza può derivare solo dalla profezia, che tutti possono esercitare; e poi tutto va basato su questo. Se l'assemblea profetizza, il non iniziato capisce tutto e adora Dio.

28-5-97 1 Corinti 14, 26-33a; Gv 19, 28-30 (Giovanni)



La liturgia è per l'edificazione


- Dio Padre si piega con cura affettuosa sulla nostra vita perchè fiorisca, nella grande sinfonia della carità, la ricchezza dei doni che ha voluto riservarci. Purtroppo questi doni, quando sono ereditati nell'asprezza del nostro cuore di pietra, diventano motivi di divisione e di scontentezza. Il Signore, invece, desidera che tutto si svolga nell'ordine vero, che è quello della carità. Anche stamane il Signore ci accoglie, quindi, nel perdono di tutto quello che in noi è stato disordine, parola incontrollata, gesto violento. Ci dà un cuore rinnovato e un labbro purificato per consentirci di cantare la sua lode.


- vs 27 e 29: "parlino in 2 o 3". Ricorda Dt 17 dove dice che ogni parola sta salda su 2 o 3 testimoni. Frase ripresa dal Vangelo per la validità della testimonianza. Ricorda anche il brano evangelico in cui si dice che se 2 o 3 sono riuniti nel nome di Gesù, Lui è in mezzo a loro.

- vs 26: "ognuno può avere un salmo...". Nel greco, non c'è il "può"; dice semplicemente "ciascuno ha." Noi arriviamo qui ciascuno con un dono e tutti insieme compiamo questa edificazione vicendevole.

- vs 33: "Dio non è un Dio di disordine, ma di pace" richiama "Gesù è la nostra pace" La parola disordine si trova una sola volta in Lc (tumulti di guerra): quando Gesù non è in mezzo a noi, tutto è disordine.

- vs 26: "Quando vi radunate ". E' una bella parola che ricorda il vangelo. Sia chi profetizza che chi ascolta e giudica è profeta perchè accoglie Gesù nella sua pasqua.

- vs 32: una delle differenze fra i due doni (lingue e profezia) sta nel fatto che gli spiriti dei profeti devono stare sottomessi ai profeti (chi ha questo dono deve essere capace di gestirlo da solo), mentre per le lingue è indispensabile uno che le interpreti. Forse non è solo una questione di ordine comunitario, ma una questione di spirito, di umiltà. Qualunque cosa uno riceva dal Signore, deve consegnarla al fratello. Si tratta quindi di un ordine interiore che riguarda ogni persona.

- E' bello l'ordine di cui si parla: è un ordine senza gerarchia, tutti possono profetare, lo Spirito soffia dove vuole; non si parla neppure di chi presiede.

- Bella questa assemblea dove non ci sono passività: ciascuno ha una parte, anche chi ascolta è chiamato a giudicare; l'edificazione passa attraverso il giudizio.

- Si nota una grande delicatezza dell'uno verso l'altro: il primo tace quando il secondo ha un'ispirazione.


- L'assemblea di cui parla il testo di oggi è viva non per tutto quello che fa (lingue, profezie, giudizi), ma perché ha dei doni: si tratta di gente che arriva ricca all'assemblea. Paolo usa sempre il verbo "ha" e non "può avere". Il traduttore è stato un po' meno deciso dell'apostolo. C'è una parola importante, edificazione, che indica un movimento, un'attenzione, un fine che regola questa assamblea. Siccome liturgia e storia sono collegate, la potenza di esemplarietà della liturgia trasforma la storia. La liturgia non è un semplice rito che si svolge secondo un insieme di regole. Questa assemblea dà infatti l'impressione che la sua vera regola sia il suo stesso fine, che è l'edificazione secondo carità. C'è un regolamento leggero, e una regola ferrea che è costruire la carità. Ogni giorno bisogna costruire la carità: ci sarà una volta in cui si parla, e una in cui si tace; il tutto per lasciare che nella storia si liberi l'avvenimento del Signore, sempre.

Commuove l'accostamento con i tre versetti del vangelo, dove Cristo crocifisso morendo "trasmette il suo Spirito". Noi anche stamattina siamo qui per celebrare questa grande grazia: che lo Spirito sia dato, che il Cristo sia consegnato. Anche noi dobbiamo dare la vita, e veniamo qui ad apprendere come si fa a trasmettere lo Spirito con la parola, il silenzio, un salmo, un'esortazione. L'ordine del mondo è una limitazione della libertà, ma il cristianio ha una prospettiva nuova: dare la vita. Per quanto riguarda la liturgia, e in particolare la Messa, non deve essere un rito ripetitivo, ma un'impresa ogni volta nuova: un'edificazione stupefacente, un risultato che desta meraviglia.

29-5-97 1 Corinti 14, 33b-40; Gv 19, 31-37 (Giovanni)


La donna e l'assemblea


Siamo su una strada preziosa: lo Spirito del Signore ci ha portato a considerare la nostra vita come celebrazione del mistero di Gesù e della sua passione. Tutto quello che facciamo, pensiamo, viviamo non può che essere il frutto della mitezza allo Spirito, che assegna a ciascuno il compito di tessere la lode di Dio. Chiediamo perdono per ogni prevaricazione, per tutto quello che nella nostra vita, anzichè esprimere la sottomissione allo Spirito, è stato un tentativo di affermazione di noi stessi. E chiediamo perdono in particolare per tutto quello di negativo che le nostre parole e le nostre opere hanno significato per i nostri fratelli. Affidiamoci alla misericordia del Padre.


- vs 35: "se poi vogliono imparare.." Questo comando implica un'unione nuziale col marito nella parola. Col marito dice parlare, non profetizzare.

- vs 35: "imparare". Contiene la parola del discepolato. La donna in questo testo è figura indicativa della condizione del discepolo, legata al silenzio, all'ascolto, all'umiltà, alla non presunzione di insegnare, ad occupare il posto di chi impara. Come anche in altri passi, la donna assume il ruolo di chi indica quello che tutti dovrebbero cercare. Se la donna fa bene questa parte, fa vedere un qualcosa che ha un valore positivo per tutti.

- Si notano alcune differenze rispetto al testo inglese: vs 34 "le vostre donne mantengano il silenzio" (verbo di azione); vs 35 non "se vogliono imparare", ma "se impareranno qualcosa nell'assemblea, interroghino il marito" perchè il marito abbia vita dalla parola custodita nel silenzio.

- Qui non si impedisce alla donna di parlare o profetare (si veda, infatti, il cap 11), ma bisogna fare una distinzione fra preghiera e doni dello Spirito da una parte e insegnamento dottrinale dall'altra.

- Perchè il comando di non parlare in assemblea oggi non viene più osservato?

- vs 36: notare l'invito di Paolo di ritenere la parola superiore, precedente, e più preziosa di tutto. Siamo i destinatari della parola, che però non è nostra, ci sono anche tutti gli altri.

- il vs 34 richiama 1 Pt 3, 1: "mogli state sottomesse ai mariti perchè vengano conquistati dalla vostra condotta, senza bisogno di parole". Questo tacere ha un significato, uno scopo, e anche un modo.

- C'è differenza fra parlare e profetare, la parte precedente indirizza a questa differenza. Le donne esprimono autorevolezza nell'assemblea, anche se non hanno un compito di magistero.

- Il silenzio della donna è un modo di essere, una eloquenza speciale. In particolare nell'assemblea, ma poi anche in tutti gli ambiti.

- La lode del silenzio delle donne è una cosa bella; l'imperativo "tacciano, perchè non è loro permesso parlare" (vs 34) lascia però un po' perplessi.


- Dal testo di oggi emerge il fatto che c'è parlare e parlare. Tutto l'itinerario dell'annuncio del Risorto sarebbe messo in discussione se si spingesse troppo oltre l'argomento che le donne devono tacere. In tutta l'economia cristiana c'è un primato del parlare delle donne: le donne devono annunciare. La profezia è di tutti, l'ha detto e lo ripete anche oggi l'apostolo. Si può puntare molto sul vs 36, dove Paolo rivendica per sè una parola che gli deriva dal fatto di essere apostolo. Le donne non possono essere apostoli. Anche al vs 37 Paolo rivendica per sè l'autorità apostolica per dire che tutto deve poggiare sulla Parola di Dio che viene passata all'assemblea dall'apostolo. La garanzia non è un libro scritto, ma un ministero esercitato e le donne non sono ammesse a questo ministero. Non dice perchè. Le donne hanno un'altra funzione, quella che svolgono il mattino di Pasqua: è un mistero di generazione che muove la corsa degli apostoli. Le donne sono il segno di una chiesa discepola, ricettiva. Le donne della mattina di Pasqua riproducono quello che è successo a Nazaret: l'annunciazione, che è il cuore del mistero cristiano. Per quanto riguarda l'omelia, ci sono modi diversi: se c'è uno solo che parla, è perchè in quel momento si manifesta il ministero apostolico. Noi invece con l'omelia partecipata facciamo una sosta nella Messa, con un'assemblea in cui tutti possono profetizzare. L'ha detto anche Paolo: chi porta un salmo, chi una rivelazione ecc. La nostra assemblea ama avere un certo conforto, una certa indicazione positiva data dalla possibilità di un'ampia partecipazione profetica. Fissato che c'è una posizione centrale, quella dell'apostolo, ognuno può manifestare il suo pensiero. E per gli uomini? Il discorso sul silenzio è molto importante in rapporto alla Passione. Le donne che stanno in silenzio sono celebrazione del silenzio di Cristo sulla croce.

30-5-97 1 Corinti 15, 1-11; Gv 19, 38-42 (Giovanni)


Resurrezione di Cristo è la vera sorgente della carità


- All'inizio del cap 15 della lettera, chiediamo una grazia che già avevamo intravisto nel cammino fatto finora. Questo cap 15 spesso viene considerato come un'aggiunta; invece è l'apice, la parola ultima di tutto quello che il Signore ci ha voluto regalare. E' il riscatto dell'annuncio della Resurrezione. La Resurrezione non è una dottrina, ma la verifica profonda della carità. La grazia da chiedere è accogliere questo insegnamento che ci dà Paolo. La Resurrezione è la parola ultima sull'amore. E siccome l'amore non finisce, la Resurrezione avvolge tutta la storia, compresa la sua fine, che è la morte. La Resurrezione di Cristo è la vera sorgente della carità. Senza Resurrezione la fede è vana e la carità è impossibile. La carità è la visibilità dell'annuncio della Resurrezione. Gesù risorto è là dove la fede si affatica. Gesù non è solo la manifestazione della volontà di Dio, ma è Dio stesso. Chiediamo perdono per tutti i nostri peccati contro la fede nel Risorto. Chiediamo a Dio di spostare la pietra del nostro sepolcro perchè possiamo anche oggi udire la sua voce.


- vs 8: notare come l'effetto di quello che Paolo ha fatto (ha perseguitato la chiesa) lo mette stabilmente nella condizione di non essere degno.(il verbo è al presente, a significare una cosa che rimane). Anche noi quando diciamo "Io non sono degno", lo diciamo non solo per i peccati presenti, ma anche perchè il peccato passato rimane e ci tiene nella continua necessità della grazia di Dio; non per umiliarci, ma per mettere in evidenza quello che Dio ha fatto per noi.

- vs 10: è bellissimo; "non è stata vana" è il verbo che si trova nel prologo per annunciare l'atto generante che porta a Gesù.

- vs 1: "vi rendo noto" parla di qualcosa che loro hanno già ricevuto. E' un'azione presente e continua di cui loro hanno bisogno ogni giorno, che serve a far si che il vangelo possa essere tenuto stretto. Questo vale anche per noi. "Se lo mantenete" verbo forte che indica un'azione che ci viene chiesta: quest'annuncio non si deve allontanare, lo dobbiamo tenere stretto per tutta la giornata.

- vs 2: "Se lo mantenete in quella forma" nel testo greco anzichè "forma" dice "parola", che è più forte perchè forma richiama un ordine esterno, mentre parola è il vangelo stesso; quindi da custodire è più la parola che la forma. Il verbo non è al congiuntivo, ma è detto come una affermazione; c'è una condizione ("se lo mantenete"), ma c'è già tutto, non è un'eventualità, ma è la necessità di rimanere.

- Paolo parla della sua esperienza col Signore (vedi anche cap 11). Mette in evidenza che non trasmette nulla che non abbia ricevuto. Questo diventa parte integrante del suo annuncio. Poi quando dice di essere l'ultimo, proprio a partire dal suo peccato può dire che il dono in lui non è stato vano.


- "Vi rendo noto": non si tratta della preoccupazione di riesprimere una dottrina difficile o dimenticata; il motivo è farci sapere che questa notizia fa risuscitare. Il dono più bello è proprio questo: ogni giorno percepire la voce di Dio che ci porta dalla morte alla vita. Se siamo troppo immersi nei nostri problemi non riusciamo a cogliere questo annuncio. L'umanità ogni giorno viene visitata dal richiamo di Dio che dice a ciascuno: "Alzati amica mia". Chiediamo al Signore di essere pronti ad accogliere questo annuncio. Il peccato della tristezza dello spirito è la cosa più grave, quella da temere di più. Bisogna desiderare l'intervento del Signore, il suo venire ogni giorno nella nostra vita, e allora tutto ci appare nuovo, e noi rimaniamo sorpresi, perchè veramente la sua parola chiama i morti alla vita.

Rapporto fra annuncio del vangelo e apparizione del risorto. Noi non siamo fra i testimoni, ma lo siamo di fatto perchè ci è stato annunziato. L'annuncio ha lo stesso effetto dell'apparizione: anche noi passiamo dalla morte alla vita. Il miracolo della resurrezione è per noi, per la nostra salvezza. Ogni peccato è percezione ed esperienza di morte: ma il Signore ci riporta alla vita. La vicenda personale di Paolo è forse il paradigma della vicenda di tutti: quello che ci compete è la morte e invece siamo vivi; ci compete essere aborto e invece siamo apostoli. L'obiezione di Dio alla morte è presente in noi: è la buona notizia della vita contro tutte le nostre lontananze. C'è il grande contrasto fra "come sono" e "come sono per grazia di Dio". Scrivendo ai Tessalonicesi, Paolo sottolinea la fatica della carità, come qui sottolinea la fatica della grazia di Dio in noi. Quindi ciascuno di noi è il luogo dove Gesù continua a celebrare la sua Pasqua. Chiediamo al Signore che ci consenta di leggere tutto questo testo della resurrezione dentro il mistero dell'amore. Il Signore ci vuole così bene che non può permettere che il suo santo veda la corruzione. Risorto dai morti viene a comunicarci il dono della Resurrezione.


2-6-97 1 Corinti 15, 12-19; Gv 20, 1-10 (Giovanni)


Resurrezione


Non potremmo tenere per noi niente di tutto quello che abbiamo ascoltato nelle scorse settimane se non ci fosse la resurrezione dei morti. Perchè la carità è collocata al di là della morte. Se fossimo stretti nella prigionia della morte, tutto quello che abbiamo ascoltato sarebbe vano. Ma Cristo è risorto dai morti. La nostra fede è preziosa, ma tanto fragile. Potremmo chiederci se dubitiamo della resurrezione o della carità. Il dubbio sulla resurrezione insidia sempre il profondo del nostro spirito, mentre la negazione della carità è lo schiaffo che la nostra povera vita riceve quotidianamente. Anche stamane siamo qui per celebrare una speranza oltre ogni speranza. Sia Dio a soccorrere ogni nostra incredulità, a restiturci alla grazia della Pasqua, che è la vittoria della vita sulla morte. Per noi e per tutti quelli che vogliamo affidare alla sua misericordia, la Pasqua è il grande evento, la grande alternativa.


- vs 12: la contestazione riportata in questo versetto non è chiaro se riguardi anche la resurrezione di Gesù. Colpisce che Paolo leghi in modo insistente la resurrezione di Gesù e la resurrezione di tutti gli altri. Questo stretto nesso è l'elemento più importante del testo.

- Pare che si tratti di un discorso interno alla chiesa. E' importante che nel vs 13 dica "Se non vi è" (e non, "se non vi sarà"). Il problema paradossalmente riguarda il presente. Solo la fede cristiana possiede questa presenzialità della resurrezione dai morti; in altre fedi la resurrezione riguarda il futuro.

- Notare che è importante nel testo anche la predicazione della resurrezione, oltre alla resurrezione in sè. Paolo dà molta importanza a quest'aspetto (predicazione, testimonianza) come se facesse parte diretta della resurrezione.

- vs 19: contiene un insegnamento importante. Il Salmo 15, 9-10 dice: "Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perchè non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascierai che il tuo santo veda la corruzione". E' una speranza che non muore col corpo.

- C'è una stretta relazione fra i due testi (lettera e vangelo di oggi), che si spiegano a vicenda. Se si comprende la resurrezione dai morti, si è capita tutta la scrittura.

- L'obiezione della seconda parte del vs 12 riguarda il fatto che non esiste la resurrezione dei morti, e non dai morti. Nel vs 17 si parla di peccati; la parola peccato è solo qui e nel vs 3. Morire per i nostri peccati da parte di Cristo, vuol dire che Cristo ha sconfitto i nostri peccati.


- Bisogna dirci con franchezza che il ragionamento non è facile, e ci sfugge. Noi diciamo: "E' successo al Signore, succederà anche a noi". Qui invece sembra che sia il Signore condizionato da noi (se i morti non risorgono, neanche Cristo...).

Questa è la debolezza della fede. Anche per Maddalena la resurrezione di Cristo è una pietra ribaltata, e un non sapere. Quindi una cosa molto debole. Abbiamo un'esperienza drammatica della verità della resurrezione quando nel nostro cuore manca il perdono o la speranza. Commuove la volontà di Dio di condizionarsi a noi. O c'è la resurrezione dai morti, o neppure lui è risorto. Quando non ci vogliamo bene, o ci lasciamo terrorizzare da una malattia, non testimoniamo la resurrezione dei morti

Bisogna occuparsi delle vittorie della carità, del fatto che qualche volta ci vogliamo bene, di tutti i segni della resurrezione. Noi pensiamo che la creazione sia una resurrezione dai morti, anche questa stessa giornata la pensiamo strappata via dalla sua non esistenza. Lo stesso la nostra vita, il volerci bene, sono tutti miracoli di resurrezione. Per quanto semplice, la nostra vita deve essere sempre impegnata nella predicazione della resurrezione dei morti, e quindi anche della resurrezione di Cristo. Tutto va vissuto e presentato come speranza di resurrezione, altrimenti non diciamo che la pietra si può tirare via. Nel vangelo si parla di pietra ribaltata: anche nella nostra vita si vedono pietre ribaltate. Gesù si affida alle nostre resurrezioni e noi dobbiamo sempre farle emergere. La morte è per la resurrezione (vedi episodio di Lazzaro). Questo contraddice molto i nostri cattivi stati d'animo. Il Signore si affida alla nostra speranza.



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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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