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COMMENTO DELLA PRIMA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2019 17:13
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30/11/2011 22:32
 
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1 Corinti 3, 10-23; 



Costruire su Cristo


- Celebrando la morte e resurrezione del Signore, le parole delle Scritture ci invitano a sollecitare in noi un desiderio forte: fare della Messa tutto il centro della nostra vita. La Messa ci dà il nutrimento necessario, senza il quale abbiamo paura di affrontare la giornata che ci aspetta. Ma di più: nella Messa celebriamo il senso ultimo della nostra vita, il fine di tutte le cose. Nella Messa viene edificata la casa di Dio, viene costruita la pace, la giustizia, la verità. Tutto quello che succede durante il giorno è preparazione o prosecuzione della Messa. Chiediamo perdono per la mancanza di cura per la nostra persona e per la persona degli altri. Chiediamo doni di umiltà e di mitezza perchè l'opera preziosa di Dio in noi possa essere portata a compimento.


- Considerazione architettonica: in una casa le fondamenta non si vedono, ma precedono la costruzione, sono già poste. Si vede solo quello costruito sopra. Questi versetti richiamano la fine del discorso della montagna (casa costruita sulla roccia o sulla sabbia). Rimane la domanda: Ci sono due architetti: uno pone il fondamento e l'altro costruisce?

-Al vs 15 dice: "Se l'opera finirà bruciata, sarà punito...". Questo verbo "sarà punito" si ritrova in Filippesi ("perdita" ai fini di Cristo). Paglia è la sapienza del mondo, oro è la partecipazione alla croce di Gesù. Il gesto della vedova che mette tutto quanto aveva per vivere nel tesoro del tempio è oro; il sovrappiù che mettono molti ricchi è paglia. Negli Atti, durante la difficile navigazione, Paolo incoraggia i compagni di viaggio perchè lui sa che, se c'è saldo fondamento, quello che è importante, le vite, verranno salvate.

- vs 17 e 18: ci sono due parole importanti, "distruggere" ed "illudersi". Si ritrovano in 2 Co 11. Bisogna rimanere in Cristo e nella sua opera, tutto il resto è del diavolo.

- vs 11: c'è un fondamento, Gesù, la pietra angolare che è presente nel cuore di ogni uomo, misteriosamente. Il problema è individuare quel fondamento e saper costruire sopra di lui e non fuori. La casa può essere anche d'oro, ma bisogna vedere se resiste al fuoco della tentazione. Fino al giorno della prova del fuoco, non si distingue se la casa è costruita con materiale buono o cattivo.


- Nel testo di oggi si nota una differenza molto importante rispetto a quello di ieri: l'assenza di Dio. Ieri Dio era fortemente presente, faceva crescere le cose e rendeva tutto il resto relativo. Oggi Dio è assente, e viene messa in evidenza l'opera fondamentale che ha fatto l'apostolo: mettere nei cuori il fondamento giusto, che è Gesù. E' la trasmissione del dono di Dio che è affidata ad ogni uomo, poi ci sarà la costruzione.

La nota della Bibbia di Gerusalemme fa l'ipotesi che possano esserci dei costruttori (predicatori) buoni o cattivi; ma non è così. Il vero problema è che l'edificazione è compito di ciascuno. Il fondamento è dato ed è buono, ma bisogna costruire in modo coerente al fondamento. Il grande giudizio del Vangelo saggerà come uno ha costruito la sua casa. Con quale materiale abbiamo costruito la giornata di ieri? C'è una tensione di rapporto fra il fondamento e quello che io faccio nella mia giornata. Poi Paolo introduce l'immagine del tempio: è una realtà preziosissima, è la responsabilità di non aggredire, di non distruggere. Il grande rischio viene dalle sapienze mondane che abbiamo dentro di noi. Sia la costruzione della casa con la paglia, sia la distruzione del tempio che è in noi, non sono legate a cose negative, ma alla sapienza-orgoglio. Bisogna diventare stolti, cioè scegliere la sapienza del Signore. Solo se ci si apre al dono di Dio si potrà costruire bene e non aggredire.

La conclusione del testo inaugura il cap.4: i figli di Dio hanno la signoria dell'umiltà. Tutto è vostro, il tempo, le cose, le persone, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio. Questa sottomissione fa vedere che, nella nostra obbedienza al mistero del Signore, non c'è niente che ci asservisce, ma siamo partecipi della Sua signoria su tutto. La porta stretta è la scelta fra due alternative: tutto interpretare nel mistero del Signore, o giudicare secondo la sapienza mondana.

L'assenza di Dio nel testo di oggi è per far si che ci rendiamo conto della preziosità della vita che ci è stata affidata.

18-4-97 1 Corinti 4, 1-5; Gv 13, 31-38 (Giovanni)


Ciascuno avrà la sua lode da Dio

- La nostra riconoscenza a Dio è oggi particolarmente attivata dalle presenze luminose che ci concede quando ci riuniamo nella santa liturgia attorno alla sua parola. Accanto al Signore, si rendono presenti i suoi figli e fratelli: oggi, questi ministri che danno a ciascuno di noi consolazione e incoraggiamento. Chiediamo di ricevere dal Signore, per loro tramite, il dissiparsi delle ombre che ci circondano e il porre sull'altare tutta la nostra esistenza. Chiediamo perdono per tutto quello che non abbiamo dato, espresso, consumato nella carità, accolto con mitezza e riconoscenza. Dio si cela nelle piccole creature, come il bimbo Luca, ed in esse si svela. Per la ricchezza della intercessione di questi piccoli, affidiamoci con pace alla misericordia di Dio.


- Nel vangelo, ieri Gesù dava l'esempio (lavanda dei piedi), oggi dà un comando: il comandamento dell'amore. Il giudizio (di Dio) di cui parla la lettera sarà su questo comandamento.

- Il vs 5 ("Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori: allora ciascuno avrà la sua lode da Dio") sorprende e anche piacevolmente stupisce, perchè a noi sembrerebbe difficile che tutti possano ricevere lode e piuttosto ci saremmo aspettati una distinzione buoni/cattivi. - In Lc l'espressione che c'è nella prima parte del versetto ha un significato meno positivo perchè si riferisce al problema dell'ipocrisia dei farisei. - "Manifesterà le intenzioni dei cuori" esprime la grande tenerezza con cui il Signore si muove nei nostri confronti. Il giudizio sarà basato non sulle opere, ma sull'intenzione del cuore, come farebbe una mamma. Questa interpretazione è confortata dalla liturgia bizantina della Pasqua che, per invitare tutti alla comunione, fa una parafrasi della parabola della vigna: non è necessario aver lavorato, ma semplicemente averne avuto l'intenzione. Questo è uno dei punti più alti del NT.- Si può pensare che l'insistere di Paolo sul fatto che sarà Dio a dare la lode sia in contrapposizione alle lodi che si possono ricevere gli uomini. Più avanti (vs 9) rivendicherà la sua stoltezza in Cristo, una strada "altra" dalla lode degli uomini.

- Nel testo originale il vs 4 è più radicale. Dice che l'uomo non può esaminare. Il cuore dell'uomo, come ricorda un Salmo, è un abisso insondabile. Forse con l'eccezione della manifestazione della profezia (14, 24) che può manifestare i segreti del cuore nell'assemblea dei fedeli.

- Continuando ciò che diceva nel cap precedente, insiste sul fatto che è importante essere fedeli (ministri di Cristo) e senza divisioni (senza giudizi).

- Ministri (servi) ricorda Mt 26 dove Pietro segue il Signore e si siede fra i servi. E' bello pensare ai ministri come coloro che seguono, seppur da lontano, il Signore nella passione.

- "vs 1: "di Cristo,. di Dio": come alla fine del cap 3. Chi si sente di Dio, non può non sentirsi peccatore.


- E' un discorso severo, ma di consolazione e di incoraggiamento. La gente va portata tutta alla salvezza, ma ciò non toglie che ciascuno debba "muoversi". Avremo la lode, ma non si può consideralo scontato, perchè non siamo adeguati. Noi pensiamo che la presenza di Dio nella vita degli uomini sia per verificare il nostro comportamento, mentre la realtà è che Dio viene per operare (salvarci). Il centro del problema è quindi riconoscerlo (e indicarlo, e supplicarlo, e piangere, ecc.). Questo è evidente se consideriamo il piccolo Luca: la sua importanza non sta nel fatto che è bravo, in quanto non può esserlo, ma nel fatto che in lui c'è in modo evidente il segno della presenza del Signore. Riconoscerlo è la cosa che conta.

Paolo dà anche una chiara risposta alle domande fondamentali "chi siamo?" e "cosa dobbiamo fare?". Siamo servi di Cristo e dispensatori della parola di Dio. Queste risposte vanno sempre tenute presenti nelle ansie e nei problemi della vita. Quello che conta è che la nostra vita sia una liturgia e un luogo di epifania. Quando di fronte ad un problema diciamo "e adesso cosa faccio?'" abbiamo già saltato il primo passaggio e quindi perso l'orientamento. Dobbiamo imparare da Paolo togliendo il giudizio e aspettando con fiducia la nostra lode. Il Signore (e Paolo) vuole che nessuno si perda, e quindi consola. Gesù è un grande disturbatore, che muove tutti, anche chi non crede. In Lui tutta la storia e tutti sono messi in un'ipotesi positiva (la salvezza), mentre noi tendiamo a dividere in buoni e cattivi. L'agire cristiano ha sempre una tensione inclusiva: evidenzia il male solo per includere tutti in una prospettiva di resurrezione.

Paolo ci insegna anche a non esagerare nel giudizio (negativo) su noi stessi, perchè può diventare penalizzante. Dando per scontato che siamo tutti peccatori , facciamoci servi e dispensatori della Parola.


19-4-97 1 Corinti 4, 6-13; Gv 14, 1-7 (Giovanni)



Non "sopra" le Scritture


- Il canto iniziale (Chi mi darà l'aiuto, Salmo120) ci ha ricordato che l'aiuto non ci verrà mai a mancare perchè Dio è misericordioso. Le due persone (Paolo e Apollo) che appaiono nel brano di oggi ci fanno pensare a tutte le persone preziose (due in particolare, don Giuseppe e don Umberto) che ci sono state di esempio, segno efficace della presenza del Signore in mezzo a noi. Dalla descrizione che Paolo fa della vita sua e di Apollo emergono il volto e la presenza di Gesù. Noi siamo invitati a ricevere questo dono, ringraziando i fratelli che ci stanno accanto ogni giorno nella celebrazione dei santi misteri. L'accondiscendenza divina è perenne, e porta sempre in mezzo a noi la presenza di Gesù. Chiediamo perdono per tutte le volte che non abbiamo voluto riconoscere la presenza del Signore negli altri e non abbiamo permesso che lo Spirito da noi la manifestasse ad altri.


- Oggi si ha l'impressione di conoscere bene quello di cui tratta il brano.L'apostolo invita i Corinti ad una crescita graduale: devono stare alla parola scritta, non fare di più. Altrimenti, pensando di fare di più o più bene, finisce che cresce l'orgoglio. Bisogna riconoscere di avere in altri i maestri. Paolo e Apollo sono per loro come un peso che li trattiene, per impedire che pensino di essere re.

- il vs 13: ci sono due termini che significano rifiuto e oggetto di espiazione. E' un accostamento prezioso perchè ci ricordano Gesù: colui che è rifiutato è strumento di espiazione, cioè è colui che salva.


- Al vs 1 è bello il verbo espresso con "le ho applicate a modo di esempio", che si ritrova con un significato accostato in Rm 12. Questi nostri fratelli santi non ci danno soltanto una dottrina, ma sono il segno del Signore. Da essi lo Spirito fa emergere la persona di Gesù, e non solo la sua parola e la sua memoria. Attraverso loro, quindi, i cristiani hanno la possibilità di contattare Gesù. Il vangelo di oggi ci dice che Gesù è la presenza del Padre. Così questi fratelli santi sono la presenza di Gesù in mezzo a noi.

Sempre al primo versetto, quando parla delle scritture, dice che attraverso di loro (Paolo e Apollo) dobbiamo imparare "il non sopra, non al di là" di ciò che è scritto. Il fondamento di tutto è stare in ciò che è scritto. C'è infatti un grosso rischio: un rapporto fra l'andare "sopra" alle scritture e "andar sopra" l'uno contro l'altro. Poi aggiunge che il bello della nostra vita è considerare il dono ricevuto e vivere in esso, senza gareggiare e prevaricare. La prima domanda (vs 7: "chi dunque ti ha dato questo privilegio?" potrebbe intendersi "chi dunque fa discernimento di te, chi ti discrimina?". In modo stupefacente tutti abbiamo qui un posto. L'hai ricevuto, e perchè allora ti dai delle arie? E' sempre lo stesso insegnamento: non stare sopra le righe, non prevaricare.

Nel resto del testo, per descrivere la loro situazione ferita in contrasto alla situazione di grandezza dei Corinti, utilizza i verbi della passione del Signore. Così facendo Paolo rende presente l'obbrobrio di Gesù.

"Noi stolti,...voi sapienti": se si è dentro alla sapienza vera, si appare stolti al mondo. Il massimo rischio non è quello di assumere una sapienza mondana, ma di assumere la sapienza di Gesù come qualcosa che ci fa grandi anzichè trascinarci nella Pasqua.. Questo stravolgimento della sapienza di Cristo può diventare una via tremenda di potere e di affermazione. Il contenuto letterale della verità evangelica non basta, se non è espresso attraverso la croce di Gesù. Il vangelo può diventare un macigno se non è la vera sapienza della Pasqua, cioè stoltezza per il mondo. Questo va dentro a tutti gli spazi della vita (lavoro, fame, oltraggi, ...), in contrasto con l'esaltazione dei Corinti.

Oggi si avverte chiaramente che il ruolo prezioso dei santi non è quello di portarci notizie o suggerimenti anche importanti, ma quello di mostraci persona di Gesù.

21-4-97 1 Corinti 4, 14-21; Gv 14, 8-14 (Giovanni- Ritiro Sovere)


 

Chi annuncia il Vangelo genera alla vita


- Sentiamo grande riconoscenza per il testo della lettera ai Corinti che apre oggi i nostri giorni di preghiera. E questo per due motivi: innanzitutto perché prolunga la grazia della domenica appena trascorsa in cui la prima lettera di Giovanni ci ha avvertiti del grande amore con cui siamo amati e il Vangelo ci ha portato l’immagine del pastore venuto a chiamarci e a far risuonare in noi il mistero grande della chiamata di Dio. In secondo luogo perché in tutto questo il brano di oggi diventa “memoria” di quelle vie del Vangelo nelle quali siamo stati generati. Celebrazione della nostra condizione filiale fraterna e familiare, contemplazione profonda del bene ricevuto e nel quale siamo stati costituiti. Per altro vi possiamo anche vedere i nostri peccati, soprattutto quelli dell’orgoglio e della vanità che tendono a strapparci alla condizione filiale e ci portano alla tristezza e al risentimento. Chiediamo il perdono del Padre per tutto quello che partendo da noi ha oscurato la bellezza della figliolanza e il prodigio della fraternità


- Bella immagine di paternità: siccome il Vangelo è la vita, chi annuncia il Vangelo trasmette la vita e diventa padre.Svincolato da ogni ministero e da ogni carica, chiunque può essere padre. Sgonfiarsi delle parole in più e consegnare nudo il Vangelo perché ciascuno sia in grado di attingere dalla potenza del regno di Dio.

- Un po’ stupisce che Paolo si definisca padre mentre fin’ora si era compiaciuto di considerarsi molto meno definendosi un semplice “strumento” insieme ad altri. Questa novità può solo riferirsi alla sua comunione col Padre come faceva Gesù nel Vangelo di ieri ”Come il Padre conosce me così io conosco il Padre”.

- Qualcosa sembra portare Paolo a una nuova considerazione della figura dell’apostolo quale lui è stato. Dai vv. precedenti si capisce che Paolo comprende di avere avuto una funzione unica nei confronti della comunità: é stato in mezzo a loro la presenza di Cristo nella passione, tanto da poter essere considerato l’ultimo (v.9ss.). La sua parte è stata dare la vita. La generazione è avvenuta, ora potrà bastare che un altro vada a fare memoria di quel primo momento.

- Timoteo é mandato a fare memoria di questa figliolanza. La messa è memoria del mistero del dare la vita

- Le vie che Paolo ha insegnato: tutte, al plurale, sono il Vangelo:solleciatazione a non chiudersi in un’unica via ma ad accogliere le tante vie che devono essere riconosciute tutte come buone.

- Pedagoghi e padri: non c’é contrapposizione. La tensione tra i due termini sta nel fatto che molti ci conducono ma pochi danno la vita per noi

- Invito ad essere generanti. Non essere chiamati Padri ma esserlo di fatto, con potenza.Per questo li esorta a divenire suoi imitatori (v.16).


= “Amati, diletti” attributo con cui chiama i cristiani di Corinto.Nel Vangelo é dato solo al Figlio Gesù , poi siccome il Vangelo viene portato fino ai confini della terra, viene attribuio a tutti i cristiani.Punta a quelle relazioni intime che esistono tra Gesù e il Padre e che sono il trasferimento a noi del mistero e della persona del Signore.

= v.6 “Non bisigna andare al dilà di ciò che é scritto” I guai dell’orgoglio cominciano di qui : nell’andare al di sopra delle parole. E’ proprio nel Vangelo che si realizzano queste relazioni preziose.Il Vangelo é potente a generare: le parole scritte diventano potenza. L’Apostolo può chiedere di essere suoi imitatori perché in lui risplende il Vangelo come in Gesù risplende il Padre: Il Vangelo non è una semplice lettura ma la manifestazione del volto di Cristo. In Paolo traspare Gesù e in lui tutti possono riconoscere la potenza di Dio( attraverso le fatiche, i travagli, le difficoltà, i rifiuti cfr.v.9 ss.)

= Impressiona la fragilità della situazione. A causa delle sue assenze sono esposti a un certo pericolo e la sua nuova presenza potrebbe aggiustare le cose. Di qui l’invio di Timoteo che può ricordare ai Corinti le sue vie.

= Le mie vie in Cristo, c’è anche il possessivo nel testo originale. Da una parte c’è la riaffermazione dell’oggettività (in Cristo) e non la sequela di vie soggettive. Dall’altra si è invitati ad ammirare la varietà dei doni di Dio. Ci sono dei tempi nel nostro cammino in cui vediamo sottolineate particolarmente alcune linee rispetto ad altre ( vedi la nostra piccola Regola). Eppure tutto è in Cristo che è sempre lo stesso Signore. Restando fedeli al Vangelo possiamo ammirare la varietà dei doni. Se andiamo “al di sopra” perdiamo la concordia e la pace.


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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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